Il 25 aprile 1945, il ruolo della radio e il caso unico di Genova

Come si svolse l'insurrezione che cambiò la storia d'Italia, tra battaglie urbane, staffette coraggiose e città in festa: il racconto di una giornata indimenticabile

Apr 24, 2025 - 21:44
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Il 25 aprile 1945, il ruolo della radio e il caso unico di Genova

Roma, 24 aprile 2025 – Il 25 aprile 1945 è una data scolpita nella memoria collettiva italiana. Ottant’anni fa in quella giornata il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l'insurrezione generale contro l'occupazione nazifascista, segnando l'inizio della liberazione delle principali città del Nord Italia.

Dietro al 25 aprile si celano storie di coraggio, comunicazioni clandestine e azioni coordinate che resero possibile la rinascita democratica del Paese.​ Un motivo in più per ricordarle in un anniversario speciale, che nel 2025 segna gli 80 anni dalla Liberazione.

Un'immagine di Milano il 25 aprile 1945

L'alba dell'insurrezione

Alle prime luci del 25 aprile il CLNAI, che aveva sede a Milano, emise un proclama che ordinava l'insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.

Il messaggio fu trasmesso via radio e diffuso attraverso volantini e staffette: invitava i cittadini a scioperare e a insorgere contro l'oppressore. Ovunque le formazioni partigiane iniziarono a muoversi, occupando punti strategici e affrontando le ultime sacche di resistenza fascista.​I canti della Resistenza che hanno fatto la storia

La radio partigiana: voce della libertà

Negli eventi del 25 aprile 1945 la radio ebbe un ruolo cruciale. Radio Milano Libera, trasmittente clandestina attivata dai partigiani, fu la prima a dare voce all’insurrezione generale. Nata nei sotterranei di Milano con mezzi di fortuna, trasmise per la prima volta messaggi ufficiali del CLNAI, rivolti non solo ai combattenti ma a tutta la popolazione.

Le parole “Cittadini! Cittadine! L’ora della libertà è scoccata!” risuonarono come un segnale chiaro, accompagnando l’inizio dell’insurrezione e rafforzando il senso di partecipazione collettiva. Anche altre emittenti clandestine, nei giorni seguenti, diffusero notizie sulla liberazione delle città, coordinando i movimenti e fornendo istruzioni alle brigate.

In un’epoca senza mezzi di comunicazione istantanei, la radio rappresentò una vera arma della Resistenza, capace di unire e mobilitare in tempo reale.

25 aprile 1945: le ore decisive dell’insurrezione

La giornata del 25 aprile si aprì con un senso di attesa e tensione. Nelle prime ore del mattino, i messaggi del CLNAI iniziarono a circolare tra le brigate partigiane e nei quartieri popolari delle città del Nord.

A Milano, gli operai entrarono in sciopero, le fabbriche si fermarono, e piccoli gruppi armati cominciarono a presidiare le strade. Le prime azioni coordinate si verificarono attorno alle stazioni ferroviarie, ai ponti e agli edifici pubblici. Entro mezzogiorno, alcuni presidi fascisti avevano già ceduto.

Nel pomeriggio, i combattimenti si intensificarono. A Torino le prime colonne partigiane entrarono in città, mentre nella città di Genova si avviarono formalmente le trattative per la resa.

Verso la sera del 25 aprile 1945 il controllo di Milano era già nelle mani del CLNAI. In molte città la popolazione iniziava a scendere in strada, sventolando bandiere tricolore e cantando l’Inno di Mameli. Fu una giornata lunga, tesa, ma segnata da un entusiasmo crescente. La liberazione non era più un’ipotesi: stava accadendo.

Milano: cuore pulsante della Resistenza

Sede del CLNAI, Milano fu il centro nevralgico della Resistenza. L’insurrezione del 25 aprile 1945, infatti, era stata preparata da tempo e venne condotta con rapidità e determinazione. Le operazioni furono guidate da figure di primo piano come Luigi Longo, comandante delle Brigate Garibaldi, Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica, e Leo Valiani, esponente del Partito d’Azione e membro del CLNAI.

