La geopolitica sul Conclave: le ingerenze di Stati Uniti e Francia. “Ma così il Collegio si compatta”
Macron pro Aveline, Tagle non piace a Trump (tifa Dolan). Il prof Schiavazzi: l’omelia di Re ha messo le cose in chiaro

Roma, 30 aprile 2025 – Un’istituzione millenaria, forte, che – anche con le sue divisioni interne – salvaguarda la propria indipendenza ed è di fatto una potenza globale. La Chiesa, orfana di Bergoglio, si trova di fronte a un Conclave difficile.
Papa Francesco ha creato 149 cardinali (108 con diritto di voto) durante il suo pontificato, lanciando il messaggio, potente, di un’autorità spirituale che non è più percepita come una costola dell’Occidente. Una realtà di fatto testimoniata dalla composizione dei porporati in Conclave, con tutte le ricadute del caso dal punto di vista geopolitico, con le speranze (e i timori) delle grandi potenze globali.
Francia: Macron pro Aveline
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha invitato a pranzo i cardinali francesi. Un gesto interpretato come un tentativo di ingerenza. Secondo Piero Schiavazzi, vaticanista di lungo corso e docente di geopolitica vaticana alla Link University, occorre rovesciare la prospettiva. “Macron – ha spiegato – non viene a indicare un candidato francese, ma, in un atto di grandeur, a sostenere quello esistente”.
I tempi in cui i re indicavano il loro porporato, sottolinea Schiavazzi, sono finiti. Resta il fatto che il Papato è ormai una superpotenza globale, e quindi la scelta di un pontefice ben visto da Parigi può influire anche sulla politica interna francese. Anche per questo l’Eliseo starebbe mobilitando tutte le ambasciate all’estero, soprattutto nei Paesi africani dove Parigi è più influente.
“Macron – argomenta il professore di geopolitica vaticana – è in enorme difficoltà in vista delle presidenziali fra due anni. Lui non può più candidarsi, ma c’è il rischio concreto che la sua linea venga sconfessata e prevalga il candidato del Rassemblement National. Per questo, l’elezione del cardinale di Marsiglia, Jean-Marc Aveline, noto per la sua linea pro migranti, offrirebbe all’Eliseo un candidato provvidenziale e forse decisivo”.
Stati Uniti: Trump tifa Dolan e Burke (ma non hanno i voti)
Quello americano è il contesto più delicato. Secondo il professor Schiavazzi, assistiamo a un copione che, da Canossa in poi, si ripete da millenni: lo scontro fra Papato e Impero. Schiavazzi fa notare come, durante l’omelia per le esequie di Francesco, il cardinale Re, un conservatore, non certo bergogliano nelle sue posizioni, abbia ricordato – davanti al presidente Trump e a decine di capi di Stato e di governo – la messa che il Pontefice celebrò a El Paso, davanti a decine di famiglie divise da una rete. Esattamente ciò che Trump non voleva sentirsi dire.
Un messaggio potentissimo, quasi uno schiaffo al presidente americano, con un preciso sottotesto: i cardinali possono essere divisi tra conservatori e progressisti, ma il collegio si compatta e si allinea in modo granitico di fronte a ogni ingerenza esterna. Il successore di Francesco, insomma, potrà eleggerlo solo Santa Madre Chiesa.
“Il presidente – fa notare Schiavazzi – nel giorno delle esequie ha fatto il nome di due cardinali americani, ossia Dolan e Burke, che però non hanno i voti, e Trump lo sa benissimo. È stato un modo per far capire che gli Stati Uniti vogliono comunque dire la loro, per arrestare il processo di distacco dall’Occidente e avvicinamento alla Cina avviato da Francesco”. Il tycoon ieri ha ribadito il suo sostegno a Dolan.
La posizione di Russia e Cina
Proprio Pechino gioca un ruolo importantissimo, anche se indiretto. Tagle, il cardinale filippino, ha la madre cinese e per questo è visto con sospetto dagli Stati Uniti, anche se metterebbe d’accordo conservatori (lo ha scelto Ratzinger) e progressisti (aveva molto feeling con Bergoglio).
Chi quasi sicuramente resterà scontenta è Mosca: Erdo non ha alcuna chance, ma è utile nella conta numerica per capire quanti voti raccoglie il fronte dei conservatori.