Gelo al Sud: l’Italia mediterranea nella morsa glaciale

Palermo, il cuore congelato del Mediterraneo Palermo, 17 Febbraio 2070. Il mio arrivo in città è stato surreale. Droni scaldanti, come enormi insetti metallici, pattugliano le strade emettendo raggi infrarossi a bassa frequenza, nel vano tentativo di mantenere aperti i passaggi tra i quartieri. Ma il ghiaccio vince. Piazza Pretoria è scomparsa sotto una coltre […] Gelo al Sud: l’Italia mediterranea nella morsa glaciale

Apr 4, 2025 - 14:06
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Gelo al Sud: l’Italia mediterranea nella morsa glaciale

Palermo, il cuore congelato del Mediterraneo

Palermo, 17 Febbraio 2070. Il mio arrivo in città è stato surreale. Droni scaldanti, come enormi insetti metallici, pattugliano le strade emettendo raggi infrarossi a bassa frequenza, nel vano tentativo di mantenere aperti i passaggi tra i quartieri. Ma il ghiaccio vince. Piazza Pretoria è scomparsa sotto una coltre bianca, e le fontane sono blocchi opachi di ghiaccio, le statue sembrano piangere stalattiti.

Il Sud Italia, un tempo rifugio di luce, profumi e colori, è diventato una distesa cristallina, spettrale. Le palme sono morte, spezzate come steli di vetro. Il mare di Sicilia, color piombo e punteggiato da blocchi di ghiaccio galleggiante, lambisce la costa con lentezza innaturale, quasi stanco.

La temperatura qui è di -11 °C, un valore impensabile per queste latitudini, ma perfettamente coerente con il nuovo mondo che abbiamo ereditato dopo l’eruzione del supervulcano Toba e il collasso solare. La seconda ondata di gelo, arrivata all’inizio di Febbraio, ha portato tormente magnetiche, interruzioni di rete e un vento artico che ha trasformato la Sicilia in un frammento di tundra boreale.

 

Napoli, la città sospesa

A Napoli, il gelo ha fermato il tempo. I quartieri spagnoli, un tempo brulicanti di vita, sono silenziosi. Dai vicoli del Vomero al lungomare Caracciolo, tutto è immobile, come congelato in un sogno sospeso. Il Vesuvio, coperto di neve fino al cratere, domina l’orizzonte come un guardiano antico. Da lassù, dicono, il panorama è impressionante: un Golfo di Napoli bianco, interrotto solo dai resti delle navi congelate al porto.

Le strutture geotermiche sotterranee, installate a partire dal 2055, hanno mantenuto attivi alcuni settori della città. La metropolitana ha continuato a funzionare, diventando un rifugio urbano. Molti dormono lì, in vagoni trasformati in alloggi d’emergenza. La Stazione Toledo ospita oltre tremila persone, tra cui bambini e anziani, mantenuti in vita da sistemi di riscaldamento a fusione ionica, originariamente pensati per esperimenti militari.

Napoli resiste anche grazie alla sua gente. In ogni quartiere si sono formate comunità autonome, ognuna con il proprio generatore, il proprio archivio alimentare e un sistema di comunicazione via onde corte, riportando in auge le radio a valvole.

 

La neve di Bari, il silenzio delle Puglie

Nel mio viaggio verso est, ho raggiunto Bari. La Puglia, dove una volta si raccoglievano ulivi e grano sotto un sole implacabile, oggi è un deserto bianco. Le distese della Murgia, coperte da oltre un metro di neve, appaiono come un altopiano mongolo. I trulli, abbandonati, emergono a fatica come piccole cupole nella tormenta.

Il porto di Bari è inutilizzabile. Le acque sono ghiacciate, i pescherecci congelati al largo. Alcuni hanno cominciato a utilizzare veicoli polari adattati per percorrere il mare solidificato, stabilendo rotte verso l’Albania, che vive lo stesso destino climatico. I treni transadriatici, che viaggiavano su rotaie sospese a idrogeno, sono stati smontati e i loro reattori utilizzati per alimentare le serre locali.

