Intervista a Dente: “Scrivendo ‘Santa Tenerezza’ ho ritrovato lo stesso stato d’animo che avevo anni fa”
Intervista a Dente che, dopo l'uscita dei tre singoli "Senza di me", "Favola" e "M'annegasti", arriva "Santa Tenerezza", il nuovo album L'articolo Intervista a Dente: “Scrivendo ‘Santa Tenerezza’ ho ritrovato lo stesso stato d’animo che avevo anni fa” proviene da imusicfun.

Intervista a Dente che, dopo l’uscita dei tre singoli “Senza di me”, “Favola” e “M’annegasti” che hanno anticipato questo nuovo capitolo, arriva finalmente “Santa Tenerezza”, il nuovo album.
Questo disco è un’ode alla bellezza della fragilità, all’amore che cambia ma non svanisce mai. “Santa tenerezza” è un racconto di ricordi, di emozioni che persistono influenzando sempre il nostro sguardo sul mondo. Una riflessione intima sulla presenza perpetua di un sentimento che, pur trasformandosi, rimane indelebile nel cuore e nella memoria.
Archi, fiati, chitarre e tastiere creano un muro di suoni caldi e avvolgenti, mentre ogni nota evoca una sensazione di sospensione che ci trattiene tra realtà e sogno, come se il tempo stesso fosse rimasto fermo ad un istante preciso.
Di seguito la tracklist completa:
- Senza di me
- Favola
- Corso Buenos Aires
- M’annegasti
- Hey
- Non ci pensiamo più
- Andiamo via
- Benzodiazepine
- Lungomare
- La città ci manda a letto (feat. Emma Nolde)
L’album è disponibile in fisico nei seguenti formati al link https://shop.warnermusic.it/collections/dente:
- Formato CD – disponibile nelle versioni standard e autografato
- Formato vinile – disponibile nelle versioni LP Nero e LP bianco autografato
Intervista a Dente, il nuovo album “Santa Tenerezza”
Dente, parliamo di Santa Tenerezza, il tuo nuovo disco. Cosa rappresenta nel tuo percorso artistico?
Questo disco è un nuovo capitolo per me, direi anche abbastanza importante. Sono passati molti anni dal mio primo album e Santa Tenerezza segna un cambiamento soprattutto a livello musicale. Ho sperimentato sonorità diverse rispetto ai miei lavori precedenti, pur mantenendo intatta l’essenza delle mie canzoni. Scrivendolo, ho ritrovato lo stesso stato d’animo che avevo anni fa, quando scrivevo tantissime canzoni con una forte urgenza creativa.
A proposito di urgenza creativa, hai dichiarato che il disco è nato in pochissimo tempo. Ti aspettavi di ritrovare questa immediatezza nella scrittura?
No, non me lo aspettavo, ma è tornata. In realtà, non mi ha mai abbandonato del tutto, ma mi sono ritrovato nello stesso stato d’animo con cui scrissi L’amore non è bello. Anche allora componevo le canzoni molto rapidamente. In questo caso, più della metà del disco è nata in 10-15 giorni, scritta e completata senza bisogno di grosse revisioni. A volte ho la sensazione che le canzoni esistano già da qualche parte e che io debba solo sintonizzarmi sulla giusta frequenza per catturarle.
Un ruolo fondamentale in questo disco lo ha avuto Federico Nardelli, che tra l’altro ha suggerito anche il titolo dell’album. Com’è stato lavorare con lui?
Federico ha avuto un ruolo importantissimo. Ha suonato quasi tutto il disco e insieme abbiamo lavorato agli arrangiamenti. Io gli ho portato dei provini, e lui è riuscito ad amplificarli tantissimo, dando loro il vestito giusto. Inoltre, è stato proprio lui a suggerire Santa Tenerezza come titolo, prendendo spunto da una frase contenuta in una delle canzoni del disco.
Nel disco c’è un brano che mi ha colpito molto, Corso Buenos Aires. È un pezzo molto personale. Puoi raccontarci com’è nato?
Corso Buenos Aires è una canzone a metà tra il divertissement e la tragedia. Racconta di un incontro che ho fatto lì e che forse non avrei dovuto fare, ma ho scelto di farlo comunque. È un episodio reale, che ho deciso di raccontare in musica. Spesso uso la scrittura come una valvola di sfogo: invece di reagire d’istinto a certe situazioni, preferisco scriverne una canzone.
Un’altra collaborazione importante nel disco è quella con Emma Nolde per La città ci manda a letto. Nasce da un episodio curioso, giusto?
