Grillo: scrivere di ieri per parlare di oggi
Alberto, che sensazione disarmante leggere il tuo bellissimo “Un’estate da Dick Fulmine”, uscito per Laurana Editore nella preziosa collana “Fremen” diretta...

Alberto,
che sensazione disarmante leggere il tuo bellissimo “Un’estate da Dick Fulmine”, uscito per Laurana Editore nella preziosa collana “Fremen” diretta da Giulio Mozzi, nei giorni in cui si celebrava l’80° della Liberazione e con due guerre feroci alle porte. Una guerra mondiale a pezzi, l’ha definita Bergoglio poco prima di andarsene. Sono molte le questioni del secondo conflitto mondiale sullo sfondo del tuo romanzo che risuonano nel nostro presente. I protagonisti, a partire dai due più giovani, Francesco e Giuseppe (Chicìn e Bepi), sembrano posseduti da un distacco che a volte rasenta l’apatia, se non il menefreghismo. Più che agire la Storia, se la lasciano passare addosso, senza mai opporre un argine o tentare di cambiare il corso degli eventi. Uno dei due segue la famiglia sul Danubio dove il padre è impiegato in un campo di lavoro, l’altro rimane vicino alla Bormida. Entrambi verranno mutilati, chi nel corpo, chi negli affetti. Quando si ritroveranno, sarà il ragazzo menomato a ricondurre l’amico attraverso la città e il mondo “di prima”.
Mi è parso un modo onesto di raccontare la realtà. Veniamo spesso colti, noi autori, dalla furia di creare personaggi grandiosi, che fanno e disfano la loro e l’altrui sorte, quando invece, nella vita a tre dimensioni, i fatti procedono per una specie di regia del destino e dalle esperienze impariamo poco o nulla. Ti ricordi cosa ci ripetevamo per consolarci nei mesi più stretti della pandemia? "Ne usciremo migliori". Non ne siamo usciti né meglio né peggio, solo più indifferenti. Con la scusante che, nelle questioni di sopravvivenza, l’importante è sopravvivere. Si salvi chi può, chi ci riesce, chi ha avuto fortuna. Nel romanzo lo dici con una semplicità disarmante (e perdonami se uso per la seconda volta questo aggettivo): "Francesco non capiva cosa ci fosse da sorridere per la vittoria del nemico, lei disse che perdere una guerra breve era meglio che vincerne una lunga". Purché il peggio passi, e faccia meno danni possibile. L’eroismo lasciamolo agli eroi, come Dick Fulmine, personaggio dei fumetti italiano nato negli anni ’30 che riporta l’ordine a suon di cazzotti e al quale Francesco demanda il proprio l’immaginario. Nella vita reale è già tanto se non ci sentiamo degli abusivi nel mondo e nel nostro corpo, come Chicìn che addirittura non si capacita delle sue dita e di come possano appartenergli tutte quante. È già uno sforzo mantenerlo integro e in vita, quel corpo, con la guerra tutt’attorno, l’influenza spagnola e la spietata selezione di Madre Natura che manda avanti i più forti, come nell’episodio di Pietro Pastore e il vecchio San Bernardo, sulle rive opposte del Bormida.
Non c’è modo migliore per parlare di oggi, credo, che scrivere di ieri. E tu l’hai fatto benissimo.