I lustrini di Sanremo nascondono la vera realtà di industria musicale, Rai e cinema
Il Festival di Sanremo si pone nel sistema culturale italiano a mo’ di arma di distrazione di massa, sia rispetto allo specifico settore musicale sia – più in generale – rispetto allo stato di crisi profonda delle industrie culturali e creative tutte, sia – infine – riguardo alla perdurante crisi identitaria della Rai. Ancora una […] L'articolo I lustrini di Sanremo nascondono la vera realtà di industria musicale, Rai e cinema proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il Festival di Sanremo si pone nel sistema culturale italiano a mo’ di arma di distrazione di massa, sia rispetto allo specifico settore musicale sia – più in generale – rispetto allo stato di crisi profonda delle industrie culturali e creative tutte, sia – infine – riguardo alla perdurante crisi identitaria della Rai. Ancora una volta, la grancassa spettacolare di Viale Mazzini e Teatro Ariston – tra red carpet e lustrini – finisce per nascondere le tante patologie del sistema. Paginate e paginate di cronaca di spettacolo, con polemiche gonfiate ad arte e gossip a gogò, con un magister elegantiorum del livello di Fabrizio Corona…
La vera realtà dell’industria musicale italiana sembra interessare a pochi. Ed ormai a quasi nessuno interessa realmente il futuro della Rai, se, a distanza di mesi, la stessa Commissione bicamerale di Vigilanza non riesce a trovare la quadra rispetto alla conferma della Presidente “in pectore”, Simona Agnes (sostenuta da Forza Italia e in particolare dal diplomatico Gianni Letta, ma avversata dalle opposizioni). Gli appelli della Vigilanza Barbara Floridia (M5s) continuano a cadere nel vuoto.
La stessa logica (l’apparenza inganna e cortine fumogene…) riguarda il futuro di Cinecittà, anch’essa colpita dalle dinamiche di estrema incertezza determinate dal (mal) governo delle politiche pubbliche a favore del cinema e dell’audiovisivo: tra meno di un mese (il 4 marzo) il Tar dovrà pronunciarsi rispetto ai vari ricorsi presentati da decine di imprese cine-audiovisive a seguito della riforma della “Legge Franceschini” del 2016 e specificamente all’abusato strumento del “tax credit”, riforma malamente impostata dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni.
Venerdì 7 febbraio, il Coordinamento Stage & Indies (che rappresenta centinaia di piccole realtà musicali indipendenti italiane) ha diramato un comunicato che merita una riflessione: “La musica Made in Italy sta scomparendo nel nostro Paese, ecco i dati della crisi, tutte le risorse del settore oramai in mano a pochissime realtà multinazionali straniere… Le grancasse della propaganda mediatica che ci raccontano di un settore della musica sempre più in crescita e con sempre più introiti, nessuno racconta la realtà vera. In soli cinque anni: la perdita di circa il 25% delle figure del settore tecnico; la chiusura e/o la sospensione dell’attività “live” di circa il 50% dei club, circoli, discoteche, balere e simili; la cancellazione di oltre il 30 % dei festival e dei contest per artisti indipendenti; la totale emarginazione dalle piattaforme di streaming musicale monopoliste attraverso gli algoritmi di tutti i generi alternativi al mainstream commerciale, riducendo praticamente a zero gli introiti per migliaia e migliaia di artisti indipendenti ed emergenti…”.
Il Coordinamento ha rivolto un appello al governo affinché, una volta conclusa la “sbornia” di Sanremo, si promuova una riflessione seria sul rischio di scomparsa della filiera produttiva originale e inedita delle “crew” indipendenti ed emergenti “Made in Italy”. Che fine ha fatto il “sovranismo” culturale retoricamente invocato dal centro-destra durante la campagna elettorale del 2022?
E, sul fronte del settore cine-audiovisivo, inascoltata resta la voce di un altro manipolo di “dissidenti” ovvero “resistenti”: il Coordinamento di lavoratori #Siamoaititolidicoda ha diramato lunedì 10 febbraio un comunicato con il quale annuncia per marzo “il blocco di tutto il settore”, a causa della perdurante profonda crisi occupazionale (e strutturale), co-determinata anzitutto dalla stagnazione dei decreti ministeriali di riforma del credito d’imposta. Con simpatica provocazione, il Coordinamento ha pubblicato un brano musicale creato dal gruppo I The Credits, intitolato “Portafoglio vuoto”, promuovendo una campagna per la realizzazione di un videoclip che “aiuti ad amplificare il dissenso per l’inaccettabile situazione in cui versa il settore”.
