Ecco perché la cassa integrazione è una scelta inevitabile per Esselunga
Esselunga ha fatto una serie di errori gravi in questa gestione a cui però sta cercando di porvi rimedio anche a seguito degli accordi sopravvenuti con la Procura milanese. Se però qualcuno approfitta di questa fragilità temporale per affossare questi tentativi ne prendo le distanze. L’approfondimento di Mario Sassi, autore del Blog-Notes sul lavoro

Esselunga ha fatto una serie di errori gravi in questa gestione a cui però sta cercando di porvi rimedio anche a seguito degli accordi sopravvenuti con la Procura milanese. Se però qualcuno approfitta di questa fragilità temporale per affossare questi tentativi ne prendo le distanze. L’approfondimento di Mario Sassi, autore del Blog-Notes sul lavoro
Per evitare fraintendimenti e polemiche inutili ho più volte sottolineato che non provo particolare entusiasmo per l’attuale proprietà di Esselunga. Osservo i loro comportamenti come quelli di altri. A volte mi incuriosiscono e li approvo a volte non li condivido. C’è però un pregiudizio di fondo per me inaccettabile. Esselunga ha fatto una serie di errori gravi in questa gestione a cui però sta cercando di porvi rimedio anche a seguito degli accordi sopravvenuti con la Procura milanese. Se però qualcuno approfitta di questa fragilità temporale per affossare questi tentativi, lo sottolineo e ne prendo le distanze. È ovviamente una transizione delicata sul piano organizzativo. Soprattutto se si è costretti ad “imbarcare”, in forza di quegli accordi, alcuni personaggi noti più per il loro profilo perennemente polemico e distruttivo che per la loro disponibilità. Ed è purtroppo scontato che, una minoranza organizzata e spregiudicata, etnicamente omogenea possa condizionare e provocare danni rilevanti senza preoccuparsi delle conseguenze, distruggendo clima interno e cultura collaborativa.
Sul piano organizzativo era assolutamente evidente che Esselunga non sarebbe stata alla finestra se, dopo il negoziato terminato con un nulla di fatto in Prefettura, che vedeva protagonisti i suoi partner logistici, si fosse dato seguito alla minaccia di mantenere aperto uno stato di incertezza nelle consegne. La CIG (cassa integrazione) è quindi una conseguenza logica, non una rappresaglia. Come ho scritto, la FILT CGIL, il sindacato dei trasporti, che ha deciso di “cavalcare la tigre” e che cerca disperatamente di competere con i COBAS con un comportamento analogo, non ha la minima idea di cosa significhi lavorare e trasportare merce deperibile che ha una data di scadenza, che deve essere gestita con particolare attenzione e, non meno importante, che deve assicurare uno standard qualitativo e una freschezza che il cliente deve percepire come tale a prescindere. Altrimenti non utilizza il servizio. E si interroga, in questo caos, sul farlo anche in futuro. Certo, a chi ha deciso che è legittimo bloccare merci e persone, questo non interessa affatto.
La politica del lavoro nella logistica è stata da tempo appaltata alla Procura di Milano e, non è un caso che i piazzali sono terreno di caccia dei Cobas. Da qui la volontà della FILT CGIL di buttarla in caciara evocando la datata narrazione della guerra tra poveri: “Un’azione che rientra nel tipico modus operandi di questi grandi colossi. Mettono in cassa integrazione i lavoratori diretti, cioè i magazzinieri, per fare in modo che vedano come nemici i lavoratori indiretti, ossia i driver delle aziende esterne che però lavorano con divise che riportano il logo Esselunga e guidano camion con il logo Esselunga. Stanno cercando in ogni modo di delegittimare la protesta, quando il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione”. Al contrario la protesta si è delegittimata da sola quando un manipolo, con fare minaccioso, è entrato in un punto vendita del committente, quando si è cercato di impedire alla maggioranza dei colleghi di lavorare o quando si è deciso di lasciare le consegne al cliente in strada non portandole al piano, pur in presenza di ascensore, creando in azienda un clima pesante, mai visto prima, come ha raccontato un addetto alle consegne, su LinkedIn. Altra cosa è gestire una rivendicazione rispettando l’interlocutore e chi rappresenta.
Di fronte a questa degenerazione, lasciare nell’incertezza consegne e lavorazione in attesa che una minoranza decida se e come procedere avrebbe rappresentato un rischio enorme. Da qui la reazione di Esselunga. «Con grande dispiacere – si legge nel comunicato aziendale – ci vediamo costretti ad attivare la cassa integrazione, misura che al momento riguarda oltre 200 dipendenti del nostro magazzino milanese. Purtroppo, si tratta di una scelta inevitabile, anche per evitare ingenti sprechi alimentari». Il comunicato si conclude con l’auspicio ad un rapido ritorno al dialogo e alla collaborazione tra tutte le parti coinvolte, ribadendo come l’obiettivo principale sia quello di assicurare un servizio efficiente ai clienti e un contesto lavorativo stabile per i propri dipendenti.
