Cosa nasconde la nuova campagna di comunicazione di SHEIN? La sua risposta alle leggi anti-fast fashion (per ingannare i consumatori)
Produzione on-demand, pochi sprechi, prezzi super calibrati: Donald Tang, CEO di Shein, è stato in grado di infiocchettare una argomentazione in un’intervista al Journal du Dimanche. A capo della piattaforma di fast fashion cinese dal 2023, Tang ha colto l’occasione per proclamare i suoi buoni propositi. “La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”,...

Produzione on-demand, pochi sprechi, prezzi super calibrati: Donald Tang, CEO di Shein, è stato in grado di infiocchettare una argomentazione in un’intervista al Journal du Dimanche. A capo della piattaforma di fast fashion cinese dal 2023, Tang ha colto l’occasione per proclamare i suoi buoni propositi. “La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”, diceva un vecchio adagio.
In cima alla lista delle preoccupazioni di Tang ci sono il disegno di legge – in Francia – volto a ridurre l’impatto ambientale e a vietare la pubblicità dei marchi di fast fashion e a introdurre una sanzione pecuniaria sui loro prodotti. Così come anche la cancellazione da parte di Trump dell’esenzione “de minimis”, in base alla quale le spedizioni di valore inferiore a 800 dollari (600 sterline) potevano essere importate senza dazi.
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Shein, quindi, si vede minacciata dalle leggi e dalle tasse anti-fast fashion e non è mai stata così vulnerabile. Ragione per cui sta moltiplicando le sue operazioni di comunicazione (e di greenwashing) per difendersi.
La piattaforma ha infatti replicato in una dichiarazione che “rispetta tutte le leggi, i regolamenti e gli obblighi fiscali in vigore in ciascuno dei [suoi] mercati (…), compresa la Francia“. Intanto, nel 2024 sono entrati nel mercato europeo circa 4,6 miliardi di articoli per un valore inferiore a 150 euro, più di 145 al secondo. Di questo totale, il 91% proveniva dalla Cina. Solo per la Francia, l’anno scorso sono stati consegnati 800 milioni di questi pacchi (su un totale di 1,5 miliardi di pacchi).
Le risposte di Shein alle leggi anti-fast fashion (per ingannare i consumatori)
“1 modello di produzione su richiesta… scorte invendute molto basse”
FALSO: Shein vende miliardi di capi di abbigliamento ogni anno. Gli articoli invenduti ammontano a milioni e il marchio non li dichiara tutti.
“Entro il 2030, il 31% del poliestere utilizzato nei prodotti a marchio Shein sarà poliestere riciclato”
GREENWASHING: anche il poliestere riciclato è una piaga, soprattutto perché costituisce la stragrande maggioranza dei prodotti e questi sono monouso. Inquinano sia quando li produciamo sia quando li buttiamo via.
E il 31% entro il 2030 è un obiettivo ridicolo.
“19.500 tonnellate di acqua risparmiate dall’introduzione della tecnologia Cool Transfer Denim Printing nel 2022”
GREENWASHING: si tratta di un’ottima notizia per questa tecnologia, che, però, riguarda lo 0,000001% dei prodotti e ci distrae dal resto.
“200 milioni di euro dedicati al nostro fondo lanciato nel 2024 per sostenere l’innovazione e assistere le aziende francesi ed europee che promuovono la sostenibilità e la circolarità”
GREENWASHING: per un’azienda che genera un fatturato di oltre 30 miliardi, si tratta di una cifra irrisoria, che mira solo a migliorare la propria immagine.
La verità, in tutto questo, è che l’azienda ha raddoppiato le sue emissioni di gas serra in tre anni, detronizzando finanche pionieri del settore come H&M e Zara e rendendo Shein il marchio di abbigliamento che, dal punto di vista delle emissioni di carbonio, oggi inquina di più.
Il suo marketing aggressivo incoraggia il consumo eccessivo di indumenti usa e getta, prodotti in quantità astronomiche, con materiali che contribuiranno al notevole degrado della biosfera, del clima e della nostra salute. Hai voglia ha imbastire comunicazioni lagnose, rimani pur sempre una famelica azienda di fast fashion.
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