Che la crisi del settore sia profonda, e che gran parte dei lavoratori del sistema culturale italiano siano disoccupati o comunque sfruttati, è confermato anche dall’iniziativa presentata martedì 11 febbraio in Senato dal Movimento 5 Stelle dal Vice Presidente pentastellato Mario Turco, dal Capogruppo in Commissione Cultura Luca Pirondini, e dal deputato Gaetano Amato. Questa è la ratio del disegno di legge n. 1360, “Disposizioni per il rispetto degli obblighi informativi degli utilizzatori in materia di diritti connessi al diritto d’autore”: tutelare i diritti economici degli artisti, interpreti ed autori, spesso penalizzati da compensi inadeguati e comportamenti ostruzionistici delle piattaforme streaming, che sfruttano la loro posizione dominante. A sostenere l’iniziativa anche le associazioni di categoria, tra attori ed autori e creativi: Unita (Unione Nazionale Interpreti Teatro Audiovisivo), Artisti 7607 e 100Autori.
E che non siano soltanto i soliti… “comunisti” lagnosi a lamentarsi, e che la crisi sia invece vera e profonda (sistemica), è confermato anche da un maestro del cinema qual è Pupi Avati – ritenuto da sempre di area centrista – che in un’intervista al Corriere della Sera di giovedì 6 febbraio (firmata da Tommaso Labate), ha dichiarato a chiare lettere “il cinema italiano è davvero ad un passo dal baratro, sta per finire tutto… Il settore è oggi fermo, immobile”.
Eppure la sottosegretaria Lucia Borgonzoni continua a sorridere, chiusa nel suo solito pervicace ottimismo, e si diletta nel nuovo mestiere di curatrice di mostre artistiche, con un’impropria sovrapposizione di ruoli (anche se può vantare un diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna)… un po’ à la Sgarbi: cura mostre che lei stessa – attraverso il Ministero – finanzia, in compagnia della sua consigliera principale, Chiara Sbarigia, Presidente di Cinecittà (il cui Cda è stato nominato dall’ex ministro decaduto Gennaro Sangiuliano, ma con la regia della Sottosegretaria stessa). Il 15 maggio prossimo vedrà la luce la nuova creatura… curatoriale, “InVisibili” ovvero “Le pioniere del cinema”, all’Istituto Centrale per la Grafica di Roma.
E nelle lande di Cinecittà si osserva in questi giorni un effervescente rimescolamento di carte. Sono stati messi alla porta due dirigenti imbarcati dalla gestione “sinostrorsa”: il Direttore del Personale e Affari Legali e Risorse Umane, Maurizio Venafro (già Capo di Gabinetto dimissionario ai tempi di Nicola Zingaretti Presidente della Regione Lazio) e il Direttore della Comunicazione e Attività Editoriali Marcello Giannotti, Direttore della Comunicazione e Attività Editoriali (già Direttore della Comunicazione Rai ai tempi dell’Ad Antonio Campo Dall’Orto).
Fratelli d’Italia e Lega Salvini vogliono persone di fiducia (partitica, ovvero dei rispettivi “cerchi magici”) nello staff dell’Amministratrice Delegata Manuela Cacciamani (già alla guida della ben sovvenzionata One More Pictures) molto stimata e amica della zarina del partito, Arianna Meloni. Il candidato alla successione di Giannotti a Cinecittà è Fabio Longo, già Consigliere per la Comunicazione Digitale dell’ex ministro della Cultura e da oltre un anno portavoce de facto della Sottosegretaria (nonché già autore di recensioni per “Ciak”, rivista del disastrato gruppo Visibilia di Daniela Santanchè e di programmi tv Rai).
Qualcuno parla non più soltanto di “amichettismo destrorso”, ma ormai di “basso romano impero”, tra le quinte di Cinecittà, evocando i kolossal di cartapesta della lontana Hollywood sul Tevere…
L'articolo I lustrini di Sanremo nascondono la vera realtà di industria musicale, Rai e cinema proviene da Il Fatto Quotidiano.