In Germania l’automotive sbanderà non solo per i dazi di Trump

Presente e futuro del settore automotive in Germania. Fatti, numeri e approfondimenti.

Apr 1, 2025 - 08:40
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In Germania l’automotive sbanderà non solo per i dazi di Trump

Presente e futuro del settore automotive in Germania. Fatti, numeri e approfondimenti

L’industria automobilistica tedesca sta attraversando una delle fasi più difficili della sua storia recente. Un contesto già fragile, cui si è abbattuto ora l’annuncio da parte dell’amministrazione Trump di dazi al 25% sulle auto non prodotte negli Stati Uniti, per i quali sono interessati anche i veicoli commerciali leggeri, oltre a importanti componenti automobilistici, che includono “motori, trasmissioni, parti della catena cinematica e componenti elettrici”, secondo quanto annunciato giorni fa dalla Casa Bianca.

La notifica della nuova politica commerciale statunitense è piombata in un momento estremamente sfavorevole e particolarmente critico per i grandi gruppi automobilistici tedeschi. Volkswagen e Porsche hanno registrato un crollo degli utili del 30%, BMW deve far fronte a un calo del 37%, mentre i principali fornitori del settore, come ZF Friedrichshafen e Continental, sono costretti a rivedere le proprie strategie per far fronte a una domanda in calo e a costi di produzione in aumento. In attesa di capire se l’amministrazione Trump lascerà aperti alcuni spazi di negoziazione ecco il quadro a grandi linee del settore dell’automotive tedesco.

Lo scenario dell’indotto è preoccupante. ZF Friedrichshafen, uno dei maggiori fornitori di componenti automobilistici, è attualmente impegnato in una ristrutturazione profonda. L’azienda ha già annunciato la riduzione di 14.000 posti di lavoro in Germania e, secondo quanto riportato recentemente da Handelsblatt, ora starebbe valutando lo scorporo della divisione delle tecnologie di trasmissione elettrificate. Questa operazione riguarderebbe circa 32.000 dipendenti e un fatturato annuo di 11,5 miliardi di euro.

D’altronde, il bilancio per l’anno passato, presentato alcuni giorni fa, è pessimo: i numeri di ZF sono crollati, con una perdita netta che supera il miliardo di euro. Il fatturato del 2024 è diminuito dell’11%, attestandosi a 41,4 miliardi di euro, ben 5,2 miliardi in meno rispetto all’anno precedente. Anche l’utile operativo rettificato, depurato da effetti straordinari, ha subito un drastico calo, scendendo di 900 milioni di euro rispetto al 2023 e fermandosi a soli 1,5 miliardi di euro. Un quadro preoccupante che riflette le difficoltà dell’azienda in un contesto economico complesso.

Il settore delle trasmissioni, un tempo centrale per ZF, sta perdendo rilevanza con la crescente diffusione dei veicoli elettrici, che utilizzano sistemi di propulsione meno complessi rispetto ai motori tradizionali a combustione interna. Inoltre, il debito accumulato negli anni da ZF a seguito di acquisizioni strategiche, come quelle di TRW e Wabco, rende la situazione finanziaria ancora più delicata. Le agenzie di rating stanno monitorando da vicino la situazione, osserva il quotidiano economico tedesco, e il rischio di un declassamento delle obbligazioni aziendali è sempre più concreto.

Anche Continental sta attraversando una fase di riorganizzazione. L’azienda ha recentemente annunciato il taglio di 3.000 posti di lavoro nella ricerca e sviluppo, metà dei quali in Germania, portando il totale delle posizioni eliminate a oltre 10.000. Storicamente leader nella produzione di pneumatici, Continental ha diversificato le proprie attività nel settore della componentistica per veicoli, ma le sfide economiche e la crescente competitività del mercato hanno portato l’azienda a riconsiderare le proprie strategie.

La cessione della divisione Powertrain, ribattezzata Vitesco, a Schaeffler e la possibile separazione delle attività in due entità distinte riflettono la necessità di adattarsi a un contesto sempre più difficile.

Bosch, uno dei principali fornitori di tecnologia e componentistica, ha riportato una riduzione del risultato operativo di un terzo nel 2024, con un rendimento delle vendite sceso al 3,5%, ben al di sotto dell’obiettivo prefissato del 7%. Nonostante gli investimenti nella trasformazione elettrica e nella guida autonoma – scrive l’Handelsblatt – la capacità di autofinanziamento delle aziende tedesche sta diminuendo, rendendo più difficile sostenere l’innovazione necessaria per rimanere competitivi sul mercato globale.

Dalle aziende fornitrici della filiera ai giganti malati dell’automotive tedesco. Volkswagen, il più grande produttore automobilistico del paese, non riesce proprio a uscire dal periodo di forte incertezza e ai risultati negativi del 2024 reagisce innanzitutto con un piano di risparmio per sostenere gli investimenti futuri e aumentare la redditività. Nell’ambito di questo piano, la sola VW AG tedesca prevede di ridurre di 35.000 posti di lavoro entro la fine del decennio, attraverso misure cosiddette socialmente responsabili. Porsche, marchio di punta del gruppo, ha annunciato la riduzione di 1.900 posti di lavoro entro il 2029. Audi, BMW e Mercedes stanno registrando cali nelle vendite, in parte dovuti alla flessione della domanda di auto elettriche in Europa. Le regolamentazioni ambientali più stringenti, l’aumento del costo dell’energia e la concorrenza delle case automobilistiche cinesi stanno mettendo a dura prova la redditività delle aziende del settore.

L’annuncio di dazi del 25% sulle importazioni da parte degli Stati Uniti rappresenta quindi un ulteriore elemento di incertezza per l’industria automobilistica tedesca. Oliver Blume, CEO di Volkswagen, ha dichiarato che il gruppo è da tempo in contatto con l’amministrazione americana per cercare di evitare un’escalation commerciale, ma la piega presa nelle ultime settimane testimonia che anche l’influenza della casa tedesca non è più quella di un tempo.

L’industria dell’automotive tedesco si trova così ad affrontare una tempesta perfetta, con sfide interne ed esterne che minacciano la sua competitività a lungo termine. La combinazione di crisi economica, transizione tecnologica e tensioni commerciali rende il 2025 l’ennesimo anno cruciale per il settore. E non sarà certo l’ultimo.