Il Parlamento Ue chiede la sospensione del memorandum ‘fuffa’ col Rwanda sui minerali preziosi dopo l’invasione dell’M23 in Congo
l’accordo prevede la collaborazione per "catene di valore sostenibili" sulle materie prime, ma la maggior parte vengono dalle miniere illegali del Congo L'articolo Il Parlamento Ue chiede la sospensione del memorandum ‘fuffa’ col Rwanda sui minerali preziosi dopo l’invasione dell’M23 in Congo proviene da Il Fatto Quotidiano.

Sospendere il memorandum d’intesa con il Rwanda. Lo ha chiesto giovedì quasi all’unanimità il Parlamento europeo (443 voti favorevoli e 4 contrari, con 48 astenuti) alla luce dell’attacco dei ribelli del gruppo M23 supportato da Kigali che stanno continuando ad avanzare in Nord e Sud Kivu, dopo aver messo del mani anche sulla città di Goma. La risoluzione – frutto di una forte pressione della società civile europea e congolese, comprese diverse associazioni italiane – non è vincolante, ma mostra una decisa volontà di indirizzo che la Commissione europea non potrà ignorare. Oggetto della richiesta è il Memorandum d’intesa sulle catene di valore delle materie prime sostenibili sottoscritto esattamente un anno fa con il governo rwandese: l’accordo prevede una “stretta collaborazione” per “catene di valore sostenibili” per le materie prime critiche, parlando sì di “tracciabilità” e “lotta contro il traffico illegale di materie prime”, ma ignorando di fatto tutte le evidenze contrarie, ampiamente documentate, secondo cui i minerali “rwandesi” sono frutto di contrabbando dalla Repubblica Democratica del Congo, dove i giacimenti sono sotto controllo di gruppi armati e restano una delle ragioni principali della nuova fiammata di guerra in corso.
Ma non solo: il memorandum stanzia anche fondi per creare infrastrutture per la raffinazione, stabilisce la condivisione di conoscenze e di tecnologie estrattive e di trasformazione e la collaborazione per formare personale con le competenze necessarie. In sintesi: non solo approvvigionarsi di materie prime (fingendo di credere che siano in una filiera etica), ma anche fornire competenze, tecnologie e avviare la costruzione in loco di fabbriche di trasformazione. L’obiettivo dell’Ue era rifornirsi di materie prime critiche per la transizione ecologica, basandosi però su una catena di approvvigionamento etica di fatto inesistente. Il memorandum non solo parlava di tantalio (coltan), ma anche di tungsteno, stagno, oro, niobio come “prodotti in Rwanda” e aggiungeva un riferimento alla potenziale produzione di litio e altre terre rare. Guarda caso, proprio in Congo, ma più a sud, nella provincia del Tanganyika, è di recente stato scoperto un enorme giacimento di litio che a breve avvierà la produzione, sotto controllo di un’azienda cinese.
Alla base della risoluzione votata ieri c’è la riaccensione del conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo: nelle ultime settimane l’M23 ha esteso il controllo di ampie zone del Nord Kivu, giungendo a occupare il capoluogo Goma. In tre giorni di scontri, oltre 3mila le vittime accertate, migliaia i feriti. La città resta sotto il saldo controllo dei miliziani, che hanno già nominato governatore, vicegovernatori e sindaci. Non paghi, gli uomini dell’M23 stanno avanzando verso sud e informazioni non ancora ufficializzate riferiscono nel momento in cui si scrive che sono riuscite a prendere anche il controllo di Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, e non paiono intenzionati a fermarsi.
Dietro di loro c’è la longa manus del governo rwandese, come confermato a più riprese anche dalle più alte autorità delle Nazioni Unite, nonostante da Kigali neghino da sempre. Quella in corso è solo l’ultima cruenta fiammata di una guerra che prosegue da tre decenni e che ha fra le sue cause principali proprio il controllo di uno dei sottosuoli più ricchi al mondo di minerali e terre rare. Il memorandum era stato siglato il 19 febbraio 2024 e due mesi dopo l’M23 occupava Ruyaba, il più grande giacimento al mondo di coltan. Questo e gli altri siti minerari frutterebbero all’M23 288mila euro al mese, frutto (secondo stime Onu) del transito di 120 tonnellate di coltan in Rwanda.
Da qui la forte richiesta giunta all’Ue dal governo di Kinshasa di interrompere il memorandum. Richiesta appoggiata anche da associazioni della società civile europea e italiana a cui gli eurodeputati hanno dato ascolto. Alcuni di loro per la verità hanno sempre osteggiato l’accordo. Come Mounir Satouri, presidente della Commissione per i diritti umani che ieri dichiarava all’Afp: “Il partenariato strategico UE-Rwanda era indifendibile fin dall’inizio”.
La risoluzione votata ieri va ben oltre la richiesta di sospensione immediata del memorandum: l’Ue fra il 2021 e il 2024 ha finanziato il Rwanda con 260 milioni di euro e altri 900 milioni sono impegnati per il futuro nel quadro del cosiddetto Global Gateway. Ebbene: il Parlamento europeo invita la Commissione, gli Stati membri e le istituzioni finanziarie internazionali a congelare il sostegno diretto al bilancio del Rwanda, ma anche a congelare l’assistenza militare e di sicurezza alle forze armate rwandesi, attualmente in corso (formalmente) per sostenere le truppe rwandesi impegnate nel nord del Mozambico contro le milizie locali e a “vietare il trasferimento di armi alle forze rwandesi e all’M23”, oltre a “garantire una maggiore trasparenza del commercio di armi dell’Ue”. Si aggiungono anche richieste di sanzioni mirate verso i comandanti e dirigenti dell’M23 e dei leader di altri gruppi armati, fra cui spiccano alcuni generali delle forse regolari rwandesi.
Non mancano infine appelli a favorire l’accesso umanitario e un elogio alla Corte Penale Internazionale che ha annunciato un’indagine preliminare, cui si aggiunge la richiesta di istituire una commissione d’inchiesta indipendente sulle gravi violazioni commesse dal gennaio 2022 e la preoccupazione per la crescente ingerenza russa nell’area, con campagne di disinformazione, e la presenza cinese nel settore minerario che agisce senza rispettare le responsabilità economiche e sociali.
Ultima richiesta: l’annullamento dei campionati mondiali di ciclismo su strada in programma a Kigali nel 2025, a meno che il Rwanda non cambi rotta. Quest’ultimo può sembrare un dettaglio, ma in un piccolo Paese che ormai vanta fra le prime voci del budget proprio il turismo, un messaggio come questo potrebbe avere un impatto notevole. Basti pensare agli slogan Visit Rwanda che campeggiano nelle città europee e persino sulle maglie di prestigiose squadre di calcio. Un’impalcatura che potrebbe sgretolarsi e dunque una potente arma di pressione. Tuttavia, ad oggi, non pare aver intimidito gli occupanti: è di queste ore la conferma della presa di Kavumu, l’aeroporto di Bukavu. I miliziani sono ormai alle porte del capoluogo del Sud Kivu, da cui l’esercito regolare si sta ritirando, memore anche dei troppi morti civili di Goma: se non si hanno le forze per contrastare, meglio fare un passo indietro. Le truppe congolesi sono poche e mal armate, molto del loro equipaggiamento è rimasto a Goma, in particolare nell’aeroporto. Nel capoluogo del Nord Kivu restano imprigionati anche un numero imprecisato di soldati sudafricani che si sta trattando per liberare.
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