Sì, è nata una sera tardi a Milano. Ci hanno cacciati da un locale perché stava chiudendo, ma noi volevamo restare ancora un po’. Ho detto: “Questa città ci manda a letto!”, perché Milano, negli ultimi anni, sembra proprio avere questa tendenza a spegnersi presto la sera. Emma ha colto al volo questa frase e mi ha detto: “Scriviamoci una canzone!”. Così abbiamo iniziato a lavorarci, senza pensare che sarebbe finita in un disco. Poi, quando l’abbiamo registrata con Federico, ci è piaciuta così tanto che ho deciso di includerla nell’album.
C’è un altro brano che senti particolarmente tuo in questo disco?
Sì, Non ci pensiamo più. È una canzone che ho scritto qualche anno fa, ma che ho rimaneggiato di recente. Mi piace molto la sua progressione: racconta la perdita della memoria, soprattutto in relazione agli amori passati. Gira tutto attorno all’idea che dimenticare il compleanno di una persona amata significa averla dimenticata del tutto. La canzone cresce in intensità, quasi in contrasto con il tema della perdita di memoria.
Sei considerato uno dei pionieri dell’indie italiano. Ti pesa questa etichetta?
No, non mi pesa, anche se quando ti chiamano “padre di qualcosa” vuol dire che hai qualche anno sulle spalle! Però, rispetto a quando ho iniziato, l’underground è praticamente sparito in Italia. Una volta esistevano più scene musicali, ognuna con il proprio pubblico e la propria sostenibilità. Oggi sembra che esista solo un “campionato di Serie A”, e chi non riesce a entrarci non ha spazio per crescere. Il problema è che senza una Serie B e una Serie C non c’è più sviluppo, e tante realtà muoiono sul nascere.
Hai parlato spesso della difficoltà di trovare spazi per suonare. Cosa ti manca di quegli anni in cui era più facile esibirsi in contesti alternativi?
C’erano più spazi e meno pretese. Io ho iniziato suonando nei bar, anche solo per un aperitivo o pochi euro, semplicemente perché volevo farlo. Oggi gli artisti hanno più aspettative e magari evitano certi contesti, ma prima tutto era più artigianale.
Il rapporto tra musica e social è sempre più stretto, ma tu sei rimasto piuttosto distante da questo mondo, soprattutto da piattaforme come TikTok. Pensi che questo abbia penalizzato la tua carriera?
No, non credo. Ci sono artisti che non usano i social e fanno comunque il loro percorso. Io cerco di utilizzarli a modo mio, senza forzature. Non mi viene naturale prendere il telefono e fare un video in cui dico: “Ciao ragazzi, ci vediamo stasera!”. Per chi è cresciuto in un’epoca analogica è più difficile, mentre chi è nato con i social li usa con naturalezza.
Per la copertina di Santa Tenerezza hai usato l’intelligenza artificiale. Come ti è venuta l’idea?
Ho iniziato a sperimentare con un programma di AI per creare immagini. Avevo in mente una frase del disco: “Vedo il tuo profilo in ogni nuvola” e volevo una copertina che evocasse questa immagine. Dopo vari tentativi, è uscita questa figura femminile un po’ sghemba, che emerge da una nuvola. Mi è sembrata perfetta per rappresentare il disco: c’è qualcosa di tenero, di sexy, ma anche di effimero.
L’intelligenza artificiale nella musica è un tema sempre più discusso. Cosa ne pensi?
Non l’ho ancora utilizzata per la musica, ma mi incuriosisce. Credo che sia uno strumento come un altro, e come ogni strumento va imparato a usare. Sicuramente ci proverò.
È appena uscito anche il videoclip di Hey, che ha un’estetica molto particolare. Quanto è importante per te la dimensione visiva?
Non ci ho mai pensato troppo, ma con il tempo ho capito che l’aspetto visivo è diventato sempre più rilevante. Il video di A è nato in modo spontaneo e riflette bene il mood del pezzo. Cerco sempre di fare in modo che i videoclip non siano solo una trasposizione letterale della canzone, ma aggiungano un livello di interpretazione in più.
Il tour sarà anche l’occasione per incontrare il pubblico. Qual è il complimento che hai ricevuto sul disco che forse non ti aspettavi?
Faccio sempre un po’ fatica a crederci quando qualcuno mi dice che una mia canzone lo ha colpito profondamente, come se fosse stata scritta per lui o per lei. Io parlo di me stesso, scrivo delle mie esperienze, e mi sembra strano che qualcun altro possa immedesimarsi così tanto. Eppure succede. Qualche giorno fa, per esempio, ho aperto un box domande su Instagram e alcune persone mi hanno mandato foto di loro mentre piangevano ascoltando il disco. Questa cosa mi ha colpito molto. Suscitare emozioni così forti, far scendere le lacrime solo con una canzone, è qualcosa di davvero potente secondo me.
Qui il calendario delle date del tour e Qui il link per l’acquisto dei biglietti.
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