Il fascista salvato dai partigiani. L’insolito 25 aprile di Luigi Contu
La storia dell’ex sottosegretario delle Corporazioni approdato a Salò raccontata dal pronipote omonimo

Il 25 aprile era il giorno di San Marco, almeno fino a ottant’anni fa. Quando diventò invece il giorno della Liberazione. Luigi Contu era stato deputato e sottosegretario al ministero delle Corporazioni fino al 25 luglio 1943. Poi bisognava decidere da che parte stare e lui aveva scelto di continuare a stare, credendo in un fascismo di sinistra, con i repubblichini. E da Roma era arrivato al Nord. Zogno, Bergamo, a dirigere l’ufficio approvigionamenti agricoli.
Il suo pronipote Luigi, attuale direttore dell’Ansa, per caso ha ritrovato nella biblioteca di famiglia ciò che di più caro il suo prozio custodiva. Dentro una scatola di metallo un quadernetto a righe, in cui dal 23 aprile 1945 aveva cominciato a scrivere. Un diario, anche intimo, perché in quelle pagine si racconta l’amore a distanza (e difficile) con la fidanzata Virette, di famiglia convintamente socialista, dall’altra parte della barricata. Quella che aveva scelto di combattere contro ciò che restava del regime fascista e dell’appendice di Salò per riportare la libertà in Italia. Ne è nato un libro: Domani sarà tardi (Solferino editore).
In quei giorni dell’aprile del 1945 che segnano il destino di un Paese e la vita e la morte di molti uomini e donne, pur non rinnegando le sue scelte, Luigi, ex sottosegretario al ministero delle Corporazioni, percepisce che tutto quello in cui aveva creduto si sta inevitabilmente sgretolando. Che la violenza con le rappresaglie nelle valli della Bergamasca contro i partigiani sono un inutile spargimento di sangue. Non si pente per ciò che è e per ciò in cui credeva ma nemmeno lo difende strenuamente e non imbraccia le armi né incita alle rappresaglie.
Questo diario, appunto intimo, è fatto d’incontri. Incontri umani. Come quello con il parroco del paese, don Gianni. Umile curato di campagna, schietto, diretto, che non sta con i fascisti, anzi lo stesso Luigi sospetta che stia con i partigiani. Ma nell’umanità di quegli incontri in cui si beve il caffè vero, quello che Ungaretti (amico del fratello di Luigi) è riuscito a portare dal Brasile, ci si confronta anche sui versi di chi raccontò ermeticamente ma con plasticità l’orrore della Grande Guerra. Così "il mio cuore è il paese più straziato" torna costantemente nei pensieri e nelle parole di Luigi.
E poi c’è Goffredo, l’autista. Altra amicizia forte, solida. Profondamente umana, come nel caso del prete. Non essendo un libro giallo e d’altronde a svelare come finirà è anche il sottotitolo ("Il 25 aprile di un fascista salvato dai partigiani"), quello che rimane (anche dopo la lettura) è il racconto della Storia (con la s maiuscola), attraversando il vissuto di chi, come Luigi, fece le sue scelte senza sottrarsi al destino, andandogli invece incontro. Una resa dei conti pubblica (perché sarà processato), ma anche intima, con i propri sentimenti. In un Paese che anche dopo ottant’anni fatica ancora, in una visione spesso manichea (e ormai fuori dal tempo), a tornare a quei giorni.
Il 25 aprile anche di chi aveva creduto nel fascismo, come viene raccontato nel libro, è da ottant’anni invece il giorno della Liberazione. E non può essere altrimenti, non solo perché lo dice il calendario. Quel giorno l’Italia iniziò a rinascere dopo un ventennio di dittatura. E in tutto questo aiutano le ultime pagine del diario di Luigi e l’appendice del suo omonimo pronipote.
Luigi e il fratello leggono le parole con cui Palmiro Togliatti, allora ministro della Giustizia del governo De Gasperi (22 giugno 1946) firma i decreti di amnistia: "Un atto di clemenza è per essa in pari tempo atto di forza e di fiducia nei destini del Paese". E il pronipote Luigi nel chiudere il libro: "Una storia inedita su quel 25 aprile 1945 che mi è parsa diversa dalle tante e, forse, per questo, meritevole di essere raccontata in un Paese che a ottant’anni dalla Liberazione del nazifascismo non è ancora riuscito a chiudere definitivamente i conti con il proprio passato".