A Foggia, le piane agricole sono diventate deserti di ghiaccio. I robot agricoli sono stati riconvertiti in dispositivi di rilevamento climatico, raccogliendo dati per tentare di prevedere le prossime ondate. Gli scienziati delle Università Meridionali, ora rifugiati nei sotterranei termici dell’ex Cittadella della Ricerca di Brindisi, continuano a studiare la formazione di cristalli atmosferici ad alta densità, che potrebbero spiegare il prolungamento dell’inverno.

 

Calabria e Basilicata, terre di silenzio e vento

Attraversare la Calabria in queste condizioni è un’impresa. Le strade costiere, come la 106 Ionica, sono sepolte. Le antiche gallerie ferroviarie sono tornate in uso come corridoi di evacuazione e scambio. A Reggio Calabria, la vista sullo Stretto di Messina è irreale: il mare è ghiacciato, e in alcuni tratti si può camminare fino a Villa San Giovanni, anche se le autorità lo sconsigliano per il rischio di fratture improvvise.

La Basilicata è diventata un deserto artico. A Matera, le abitazioni nelle grotte rupestri si sono rivelate più efficaci di qualunque rifugio high-tech. Alcuni si sono spinti persino a ricreare le antiche cisterne idriche romane per raccogliere l’acqua di fusione del ghiaccio, purificandola con sistemi di nanotecnologia tascabile.

 

Lampedusa, l’ultima frontiera del calore

L’isola di Lampedusa, ultimo baluardo a Sud, ha resistito più a lungo di ogni altro territorio italiano. Fino a metà Gennaio, i sistemi solari galleggianti riuscivano a fornire energia e calore. Ma poi, con la copertura globale delle nubi vulcaniche, anche lì il termometro è sceso sotto lo zero. Le torri di desalinizzazione hanno smesso di funzionare, e si è passati alla raccolta manuale di neve, sciolta con specchi concavi di titanio.

Le strutture di accoglienza, un tempo destinate ai migranti climatici del continente africano, si sono trasformate in rifugi per famiglie italiane evacuate dal continente. I racconti che mi giungono parlano di comunità solidali, che condividono ogni caloria, ogni residuo alimentare, ogni piccola speranza.

 

La nuova cultura del freddo

Non è solo il clima ad essere cambiato. L’intera cultura del Sud si è trasformata. Le processioni religiose si svolgono in gallerie riscaldate, i festival della luce sono ora cerimonie del calore, in cui si accendono fuochi rituali usando biomassa criogenica, sviluppata in laboratori clandestini nel sottosuolo di Catania.

Le lingue regionali, un tempo in pericolo, sono tornate in auge, usate nei messaggi vocali codificati trasmessi via onde corte. Il canto popolare ha assunto toni gravi e solenni, quasi liturgici, adattandosi alla risonanza delle pareti gelate. La moda, se così possiamo ancora chiamarla, è fatta di strati sovrapposti di tessuti termoregolanti, spesso prodotti localmente usando stampanti 4D alimentate a energia eolica.

 

Una memoria congelata

Tutto ciò che conoscevamo del Sud Italia – i mercati, il rumore, il traffico caotico, i pranzi all’aperto, le estati infinite – è stato sospeso in una parentesi di ghiaccio. Eppure, ovunque vada, trovo la stessa forza. La stessa capacità di reinventarsi, di resistere con umanità e ingegno.

Io sono Ettore Zanella, e cammino sul ghiaccio della mia terra per raccontare ciò che accade. Questa è la cronaca viva di un mondo che cambia, e non so se torneremo mai a com’era prima. Ma la memoria è il primo fuoco che dobbiamo tenere acceso.

Nel prossimo episodio, attraverseremo l’Appennino centrale fino alle Marche, scoprendo come i borghi più isolati d’Italia stanno rinascendo nel gelo, riscoprendo antichi mestieri e nuove alleanze.

Gelo al Sud: l’Italia mediterranea nella morsa glaciale