Ecco chi guadagna davvero con il tax free in Italia

Perché nessuno coglie l'occasione di far diventare lo shopping Tax Free più conveniente in Italia? La lettera di Arturo Aletti.

Mar 7, 2025 - 09:47
 0
Ecco chi guadagna davvero con il tax free in Italia

Perché nessuno coglie l’occasione di far diventare lo shopping Tax Free più conveniente in Italia? La lettera di Arturo Aletti

Caro direttore,

perché in Italia accogliamo i turisti che vogliono fare shopping con diritto al Tax Free in questo modo e nessuno intende cogliere l’occasione di far diventare lo shopping detassato più conveniente di altri paesi nostri concorrenti nell’attrarre turismo?

Forse la risposta sta in questo deal annunciato a fine febbraio.

È evidente che, se un paese cruciale come l’Italia (per consistenza dello shopping turistico e perché sede di molti dei brand del lusso/moda/accessori che hanno i loro punti vendita sia in Italia che in tanti altri paesi del mondo) decidesse l’obbligo di rimborsare integralmente l’Iva che lo Stato rinuncia a incassare e che va rimborsata ai turisti, il business model del principale intermediario di rimborsi Tax Free (cioè spartire con i principali brands parte delle ingenti commissioni per essere prescelti ad operare nei loro punti vendita) andrebbe a gambe all’aria, e si spalancherebbero le porte ad almeno un paio di rilevanti conseguenze:

  1. altri paesi in competizione nell’attrarre turismo spender farebbero altrettanto, anche se in tempi e con effetti successivi;
  2. si spalancherebbero le porte a servizi concorrenti e innovativi, che pure esistono ma stentano ad imporsi perché la formula dominante impedisce ai turisti di scegliere il servizio di rimborso Iva che preferiscono.

Poiché quanto sopra ipotizzato non sta avvenendo, non resta che constatare che i nostri decisori pubblici proteggono business privati dominanti, anziché favorire gli utenti finali, che, nel caso, sono i turisti.

Inoltre, stiamo regalando profitti ingenti e capitalizzazione di mercato a interessi Usa, che il business lo fanno sul nostro mercato più che sul loro. Cioè: mentre stanziamo risorse consistenti per attrarre competitivamente i turisti, regaliamo risorse a chi sui turisti che vengono da noi fa quattrini a palate. La cosa risulta ancor più illogica nel momento in cui si parla di dazi Usa, che, qualora fossero introdotti, penalizzerebbero pesantemente anche l’export di lusso/moda, mentre, come sempre è avvenuto, crescerebbe significativamente la propensione a fare acquisti in viaggio da parte dei turisti provenienti dal paese che i dazi li impone.

In un simile scenario sarebbe strategicamente importante offrire in Italia per primi uno shopping detassato decisamente più conveniente, altrimenti gli stessi turisti potrebbero benissimo comprare gli stessi beni anche in Francia, in Spagna, in Giappone a condizioni di detassazione più o meno equivalenti.

E invece non se ne fa niente…

Grazie per l’attenzione,

Arturo Aletti