I bradisismi che scuotono centrodestra e centrosinistra
Maggioranza e opposizione come nei Campi Flegrei, scosse dalla politica estera. I Graffi di Damato.

Maggioranza e opposizione come nei Campi Flegrei, scosse dalla politica estera. I Graffi di Damato
Maggioranza e opposizione, entrambe generosamente al singolare, vivono come ai Campi Flegrei, sotto le scosse. Procurate prima da una guerra mondiale in pillole, secondo una nota definizione di Papa Francesco, e poi dai rapporti fra Trump e Putin che hanno, a dir poco, spiazzato l’Unione Europea, sino a farle adottare un piano di dichiarato “riarmo”. Che è passato con una votazione parlamentare nella quale sono saltate trasversalmente le alleanze dei partiti italiani, di governo e non.
Monica Guerzoni, per nulla trattenuta da una smentita congiunta della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Economia, ha raccontato sul Corriere della Sera, con particolari anche fisiognomici, di uno scontro diretto fra Gorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, in un angolo della sala del Consiglio dei Ministri, per la posizione contraria assunta dalla Lega sul riarmo europeo e dintorni. E di un’assai breve partecipazione di Matteo Salvini, vice presidente leghista del Consiglio, alla riunione di governo, soffermatosi solo sui problemi del suo Ministero delle Infrastrutture.
Forse in considerazione anche di queste notizie, pur smentite- ripeto- dagli interessati, al Foglio hanno titolato discorsivamente che “l’ambigua Meloni è ancora un argine contro le ambiguità di Schlein e di Salvini”.
La Schlein c’entra in questa storia da Campi Flegrei -ripeto- perché il partito da lei guidato da più di due anni si è spaccato nell’Europarlamento fra dieci che hanno votato per il riarmo proposto e undici che si sono astenuti, allineandosi alla posizione critica disposta, peraltro a distanza, dalla segretaria del Nazareno. È sbottato persino il paziente e pacioso presidente del Pd, Stefano Bonaccini, battuto dalla Schlein nella corsa alla segreteria per la partecipazione degli “esterni”, particolarmente pentastellati, alla votazione conclusiva dell’ultimo congresso piddino. Anche lui ha votato per il riarmo rivoltandosi alla Schlein sicura di essersi guadagnata il consenso all’astensione in una riunione della direzione svoltasi però prima della proposta del riarmo formalizzata dalla Commissione. E approvata peraltro al Parlamento europeo da tutte le altre delegazioni del Partito socialista continentale, dove pertanto il Pd si è clamorosamente isolato.
Anche la Schlein ha fatto scrivere e dire di essere pronta alla sfida lanciatale da critici e avversari con la proposta di un congresso straordinario, da cui pensa evidentemente di poter uscire confermata, magari con un’altra votazione conclusiva aperta ai cosiddetti esterni, cioè ai non iscritti, Federico Geremicca ha scritto sulla Stampa che “chi si intende di Partito democratico e delle autolesionistiche liturgie che precedono ogni frequente cambio di segretario, non ha dubbi e assicura che la “caccia” a Elly Schlein stavolta sia ufficialmente cominciata”. “Non abbiamo ragione per dubitarne”, ha aggiunto il giornalista, familiarmente favorito nella conoscenza della sinistra confluita a suo tempo nel Pd.