Il rebus turco di Trump

Quale sarà il ruolo di Ankara nella risoluzione della crisi ucraina? Venerdì, a margine della Conferenza di Monaco sulla sicurezza, il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha avuto un incontro con il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan. Da quanto si è appreso, i due hanno parlato del cessate il fuoco a Gaza, della situazione in Siria e del conflitto tra Ucraina e Russia.Non è d’altronde un mistero che i due dossier – quello ucraino e quello mediorientale – siano collegati. La Turchia, nel 2022, fu il principale mediatore dell’accordo sul grano tra Kiev e Mosca. In secondo luogo, la caduta di Bashar al Assad in Siria è avvenuta, l’anno scorso, fondamentalmente con una spinta di Ankara, che ha spalleggiato gli insorti guidati da Mohammed al Jolani. Si tratta di due elementi che, apparentemente scollegati, potrebbero in realtà rivelarsi intrecciati.Innanzitutto, la settimana scorsa, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha escluso l’invio di truppe statunitensi sul territorio ucraino per garantire la tenuta di un eventuale accordo di pace tra Kiev e Mosca. Hegseth ha precisato che questo compito dovrà essere svolto da “truppe europee e non europee”. Un riferimento, questo, non solo al Canada ma anche verosimilmente alla stessa Turchia, che, ricordiamolo, fa parte della Nato. D’altronde, già nelle scorse settimane erano circolate indiscrezioni sulla possibilità che venissero usate forze militari turche per garantire la pace in territorio ucraino. Non si può quindi affatto escludere che l’amministrazione Trump stia trattando con Recep Tayyip Erdogan su questo punto.In secondo luogo, bisogna essere cauti. Trump ha messo tra i negoziatori americani per la crisi ucraina anche l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Segno del fatto che il presidente americano ritiene i due dossier intrecciati. Ora, non è un mistero che Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita non vedano troppo di buon occhio l’incremento del potere turco seguito all’ascesa di Jolani. Inoltre, è verosimile che Trump possa cercare di aiutare Mosca a recuperare un po’ d’influenza sul Medio Oriente in cambio di qualche concessione sulla questione ucraina. È su questo punto che, almeno teoricamente, potrebbero registrarsi delle divergenze tra Washington e Ankara. Non è detto che ciò accadrà. Ma non si può neppure escludere del tutto. Tra l'altro, nel 2020, Erdogan non fu tra i fautori degli accordi di Abramo: quegli accordi che, al contrario, Trump è intenzionato a rilanciare anche per cercare di risolvere la situazione a Gaza.Il team del presidente americano dovrà quindi riuscire a trovare una quadra non semplice. Da una parte, dovrà coinvolgere la Turchia nel processo diplomatico ucraino, senza farle acquisire un peso eccessivo. Dall’altra, dovrà elaborare una strategia per contenere il notevole incremento dell’influenza di Ankara sullo scacchiere mediorientale a seguito della crisi siriana. L’obiettivo non è facile da conseguire. Ma neppure impossibile.TUTTE LE NEWS DAL MONDO

Feb 17, 2025 - 20:44
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Il rebus turco di Trump


Quale sarà il ruolo di Ankara nella risoluzione della crisi ucraina? Venerdì, a margine della Conferenza di Monaco sulla sicurezza, il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha avuto un incontro con il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan. Da quanto si è appreso, i due hanno parlato del cessate il fuoco a Gaza, della situazione in Siria e del conflitto tra Ucraina e Russia.

Non è d’altronde un mistero che i due dossier – quello ucraino e quello mediorientale – siano collegati. La Turchia, nel 2022, fu il principale mediatore dell’accordo sul grano tra Kiev e Mosca. In secondo luogo, la caduta di Bashar al Assad in Siria è avvenuta, l’anno scorso, fondamentalmente con una spinta di Ankara, che ha spalleggiato gli insorti guidati da Mohammed al Jolani. Si tratta di due elementi che, apparentemente scollegati, potrebbero in realtà rivelarsi intrecciati.

Innanzitutto, la settimana scorsa, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha escluso l’invio di truppe statunitensi sul territorio ucraino per garantire la tenuta di un eventuale accordo di pace tra Kiev e Mosca. Hegseth ha precisato che questo compito dovrà essere svolto da “truppe europee e non europee”. Un riferimento, questo, non solo al Canada ma anche verosimilmente alla stessa Turchia, che, ricordiamolo, fa parte della Nato. D’altronde, già nelle scorse settimane erano circolate indiscrezioni sulla possibilità che venissero usate forze militari turche per garantire la pace in territorio ucraino. Non si può quindi affatto escludere che l’amministrazione Trump stia trattando con Recep Tayyip Erdogan su questo punto.

In secondo luogo, bisogna essere cauti. Trump ha messo tra i negoziatori americani per la crisi ucraina anche l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Segno del fatto che il presidente americano ritiene i due dossier intrecciati. Ora, non è un mistero che Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita non vedano troppo di buon occhio l’incremento del potere turco seguito all’ascesa di Jolani. Inoltre, è verosimile che Trump possa cercare di aiutare Mosca a recuperare un po’ d’influenza sul Medio Oriente in cambio di qualche concessione sulla questione ucraina. È su questo punto che, almeno teoricamente, potrebbero registrarsi delle divergenze tra Washington e Ankara. Non è detto che ciò accadrà. Ma non si può neppure escludere del tutto. Tra l'altro, nel 2020, Erdogan non fu tra i fautori degli accordi di Abramo: quegli accordi che, al contrario, Trump è intenzionato a rilanciare anche per cercare di risolvere la situazione a Gaza.

Il team del presidente americano dovrà quindi riuscire a trovare una quadra non semplice. Da una parte, dovrà coinvolgere la Turchia nel processo diplomatico ucraino, senza farle acquisire un peso eccessivo. Dall’altra, dovrà elaborare una strategia per contenere il notevole incremento dell’influenza di Ankara sullo scacchiere mediorientale a seguito della crisi siriana. L’obiettivo non è facile da conseguire. Ma neppure impossibile.

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