Dazi Usa, arriva la tempesta sui mercati e le PMI italiane sono in allerta: “A rischio un terzo dei negozi”
Un terremoto finanziario e commerciale sta scuotendo l’economia globale. La decisione di Donald Trump di imporre dazi “reciproci” ha innescato quella che potrebbe diventare una guerra commerciale di proporzioni storiche, con l’Italia tra i Paesi più vulnerabili alle conseguenze. Con l’entrata in vigore dei dazi USA, la tempesta ha travolto i mercati: le tariffe doganali...

Un terremoto finanziario e commerciale sta scuotendo l’economia globale. La decisione di Donald Trump di imporre dazi “reciproci” ha innescato quella che potrebbe diventare una guerra commerciale di proporzioni storiche, con l’Italia tra i Paesi più vulnerabili alle conseguenze.
Con l’entrata in vigore dei dazi USA, la tempesta ha travolto i mercati: le tariffe doganali hanno mandato in fumo 2.000 miliardi di dollari a Wall Street e 422 miliardi in Europa. L’allarme è stato lanciato anche dal Fondo Monetario Internazionale, che vede nei dazi “un rischio significativo alle prospettive globali in un momento di crescita lenta”.
Il “Liberation Day” di Trump
Il 2 aprile, dalla Casa Bianca, il presidente americano ha proclamato quello da lui definito “Liberation Day“: dazi minimi del 10% per tutti i Paesi, con tariffe specifiche per i 60 stati con maggiori squilibri commerciali verso gli USA. Per l’Unione europea la percentuale è fissata al 20%, mentre per la Cina si arriva al 34%.
“Li tasseremo la metà di quello che ci tassano”, ha dichiarato Trump, affermando che l’UE “ci fa pagare il 39% e noi imporremo dazi al 20%”. Alle tariffe reciproche saranno inoltre aggiunti dazi al 25% su tutte le auto importate, con un messaggio chiaro: “Se volete dazi zero, venite a produrre in America”.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) April 3, 2025
L’annuncio ha indebolito il dollaro e i titoli di stato americani, con un conseguente rialzo dei rendimenti che per il treasury decennale hanno viaggiato ai massimi di seduta al 4,231%. Le piazze finanziarie europee hanno chiuso in territorio negativo, con Piazza Affari che ha perso lo 0,27% e Francoforte lo 0,66%.
L’allarme delle Pmi italiane
L’ultimo rapporto dell’Osservatorio “Evolution Forum Business School sulle PMI” mostra un quadro preoccupante per le piccole e medie imprese italiane. Lo studio, che ha coinvolto 2.000 micro e piccoli imprenditori con fatturato fino a un milione di euro e meno di cinque dipendenti, rivela che oltre la metà degli intervistati (54,5%) stima perdite attorno al 15% del proprio fatturato entro fine anno.
“A soffrirne saranno un po’ tutti, ma soprattutto i piccoli negozianti di paese, che nel 32,5% dei casi rischiano di chiudere definitivamente”, spiega il rapporto. Al contrario, la grande distribuzione organizzata e le catene europee (15%) sembrano meglio equipaggiate per affrontare la crisi.
Gli imprenditori non si aspettano risposte immediate: il 68% degli intervistati ritiene che le conseguenze reali delle imposizioni USA si manifesteranno solo tra sei mesi, tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno 2025.
Settori colpiti: dall’alimentare all’automotive
L’impatto dei dazi varierà significativamente tra i diversi settori. Se l’industria del lusso potrebbe risentirne marginalmente grazie alla bassa elasticità della domanda rispetto ai prezzi, comparti come l’automotive e l’alimentare subiranno un colpo durissimo.
Proprio il settore agroalimentare, considerato il peso delle esportazioni italiane verso gli USA, rischia di essere tra i più danneggiati. Secondo le stime del Codacons, un eventuale rialzo dei prezzi al dettaglio di cibi e bevande in Italia dell’1% determinerebbe un aggravio di spesa annuo per i consumatori di 1,62 miliardi di euro.