La città meneghina era attraversata da un fitto tessuto partigiano, con formazioni attive in ogni quartiere, spesso in contatto diretto con i lavoratori delle grandi fabbriche come la Breda, la Pirelli, la Innocenti. Già nelle prime ore del 25 aprile, i partigiani iniziarono a occupare i punti strategici della città: le stazioni ferroviarie, i ponti sul Naviglio, le sedi del comando tedesco.

Il Palazzo della Prefettura di Milano fu uno dei primi obiettivi simbolici a cadere in mano alla Resistenza. La popolazione sostenne attivamente l’insurrezione: operai e studenti si unirono agli scontri; molte donne prepararono pasti e curarono i feriti, nascondendo i combattenti braccati.

Il 26 e 27 aprile furono giornate decisive. Il comando tedesco cominciò a ritirarsi e le truppe fasciste della Repubblica Sociale iniziarono a disperdersi. Fu proprio a Milano, due giorni dopo, che Benito Mussolini venne catturato mentre cercava di fuggire verso la Svizzera, insieme ad altri gerarchi, travestito da soldato tedesco.

Il 28 aprile, la città si radunò in una grande manifestazione spontanea in piazza Duomo, un momento di gioia collettiva che segnò la fine dell’oppressione e l’inizio di una nuova fase politica. Migliaia di persone riempirono il centro, sventolando bandiere, cantando “Bella ciao” e inneggiando ai comandanti della Resistenza, che presero la parola dal palco improvvisato.

Iniziarono ore di festa, ma anche di analisi: si iniziava a fare, proprio in quel momento cruciale, il bilancio dei caduti e raccogliere le testimonianze di ciò che era stato. Milano divenne il simbolo della Liberazione nazionale, città medaglia d’oro della Resistenza e cuore pulsante del nuovo corso democratico.

Il 25 aprile in Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna, la Liberazione fu il frutto di una lunga e capillare resistenza popolare, iniziata ben prima del 25 aprile 1945. La regione, crocevia tra nord e centro Italia, era attraversata dalla Linea Gotica e divenne teatro di duri scontri tra formazioni partigiane, truppe tedesche e reparti fascisti. In città come Parma, Reggio Emilia, Bologna, Modena, Ravenna, ma anche in decine di piccoli centri e vallate appenniniche, la popolazione partecipò attivamente alla lotta contro l’occupazione, con coraggio indomito.

Alcune città emiliane furono liberate nei giorni immediatamente precedenti il 25 aprile, grazie all’avanzata congiunta delle formazioni partigiane e delle truppe alleate, che risalivano la penisola da sud. La città di Bologna fu liberata già il 21 aprile, con un’imponente mobilitazione partigiana che affiancò l’ingresso delle forze polacche e britanniche. A Modena, la liberazione avvenne il 22 aprile, dopo intensi combattimenti nei sobborghi e un’insurrezione urbana supportata da scioperi e barricate.

I partigiani emiliani, spesso riuniti nelle Brigate Garibaldi e in formazioni autonome come le SAP (Squadre di Azione Patriottica) e le GAP (Gruppi di Azione Patriottica), operarono non solo nei monti ma anche nelle pianure, nelle campagne e persino all’interno delle fabbriche. In molte zone, come la montagna reggiana o il forlivese, l’organizzazione partigiana aveva istituito ospedali da campo, cucine collettive e scuole clandestine. Il 25 aprile le campane iniziarono a suonare a festa e le bandiere tricolori a sventolare dai balconi, mentre la gente usciva per le strade. A Reggio Emilia, furono issati striscioni con la scritta “È finita!” sui tetti delle officine meccaniche, mentre a Ravenna le donne uscirono per le strade a distribuire pane e vino ai liberatori.

Genova: caso unico in Europa

A Genova, l’insurrezione popolare iniziò il 23 aprile 1945, quando le formazioni partigiane, coordinate dal Comitato di Liberazione Nazionale Liguria, iniziarono a liberare i quartieri periferici e a stringere l’assedio intorno al centro cittadino. Dopo due giorni di scontri, il 25 aprile, il generale tedesco Gunther Meinhold, comandante della piazza militare tedesca, firmò la resa incondizionata delle sue truppe a Villa Migone, sede dell’arcivescovado genovese. La trattativa fu condotta direttamente dai rappresentanti della Resistenza, senza alcun intervento degli Alleati, che non erano ancora entrati in città.