Tanto tuonò che piovve, quindi. La protesta, a differenza di ciò che sostiene il sindacato, non coinvolge affatto centinaia di addetti delle aziende Brivio & Viganò Logistics, Cap delivery e Deliverit ma una modesta quanto incattivita minoranza di autisti. È sì la guerra tra poveri, ma al contrario. Interessante a questo proposito l’intervento di un addetto alla consegna che ha deciso di scrivermi per esprimere il suo punto di vista dopo i miei interventi sul blog. C’è preoccupazione tra i lavoratori delle società terze e di Esselunga.
Ne propongo un riassunto significativo.
“Sono un driver consegnatario assunto da Deliverit azienda che fa parte del Gruppo Italtrans” ha esordito Mauro Oggionni, un team leader Italtrans che da oltre 5 anni svolge questa mansione per conto di Esselunga. Deliverit (la società partner di Esselunga specializzata nell’home delivery) c’è da poco e si è trovata a dover assorbire con pochissimo preavviso una flotta aziendale di mezzi e di persone provenienti dalle cooperative (dopo l’intervento della Procura di Milano) e, da pochi mesi, ha in carico la gestione del personale e del servizio. Non ha avuto abbastanza tempo per lavorare sulle criticità, ma si è da subito prodigata per ordinare una intera nuova flotta di mezzi, di attivare tavoli per parlare di salute e sicurezza con i sindacati confederali di Bergamo, proporre colloqui individuali con gli autisti per ascoltare le loro richieste e problematiche anche di natura privata e personale con l’obiettivo di instaurare un clima nuovo. Sono stati fatti dei corsi di formazione ai responsabili e referenti autisti per migliorare le relazioni e gli indicatori di benessere e lavorare su quelli di malessere. Gli stipendi (a differenza che in passato) arrivano puntuali. Ci hanno fatto un corso su come leggere le buste paga e abbiamo un interlocutore dedicato per ogni evenienza. Quindi un deciso passo in avanti rispetto a prima.
Contrariamente a quello che è stato scritto e detto, nessuno ha ricattato gli operai per non farli aderire allo sciopero, l’80% ha semplicemente dato una mano per aiutare i responsabili a gestire lo sciopero e le sue conseguenze durante la Pasqua. Personalmente lo chiamo “attaccamento al lavoro” visto che era presente la stragrande maggioranza dei lavoratori. Se posso un’ultima osservazione: le richieste economiche avanzate dal sindacato in Prefettura sembrano fatte apposta per far saltare il servizio. Ho 200 colleghi in cassa integrazione e potrei essere il prossimo. Chi fa leva su esasperazioni e stati d’animo non può avere la lucidità di fare vertenze e trattative tecnicamente ed eticamente valide”.
Personalmente trovo l’intervento di Mauro Oggionni di grande buon senso.
La FILT CGIL in Prefettura ha respinto la proposta economica di Brivio&Vigano. Non era quindi sul tavolo, come avevo scritto, il tema della sicurezza o della mansione tanto agitata sui media quanto una richiesta economica di ben 10 euro in più al giorno per chi si occupa delle migliaia di consegne per conto della catena di supermercati. Cifra ritenuta legittimamente irricevibile dalla controparte che ha ribadito: “Brivio&Viganò ha partecipato al tavolo con piena disponibilità al confronto e con un concreto spirito propositivo, avanzando nel corso dell’incontro differenti ipotesi di mediazione” e, “nonostante la volontà di venire incontro alle istanze emerse nel dialogo con le organizzazioni sindacali, le proposte sono state respinte. A fronte di queste posizioni, il tavolo di mediazione si è interrotto senza un accordo”.
Personalmente temo che dietro questo irrigidimento ci sia dell’altro. E che Esselunga sia solo un pretesto, il punto debole individuato del tratto che sta a monte e a valle della produzione aziendale e della consegna. Un punto nevralgico dell’ultimo miglio. Area in concorrenza con i COBAS. Entrambi convinti di aver individuato nell’azienda di Pioltello l’elemento fragile su cui colpire duro godendo di una sostanziale impunità che consenta di mettere in discussione l’intera impalcatura. Compresa la soluzione trovata e l’impegno delle società che ne hanno raccolto le attività. Magari con l’intento di trasferire, proprio in Esselunga, le contraddizioni e certi personaggi che oggi sono finiti nelle società collegate. È evidente che se la FILT CGIL insisterà con una richiesta di questa entità la vicenda tenderà a complicarsi e a provocare ulteriori tensioni e conseguenze. Resta infine il problema che riguarda la necessaria ripresa del negoziato e il ruolo della Prefettura. Per ora, assolutamente marginale avendo assunto un semplice ruolo notarile. Sottovalutando così, i rischi potenziali di una vicenda che può sfuggire di mano.