Il tecnico dell’obitorio: "Frattura di Resinovich?. Forse è opera mia"
La lesione rilevata dall’autopsia del team Cattaneo "Potrei aver rotto la vertebra". Come cambia l’inchiesta.

"Potrei aver causato io quella frattura". Un giovane preparatore anatomico si fa avanti e aggiunge un tassello inedito – e in grado di scardinare ogni certezza – al caso di Liliana Resinovich, la 63 triestina scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata morta meno di un mese dopo in un boschetto vicino a casa.
La vicenda, già complessa, si arricchisce dunque ora di un possibile colpo di scena: la frattura in questione è quella alla vertebra T2, finora considerata compatibile con un’azione violenta, ma che se effettivamente provocata per errore durante l’autopsia inficerebbe tutta l’indagine. A rivelarlo è il Piccolo, il quotidiano del capoluogo giuliano. Secondo la ricostruzione dei fatti, il tecnico - un giovane triestino - si sarebbe presentato spontaneamente agli inquirenti per segnalare che l’11 gennaio 2022, durante l’esame autoptico sul corpo di Liliana, nella sala anatomica dell’obitorio di via Costalunga, potrebbe aver compiuto una manovra sul cadavere tale da causare la lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica. Frattura che, tra l’altro, non era stata rilevata dalla Tac eseguita l’8 gennaio 2022, due giorni prima dell’autopsia.
Fino ad oggi erano due le ipotesi principali a cui si faceva risalire la lesione alla vertebra T2. La prima ipotizzava una torsione violenta del busto durante una possibile colluttazione; la seconda, invece, la collegava a una brusca frenata in auto da parte del presunto assassino, con Liliana già priva di sensi o costretta in una posizione innaturale. Più di recente, la difesa di Sebastiano Visintin – marito della vittima e indagato per omicidio – ha avanzato una terza ipotesi: la frattura potrebbe essere stata causata nel momento del ritrovamento del cadavere. Una ricostruzione che però non trova il consenso né dei familiari né dei consulenti tecnici.
Va sottolineato tuttavia che la frattura non è un elemento che possa confermare o confutare la "dinamica omicidiaria estrinsecatasi a mezzo di soffocazione esterna", descritta nella lunga relazione di 240 pagine del team di Cristina Cattaneo. Intanto, Visintin continua a sostenere di essere estraneo ai fatti. E la sua difesa torna a parlare di suicidio, la tesi iniziale, che si sgretola però davanti al "lavoro minuzioso" – così l’ha definito il procuratore facente funzione di Trieste, Federico Frezza – del team Cattaneo. Il caso insomma, continua a sollevare dubbi. E non si esclude che il pubblico ministero titolare dell’ inchiesta, Ilaria Iozzi, decida di sentire il giovane preparatore anatomico nei prossimi giorni.
Sofia Spagnoli