Dumping Cina sugli EV: è concorrenza sleale o strategia per incentivare tecnologia e ricerca?
La Cina ha beneficiato di ingenti aiuti pubblici per l'auto elettrica che le avrebbero consentito di abbattere artificialmente i prezzi sui mercati esteri. Ma queste risorse sono state impiegate per sviluppare tecnologie avanzate e sostenere la transizione verso la mobilità elettrica e a idrogeno. Una strategia da cui trarre ispirazione in Occidente L'articolo Dumping Cina sugli EV: è concorrenza sleale o strategia per incentivare tecnologia e ricerca? proviene da Economyup.

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Dumping Cina sugli EV: è concorrenza sleale o strategia per incentivare tecnologia e ricerca?
La Cina ha beneficiato di ingenti aiuti pubblici per l’auto elettrica che le avrebbero consentito di abbattere artificialmente i prezzi sui mercati esteri. Ma queste risorse sono state impiegate per sviluppare tecnologie avanzate e sostenere la transizione verso la mobilità elettrica e a idrogeno. Una strategia da cui trarre ispirazione in Occidente
Professore ordinario di Chimica all’Università di Milano-Bicocca

La recente iniziativa dell’amministrazione Trump, volta a colpire le auto non assemblate sul suolo statunitense con l’intento dichiarato di tutelare la produzione interna, ha distolto l’attenzione dai dazi introdotti dall’UE lo scorso ottobre sulle importazioni cinesi di auto elettriche. Le misure decise dalla Commissione Europea rappresentano una risposta mirata alle presunte pratiche di dumping della Cina nel settore dei veicoli elettrici: il governo di Pechino, con oltre 200 miliardi di dollari di sussidi negli ultimi quindici anni – un importo comparabile al PNRR italiano –, avrebbe sostenuto i propri produttori abbattendo artificialmente i prezzi sui mercati esteri.
Dumping: nel 2023 la rinuncia agli incentivi statali
Tuttavia, un’analisi più approfondita mostra che, normalizzati sul numero di veicoli prodotti, i sussidi cinesi per unità risultano in realtà inferiori a quelli europei e italiani. Inoltre, già nel 2023 l’industria cinese dei New Energy Vehicles – così vengono chiamati nel paese asiatico i veicoli a batterie e a idrogeno – ha rinunciato agli incentivi statali per le vendite, mentre gli investimenti privati in ricerca e sviluppo e nella capacità produttiva continuano a crescere. Negli ultimi vent’anni, la Repubblica Popolare ha infatti orchestrato una vasta politica di innovazione industriale, affermandosi non soltanto nella produzione di materie prime e componentistica – in particolare batterie – ma anche nella qualità complessiva dei veicoli, ora paragonabile, se non superiore, a quella occidentale.
Cina leader mondiale delle batterie
Grazie a queste scelte, la Cina domina oggi il mercato globale delle batterie: copre oltre il 75 % della capacità mondiale nelle tradizionali NMC (nichel-manganese-cobalto) e sfiora il 100 % nelle nuove LFP (litio-ferro-fosfato), una tecnologia più economica (meno di tre quarti del costo delle NMC), più sicura e priva di materiali critici. Le LFP hanno già conquistato circa il 40% del mercato mondiale automobilistico elettrico e sono installate su due terzi dei veicoli elettrici cinesi, contro meno del 10% in Europa e negli Stati Uniti. Su oltre 650 modelli EV oggi disponibili in Occidente, meno di settanta montano batterie LFP prodotte principalmente da aziende cinesi quali BYD, MG, XPeng e Volvo. Persino Stellantis, per non restare indietro, monta batterie LFP nella Fiat Grande Panda.
I cinesi all’avanguardia anche per le batterie a ioni di sodio
La leadership cinese si estende ora anche alle nuovissime batterie a ioni di sodio (quindi senza litio e a base di metalli abbondanti), ormai prossime alla commercializzazione nei trasporti grazie a una capacità produttiva stimate dieci volte superiore a quella del resto del mondo, e al settore dei veicoli a idrogeno, dove il Paese detiene oggi il 70% del parco veicoli globale.
In particolare, a fine aprile 2025, CATL, azienda cinese leader nel settore delle batterie, ha annunciato l’avvio della produzione di massa del modello “Naxtra”, le prime batterie a ioni di sodio destinate ai veicoli elettrici. Questa tecnologia sfrutta l’abbondanza del sodio per ridurre i costi delle materie prime, garantendo al contempo maggiore stabilità termica e sicurezza rispetto alle tradizionali batterie al litio.
In Italia, al contrario, l’attenzione si è concentrata soprattutto sugli incentivi all’acquisto, per un totale di quasi 2 miliardi di euro dall’introduzione dell’ecobonus nel 2019. Tuttavia, nel 2024 oltre la metà delle risorse è confluita su modelli a combustione interna, determinando un paradossale aumento delle emissioni medie delle auto nuove – da 120 a 123 g CO₂/km – e allontanando il Paese dagli obiettivi europei di 93,6 g CO₂/km per il periodo 2025-2029.
In conclusione, se è incontestabile che la Cina abbia beneficiato di ingenti aiuti pubblici, è altrettanto innegabile che tali risorse siano state impiegate per sviluppare tecnologie avanzate e sostenere la transizione verso la mobilità elettrica e a idrogeno. Di fronte a barriere commerciali sempre più robuste – dai dazi UE di fine 2024 ai provvedimenti Trump del primo semestre 2025 – l’Europa e l’Italia non possono limitarsi a tamponare. Occorre elaborare una strategia proattiva che coniughi incentivi mirati alla filiera locale, sostegno alla ricerca nazionale, alleanze industriali e protezione delle forniture critiche, affinché la sfida cinese si trasformi in un’opportunità di rilancio competitivo per tutto il comparto automobilistico europeo.
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