Il piano von der Leyen anti dazi, 28 miliardi di export Usa a rischio

Trump alza i dazi contro l’Europa, Bruxelles risponde con un piano dettagliato di von der Leyen, che guida la replica mentre i mercati traballano tra le tensioni politiche

Apr 3, 2025 - 09:45
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Il piano von der Leyen anti dazi, 28 miliardi di export Usa a rischio

Donald Trump ha ricalcato la linea dura. Con un ordine esecutivo e il solito show in giardino, ha annunciato dazi che colpiscono l’Unione Europea al 20%. Bruxelles non ha fatto in tempo a deglutire che già prepara il contrattacco. Ursula von der Leyen ha subito risposto mettendo in fila le parole come fendenti e denunciando le mosse del presidente Usa come estremamente dannose. E ha ribadito che l’Europa risponderà a tono, tassando a sua volta le merci americane in Europa. Il contraccolpo si stima che costerà 28 miliardi alla parte oltreoceano.

I mercati scivolano, le imprese tremano, e nel mezzo spunta anche la nuova aritmetica trumpiana, dove i numeri non contano: basta dividere i deficit e chiamarli dazi. A spalleggiare il piano, i soliti: Elon Musk e Jeff Bezos, stavolta arruolati nella campagna protezionista con entusiasmo imbarazzante. Donald Trump ha parlato di misure “reciproche”, salvo poi specificare che i calcoli sono stati ammorbiditi.

Von der Leyen contro i dazi Usa: “Un danno per l’economia globale”

Ursula von der Leyen non ha perso tempo. Alla raffica di tariffe partita da Washington ha risposto con una dichiarazione netta e una tabella di marcia. I dazi americani, ha detto, sono una zavorra per l’economia globale e avranno ripercussioni su scala planetaria. A Bruxelles il cantiere delle contromisure è già aperto: si parte dall’acciaio, ma l’elenco è destinato a crescere se il dialogo non decolla.

Durante il suo intervento, Ursula von der Leyen ha fotografato un panorama internazionale sfilacciato, dove le relazioni commerciali sembrano più un esercizio di sopravvivenza che una strategia. Ha ricordato che per anni lo scambio tra Europa e Stati Uniti ha garantito occupazione e convenienza per i consumatori, ma che ora l’approccio scelto da Washington rischia di trasformare il commercio in una catena di ritorsioni. Aprire un confronto sulle regole va bene, ha detto in sostanza, ma usare i dazi come grimaldello universale serve solo a complicare un sistema già sotto pressione.

Von der Leyen ha ricordato ai governi europei che, al netto delle differenze, quando serve si gioca in squadra. L’Unione, ha detto, ha gli strumenti per affrontare il contraccolpo. La linea è duplice: pronti al confronto, ma altrettanto pronti a restituire colpo su colpo se il tavolo salta.

Contromisure Ue in arrivo: da aprile tariffe su 28 miliardi di beni usa

A Bruxelles non si perde tempo: le contromisure sono già nero su bianco, pronte a entrare in vigore se la diplomazia con Washington si rivelerà sterile. Il pacchetto è corposo, e va dall’acciaio alluminato agli elettrodomestici, passando per alcolici, alimentari e manufatti in pelle.

L’elenco è lungo, il conto salato: 28 miliardi di dollari di esportazioni americane finite nel mirino. Alcuni di questi dazi erano stati sospesi ai tempi del primo Trump, ora tornano con gli interessi. Il calendario è già fissato: metà aprile.

Dazi Trump: costi immediati per le imprese europee

Von der Leyen ha chiarito che l’Unione non ha intenzione di innescare escalation, ma nemmeno di subire in silenzio. Il protezionismo a stelle e strisce, ha detto, finirà per inceppare le catene di fornitura e aumentare i costi per le imprese europee, già provate da mesi di instabilità. Più burocrazia, meno margine: questo lo scenario.

E intanto i prezzi rischiano di impennarsi anche per i beni di prima necessità. Una prospettiva che la Commissione guarda con preoccupazione, soprattutto per l’impatto sui segmenti più esposti del tessuto economico.

Export Ue-Usa: un legame storico ora in crisi

La presidente ha inoltre ricordato che l’interscambio tra Europa e Stati Uniti rappresenta una delle colonne portanti dell’economia globale: Washington è stato il primo mercato di destinazione delle esportazioni europee nel 2024 e l’Ue si conferma come il principale fornitore di beni agli Stati Uniti.

Una relazione bilaterale che ha prodotto nel tempo milioni di posti di lavoro e favorito la crescita su entrambe le sponde dell’Atlantico.

I numeri delle tariffe Trump: dubbi sui calcoli dell’amministrazione

Intanto, mentre la Casa Bianca continua a parlare di reciprocità, emergono perplessità piuttosto concrete su come siano stati costruiti i numeri dietro le nuove tariffe. Più che un’elaborazione basata su criteri doganali, sembra una divisione da scuola media: deficit commerciale fratto export.

Troviamo percentuali arbitrarie, senza legami con le reali barriere applicate dai Paesi partner. Neozelandesi e australiani hanno già rispedito al mittente le accuse, definendo quelle cifre una caricatura delle rispettive politiche commerciali. E in molti, tra esperti e governi, iniziano a trattare quelle tabelle come opinioni, non come dati.

Trump rilancia: “Torna l’età dell’oro dell’America”

Dal giardino della Casa Bianca, addobbato con bandiere e circondato da lavoratori dei settori auto e acciaio, il presidente ha presentato la nuova politica come una rinascita economica per gli Stati Uniti. Make America Wealthy Again, (“Rendiamo l’America ricca di nuovo”), ha dichiarato, illustrando le motivazioni dietro le decisioni prese.

Secondo Trump, queste misure garantiranno una riduzione del debito nazionale e favoriranno la produzione interna, perché vive nella convinzione che tutti compreranno comunque dagli Usa, a prescindere. Ha poi rilanciato un messaggio ai partner esteri:

Se volete dazi zero, venite a produrre in America.

Un appello che, per esempio, John Elkann ha colto immediatamente.

Reazione dei mercati: tensione a Wall Street ed Europa in rosso

L’annuncio ha avuto un impatto immediato sui mercati. Il dollaro ha perso terreno, mentre i titoli di Stato americani hanno registrato un rialzo dei rendimenti. L’indice del Treasury decennale ha toccato quota 4,231%.

Le borse europee hanno chiuso in calo, con l’eccezione di Madrid che ha guadagnato lo 0,40%. Milano ha lasciato sul terreno lo 0,27%, mentre Francoforte ha perso lo 0,66%. A Wall Street, invece, gli indici hanno tenuto, sostenuti dalle aspettative di una politica monetaria più espansiva da parte della Federal Reserve.