Quello di Genova è considerato un caso unico in Europa: per la prima volta un intero contingente militare tedesco, composto da circa 6.000 uomini ben armati, si arrese a un movimento partigiano, riconoscendone legittimità e forza. A convincere Meinhold fu anche la consapevolezza che la città era già di fatto sotto il controllo delle forze della Resistenza e che una resa onorevole avrebbe evitato ulteriori distruzioni. L’accordo prevedeva la consegna delle armi, il rispetto dei prigionieri e la salvaguardia dei civili. Fu un successo politico, militare e morale che confermò la capacità della Resistenza italiana di agire come forza autonoma e organizzata.

Le fabbriche di Torino: luogo della resistenza operaia

Nella città di Torino, cuore industriale del Paese e roccaforte operaia, l’insurrezione si rivelò particolarmente complessa e violenta. Già nei giorni precedenti al 25 aprile, i partigiani torinesi – tra cui le formazioni Garibaldi, Giustizia e Libertà e Matteotti – avevano intensificato le azioni contro i presìdi fascisti. Ma l’assalto decisivo iniziò nella notte tra il 25 e il 26 aprile, quando il Comitato di Liberazione Nazionale Piemontese ordinò l’attacco alla città.

Le fabbriche come la Fiat Mirafiori e la Lancia, luoghi simbolici della resistenza operaia, furono tra i primi ad essere occupati dagli insorti. I combattimenti si concentrarono attorno ai ponti sul Po, alle caserme e agli edifici pubblici, con scontri casa per casa. La popolazione partecipò attivamente, organizzando barricate, fornendo viveri e assistenza ai partigiani. I tedeschi risposero con rappresaglie e bombardamenti, ma la pressione militare e il coordinamento della Resistenza resero la loro posizione insostenibile.

Il 28 aprile 1945, dopo tre giorni di combattimenti, le ultime truppe tedesche abbandonarono la città. Torino fu così liberata dai partigiani prima dell’arrivo degli Alleati, come accadde anche a Milano e Genova. Tra i protagonisti della liberazione torinese va ricordato Giorgio Agosti, commissario politico del CLN piemontese, e Ada Gobetti, figura chiave della Resistenza civile. La liberazione di Torino, ottenuta con enormi sacrifici, simboleggia la determinazione di una città che non accettò mai di piegarsi alla dittatura.

Comunicazioni clandestine e staffette partigiane

Un ruolo fondamentale nella Resistenza fu svolto dalle staffette partigiane, spesso giovani donne che rischiavano la vita per trasportare messaggi, armi e viveri. Tra loro ci sono figure come Tina Anselmi, che a soli 17 anni divenne staffetta per la Resistenza, e Irma Bandiera, catturata e uccisa dai fascisti senza mai rivelare informazioni.

La riuscita dell'insurrezione del 25 aprile 1945 fu possibile grazie a un'efficace rete di comunicazioni clandestine. Oltre alle staffette, le radio clandestine come Radio Milano Libera trasmettevano messaggi e direttive. Il famoso messaggio "Aldo dice 26x1" fu un codice utilizzato per coordinare l'insurrezione, indicando il giorno e l'ora dell'attacco.​

La fine del regime e la nascita della Repubblica

Il 25 aprile segnò la fine della Repubblica Sociale Italiana e dell'occupazione nazista. Nei giorni successivi, Benito Mussolini fu catturato e giustiziato dai partigiani. Il 2 giugno 1946, l'Italia scelse la Repubblica attraverso un referendum, ponendo le basi per una nuova era democratica.​

A ottant'anni di distanza, il 25 aprile resta una data simbolo della lotta per la libertà e la democrazia. Le celebrazioni in tutta Italia, con cortei, cerimonie e iniziative culturali, ricordano il sacrificio di chi combatté per un futuro migliore. Un giorno per testimoniare il passato rinnovando l'impegno per i valori della Resistenza, ma anche per riflettere sul futuro.