Federconsumatori rincara la dose: “I dazi avranno un forte impatto sulle produzioni italiane, in particolare nei comparti della meccanica, della farmaceutica e sui nostri eccellenti prodotti agroalimentari DOP, IGP e STG, come vini e formaggi, molto apprezzati ed esportati oltreoceano”.
Gli effetti sull’export italiano
L’export italiano verso gli Stati Uniti, che rappresenta oltre il 16% delle vendite totali all’estero, potrebbe subire un drastico ridimensionamento. L’Osservatorio nazionale di Federconsumatori stima che “con i dazi a questo livello si rischia una diminuzione di circa l’8%, che la debole domanda interna avrà difficoltà a compensare”.
Il paradosso è che proprio il successo dell’export italiano verso gli USA ci rende più vulnerabili rispetto alla media europea. Nel complesso, Federconsumatori stima “un impatto negativo sul PIL italiano di 6 o 7 decimi, tanto quanto la crescita programmata dal governo”.
La risposta Ue
Fonti europee hanno riferito che i primi controdazi comunitari scatteranno il 15 aprile, seguiti da altri a maggio. Secondo il ministro Antonio Tajani, l’Ue darà “una risposta meno dura di quella che è stata la scelta americana, per dare un messaggio contro l’escalation dei dazi e la guerra commerciale”.
Il presidente francese Macron ha proposto misure più drastiche, suggerendo lo stop degli investimenti francesi ed europei negli Stati Uniti in attesa di “chiarimenti” con la Casa Bianca. Trump, dal canto suo, ha detto che sarebbe disposto “a trattare di fronte a un’offerta fenomenale”.
L’Unione europea sta valutando due principali opzioni di risposta: dazi commerciali o quote all’importazione, che colpirebbero principalmente le merci americane; oppure la tassazione delle società digitali, che potrebbe riguardare le royalties versate negli Stati Uniti, incidendo su un settore in cui l’America è in attivo.
Inflazione e consumi
Oltre al danno diretto sulle esportazioni, i dazi rischiano di innescare una spirale inflazionistica. Il Codacons ha elaborato proiezioni che, a regime, potrebbero determinare un incremento dei prezzi al dettaglio in Italia con una stangata fino a 4,2 miliardi di euro sulla spesa delle famiglie.
“Le aziende potrebbero tentare di scaricare sul mercato interno i minori margini di guadagno all’estero”, avverte Federconsumatori. “Inoltre, i probabili contro-dazi europei sui prodotti USA importati ne aumenteranno i prezzi al consumo”.
Ipotizzando un effetto sul tasso di inflazione italiano dello 0,3%, la spesa delle famiglie, a parità di consumi, aumenterebbe di 2,55 miliardi di euro all’anno. Con un impatto dello 0,5%, la stangata arriverebbe a complessivi 4,23 miliardi.
Un passo indietro per l’economia globale?
Secondo alcuni economisti, la politica protezionistica di Trump potrebbe avere conseguenze negative anche per gli stessi Stati Uniti nel lungo periodo, erodendo la competitività interna e indebolendo la leadership economica americana.
Le tariffe rischiano di ridurre la concorrenza, favorire monopoli e disincentivare l’innovazione, come già accaduto all’industria americana dell’acciaio e dell’auto negli anni ’50 e ’60. Inoltre, le ritorsioni commerciali potrebbero penalizzare le vendite americane all’estero, mentre altri Paesi potrebbero stringere accordi favorendo imprese non americane.
Il rischio, secondo gli analisti, è quello di un ritorno alle politiche isolazioniste degli anni ’30, con una frammentazione del commercio globale in cui ogni Paese cerca vantaggi politici anziché economici, mettendo fine alla tradizione americana di promuovere il libero scambio.
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