Ilaria Salis in visita al Cpr di Milano, è sempre la solita manfrina
Ieri Milano ha visto il ritorno di una cittadina d’eccezione, Ilaria Salis, l’ex insegnante (già occupatrice abusiva di case) reinventatasi eurodeputata per l’Alleanza Verdi e Sinistra. Il ritorno è stato degno del personaggio: una visita a sorpresa al Centro di permanenza per i rimpatri (cpr) di via Corelli, nel capoluogo lombardo. Un centro dove immigrati irregolari che non hanno alcun diritto di asilo risiedono in attesa di essere espulsi.Il grande ritorno della Salis non è stato annunciato, perché l’eurodeputata voleva «vedere la realtà per quella che è, senza finzioni né ritocchi dell’ultimo minuto». La visita si è svolta con la compartecipazione del Consigliere regionale Luca Paladini (Patto Civico) e della rete “Mai più lager – No ai cpr”, nome curioso, che accosta la parola indicante i campi di concentramento e sterminio nazisti con dei semplici centri di rimpatrio, centri che peraltro sono diffusi in tutto il mondo.Salis si lascia andare in un lungo post su X. Parla di «condizioni disumane», perché nel centro ci sarebbe «sporcizia ovunque, muri scrostati e brandine logore», mentre le lenzuola sarebbero «in materiale sintetico di infima qualità». È come se il cpr di via Corelli fosse un centro di detenzione amministrativa (cosa che in effetti è) e non l’Hotel Principe di Savoia, questa cosa non va affatto giù alla Salis. Addirittura «molti bagni sono fuori uso, e dai rubinetti esce solo acqua bollente». Poteva andargli peggio, come ad esempio ai cittadini delle province di Enna e Caltanissetta, dove per mesi l’erogazione dell’acqua potabile è avvenuta un solo giorno ogni sei.Salis è incontenibile, per gli irregolari non ci sarebbe «nessuna attività, nessun libro, nulla da fare: solo il vuoto e l’attesa». Non sembra proprio voler prendere coscienza del fatto che si trova in un centro di detenzione amministrativa, non in un centro ricreativo. In realtà l'ex occupante abusiva, ora eurodeputata, sa benissimo dove si trova, ma è l’esistenza stessa dei cpr ad andarle indigesta: «Essere senza permesso di soggiorno non è un delitto. Eppure, lo Stato italiano imprigiona queste persone, le intrappola in un sistema che le annienta». Essere senza permesso di soggiorno non è un delitto, vero, ma si da il caso che sia un reato, e che come tale comporta una conseguenza penale, nel caso specifico l’espulsione. Ma è nel finale del lungo post pubblicato su X che la Salis dà il meglio: «Un paese civile non può accettare che esistano lager di Stato, dove esseri umani vengono umiliati e sepolti vivi solo perché privi di un pezzo di carta». Tralasciando il fatto che sia quantomeno fuori luogo (per usare un eufemismo) paragonare i cpr ai lager, si ripresenta ancora una volta la storiella del permesso di soggiorno come “pezzo di carta”. Sono i “pezzi di carta” a regolare le nostre vite, il certificato di nascita, la dichiarazione dei redditi, i contratti di lavoro, ma anche la stessa Dichiarazione universale dei diritti umani, cosa sono in fondo se non un pezzo di carta? Tutti questi pezzi di carta a cui diamo comunemente un valore giuridico vincolante sono la base senza la quale la civiltà umana si trasforma in anarchia. E si, fra essi c'è anche il permesso di soggiorno.


Ieri Milano ha visto il ritorno di una cittadina d’eccezione, Ilaria Salis, l’ex insegnante (già occupatrice abusiva di case) reinventatasi eurodeputata per l’Alleanza Verdi e Sinistra. Il ritorno è stato degno del personaggio: una visita a sorpresa al Centro di permanenza per i rimpatri (cpr) di via Corelli, nel capoluogo lombardo. Un centro dove immigrati irregolari che non hanno alcun diritto di asilo risiedono in attesa di essere espulsi.
Il grande ritorno della Salis non è stato annunciato, perché l’eurodeputata voleva «vedere la realtà per quella che è, senza finzioni né ritocchi dell’ultimo minuto». La visita si è svolta con la compartecipazione del Consigliere regionale Luca Paladini (Patto Civico) e della rete “Mai più lager – No ai cpr”, nome curioso, che accosta la parola indicante i campi di concentramento e sterminio nazisti con dei semplici centri di rimpatrio, centri che peraltro sono diffusi in tutto il mondo.
Salis si lascia andare in un lungo post su X. Parla di «condizioni disumane», perché nel centro ci sarebbe «sporcizia ovunque, muri scrostati e brandine logore», mentre le lenzuola sarebbero «in materiale sintetico di infima qualità». È come se il cpr di via Corelli fosse un centro di detenzione amministrativa (cosa che in effetti è) e non l’Hotel Principe di Savoia, questa cosa non va affatto giù alla Salis. Addirittura «molti bagni sono fuori uso, e dai rubinetti esce solo acqua bollente». Poteva andargli peggio, come ad esempio ai cittadini delle province di Enna e Caltanissetta, dove per mesi l’erogazione dell’acqua potabile è avvenuta un solo giorno ogni sei.
Salis è incontenibile, per gli irregolari non ci sarebbe «nessuna attività, nessun libro, nulla da fare: solo il vuoto e l’attesa». Non sembra proprio voler prendere coscienza del fatto che si trova in un centro di detenzione amministrativa, non in un centro ricreativo. In realtà l'ex occupante abusiva, ora eurodeputata, sa benissimo dove si trova, ma è l’esistenza stessa dei cpr ad andarle indigesta: «Essere senza permesso di soggiorno non è un delitto. Eppure, lo Stato italiano imprigiona queste persone, le intrappola in un sistema che le annienta».
Essere senza permesso di soggiorno non è un delitto, vero, ma si da il caso che sia un reato, e che come tale comporta una conseguenza penale, nel caso specifico l’espulsione. Ma è nel finale del lungo post pubblicato su X che la Salis dà il meglio: «Un paese civile non può accettare che esistano lager di Stato, dove esseri umani vengono umiliati e sepolti vivi solo perché privi di un pezzo di carta».
Tralasciando il fatto che sia quantomeno fuori luogo (per usare un eufemismo) paragonare i cpr ai lager, si ripresenta ancora una volta la storiella del permesso di soggiorno come “pezzo di carta”. Sono i “pezzi di carta” a regolare le nostre vite, il certificato di nascita, la dichiarazione dei redditi, i contratti di lavoro, ma anche la stessa Dichiarazione universale dei diritti umani, cosa sono in fondo se non un pezzo di carta?
Tutti questi pezzi di carta a cui diamo comunemente un valore giuridico vincolante sono la base senza la quale la civiltà umana si trasforma in anarchia. E si, fra essi c'è anche il permesso di soggiorno.