Il giornalismo del Terzo millennio? Si fa con le Academy (per imparare a scrivere branded content)
Si moltiplicano le scuole di giornalismo all'interno di redazioni vecchie e nuove con vari corsi per "l'upskill e il reskill" delle competenze. Suona anche la campanella della Academy di Chora Media di Calabresi. La lettera semiseria di Claudio Trezzano

Si moltiplicano le scuole di giornalismo all’interno di redazioni vecchie e nuove con vari corsi per “l’upskill e il reskill” delle competenze. Suona anche la campanella della Academy di Chora Media di Calabresi. La lettera (semiseria) di Claudio Trezzano
Caro direttore,
continuo a pensare che stai sbagliando e non vuoi capire la direzione presa dal mondo del giornalismo. Non credere infatti che mi sia sfuggito il tuo cinguettio gracchiante (un po’ da corvo, ammettilo) sulla New Media Academy di Chora e Will, solo l’ultima delle scuole aperte in seno a una redazione per formare i giornalisti del domani. Del resto, tu lo sai bene, i lettori che ancora acquistano i quotidiani cartacei sono più rari dei panda, girando per qualsiasi città del nostro Paese è più facile imbattersi in un tartufo che in un’edicola ancora aperta, perciò il giornalismo deve cambiare. Deve ammodernarsi. Che tu lo voglia o meno.
Personalmente, sto proprio pensando di iscrivermi (tranquillo, pago tutto io) perché credo che i corsi dell’Academy di Mario Calabresi possa darmi ciò che mi serva per vendermi meglio su piazza, da brava partita Iva quale sono. Ma dovrei dire quale “siamo” ricomprendendo tutti noi “giovani” che facciamo questo mestiere (cosa sia l’articolo 2 lo studiamo solo quando si prepara l’esame di Stato d’accesso all’Ordine, poi chi lo vede mai nella vita?).
Anzi, io ho detto “ammodernarsi”: me ne scuso, perché in realtà all’Academy si parla di “upskill” e “reskill” delle proprie competenze. E’ del resto chiaro che in un ambiente così giovane termini tanto desueti siano banditi.
Solo i nomi dei corsi ti faranno venire l’orticaria, lo so, dato che professi sempre i canoni di un giornalismo “duro e puro” relegato ormai all’immaginario degli Anni ruggenti, quando i tizi della stampa andavano ancora in giro con impermeabile e cappello a tese larghe da cui spuntava la scritta “press”.
Si va da sessioni (ma anche, leggo sul sito, masterclass, case study, workshop e project work) in Business model ad altre per imparare a gestire il rapporto con la propria community, passando per il Data storytelling (insomma, non fai parlare i numeri: sei tu a parlare per loro), l’immancabile Digital journalism (che ancora non ho capito cosa sia, visto che sul web o si legge come si faceva con la carta o si guardano video come ai tempi della tv o si ascoltano podcast come nel periodo della radio), senza dimenticare il corso di podcasting (in casa Chora, del resto...) e soprattutto quello sul Branded Content. La tua fitta al cuore l’ho avvertita persino da qui, a chilometri di distanza: ma il giornalismo del Terzo millennio è appunto storytelling di marchi, fattene una ragione.
In cattedra oltre a Mario Calabresi anche Francesco Zaffarano che sovrintende i contenuti di Will, i giornalisti Francesco Oggiano e Cecilia Sala, lo scrittore pubblicitario Paolo Iabichino, il direttore editoriale del festival Future4Cities Paolo Bovio, Andrea Borgnino che è responsabile dei Podcast su RaiPlay Sound, il co-founder e ceo de Il Punto Media Nicola Travella, la giornalista Francesca Mannocchi che i più conoscono per le continue comparsate a Propaganda Live su La7 e meno per le apprezzati corrispondenze da zone di guerra, il co-founder di Effecinque Raffaele Mastrolonardo, la cofondatrice di Guerredirete Carola Frediani senza dimenticare Davide Savelli che probabilmente conoscerai pure tu per i suoi interminabili dialoghi con il professor Alessandro Barbero.
Vorrei tanto vedere la tua faccia ora, ma mi accontento di immaginarla, perché scommetto che, eccezion fatta per un paio di nomi, non ne conoscerai quasi nessuno. Come non conoscerai molti dei media elencati. Del resto, rispetto alle solite scuole di giornalismo che fanno salire in cattedra vecchi parrucconi che andrebbero in tilt se dovessero inserire un articolo su WordPress, qui sono tutti giovanissimi – alcuni forse persino più giovani del sottoscritto che ha ormai gli “enta” alle spalle da un pezzo. E Calabresi non pesca dalle tradizionali, asfittiche, morenti, testate di carta, interpellando chi ha avuto fortuna semplicemente con un blog o una pagina social.
Insomma, direttore, quella è la via.
Diventa anche tu preside di un Academy: organizza pure tu corsi sul nuovo modo di informare attraverso il Web. Non ti devo nemmeno suggerire i contenuti: sarà sufficiente che ci butti dentro tutto ciò che non consideri giornalismo.
Ma, soprattutto, realizza anche tu l’ennesima scuola che sfornerà disoccupati dato che ovunque si legge che il giornalismo è in crisi e che i giornalisti sono condannati a essere degli eterni precari. Nelle redazioni i pochi che ancora ci entrano ci riescono soprattutto per cooptazione.
Io, comunque, ho un gran bisogno di skillarmi e upskillare le mie competenze, perciò corro a iscrivermi.
Uno studente perenne in piena sindrome di Peter Pan,
Claudio Trezzano