Come fare innovazione di un marchio e adattarlo ai cambiamenti: l’impatto delle tecnologie digitali
Anche i marchi hanno bisogno di innovazione per restare significativi. Il brand reloading è un approccio che coinvolge identità, valori, narrazioni. Ecco le azioni da fare e i trend attivati dalla tecnologia L'articolo Come fare innovazione di un marchio e adattarlo ai cambiamenti: l’impatto delle tecnologie digitali proviene da Economyup.

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Come fare innovazione di un marchio e adattarlo ai cambiamenti: l’impatto delle tecnologie digitali
Anche i marchi hanno bisogno di innovazione per restare significativi. Il brand reloading è un approccio che coinvolge identità, valori, narrazioni. Ecco le azioni da fare e i trend attivati dalla tecnologia
Docente di marketing aziendale e internal branding

Anche i marchi hanno bisogno di innovazione per adattarsi ai continui mutamenti del contesto culturale, sociale, economico e tecnologico: il brand reloading è un processo strategico che permette di lavorare per una vera trasformazione del brand. Non si tratta, quindi, semplicemente di operare un superficiale restyling grafico, ma di un’operazione profonda che può coinvolgere elementi quali identità, valori, linguaggi, narrazioni e modalità relazionali del brand verso uno o più target di riferimento.
Innovazione del marchio, che cos’è il brand reloading
l Brand Reloading quindi non è solo un approccio teorico ma un insieme di azioni concrete adatte a qualsiasi brand (sia di piccole/medie dimensioni, sia per le grandi multinazionali) e di qualsiasi industry per lavorare sull’innovazione di un marchio. Nel libro che ho dedicato al tema sono stati analizzati oltre 80 casi diversi e 5 industry (moda, beauty, food, turismo e arte/cinema), grazie all’apporto di oltre 15 autori fra esperti, manager e referenti del mondo accademico, così da costruire sia un buon quadro di riferimento teorico sia una cassetta di attrezzi utili per aggiornare una ampia tipologia di brand.
Le azioni: dall’accountability alla disruptive innovation
L’insieme di queste pratiche è sintetizzato dall’agile (e coniato ad hoc) acronimo ABCDE. A ogni lettera corrisponde un approccio e una serie di azioni concrete: Accountability, Branding al quadrato, Cross-fertilization, Disruptive Innovation, Engagement. Un “fare” che nel volume viene raccontato anche tramite un Visual Summary preso in prestito dal mondo della musica con 5 note (non a caso proprio una serie di FA) che si ripetono su un ideale pentagramma del brand reloading, tra tecniche consigliate e trend del contesto.
Innovare il marchio per renderlo significativo oggi
Il Brand Reloading nella sua dimensione più alta e strategica consente di guardare alla marca come soggetto non solo economico, ma anche culturale e sociale, capace di prendere posizione su temi rilevanti, all’interno di un contesto come quello odierno caratterizzato da continui mutamenti a più livelli: nei consumi, nella comunicazione e nei valori sociali di riferimento.
Il brand reloading, quando ben fatto, rende la marca più pertinente, rilevante e dialogica all’interno di un determinato ecosistema. Elementi quali la partecipazione, la trasparenza e il valore condiviso (sia con il proprio pubblico esterno, sia con quello interno di dipendenti o fornitori) diventano fondamentali.
In estrema sintesi fare brand reloading significa ricaricare e rigenerare la marca per renderla significativa oggi, senza però perdere la sua continuità storica e identitaria. Un equilibrio delicato e sfidante, ma ormai necessario.
L’impatto delle tecnologie digitali sul brand
Le tecnologie digitali hanno trasformato profondamente i contesti in cui le marche operano e comunicano, anche in Italia, rendendo il processo di brand reloading un “must” per almeno tre motivi.
- In primo luogo, assistiamo alla definitiva rottura dei modelli comunicativi top-down: il digitale ha spostato il potere narrativo dai brand ai consumatori che oggi partecipano attivamente alla costruzione del/dei significato/i della marca. Le persone non sono più semplici destinatari ma co-autori, commentatori e interpreti delle narrazioni di marca, non solo a livello individuale ma sotto forma di community.
Un tema che era timidamente emerso già nella prima ricerca sul tema del Brand Reloading condotta nel 2011, col termine UGC (User Generated Content). E che oggi si nutre di nuove sfumature, come quelle del Produsage analizzato nel libro, che individua un nuovo patto fra produttore e consumatore, basato su trasparenza, dialogo e fiducia reciproca.
Il digitale qui diventa non un nemico ma un ottimo alleato per governare al meglio questo sfidante scenario. - In secondo luogo, grazie alle nuove generazioni, si rileva un aumento delle aspettative valoriali: il digitale ha reso più visibili (quindi tracciabili e rintracciabili) i comportamenti delle imprese. Ci si aspetta che i brand prendano posizioni etiche, sociali e culturali (che il guru del marketing Philip Kotler ha definito tempo fa con il termine “Brand Activism”).
Questo, da un lato, richiede un ripensamento della missione e dell’identità del brand (senza cadere nella trappola del greenwashing), dall’altro evidenzia quanto sia utile la valorizzazione comunicativa del “why” teorizzato da Simon Sinek : perché ciò che muove un brand, il suo perché appunto, e non va più tenuto nascosto fra le mura aziendali, ma comunicato e condiviso, all’interno e all’esterno di ciascuna organizzazione.
Un cambio di passo culturale, che ho voluto indicare come “starting point” del brand reloading, è non a caso rappresentato dal primo lemma del pentagramma ABCDE, ovvero l’Accountability nel senso di rendere conto con numeri, report ma anche con azioni concrete e visibili ai più e che possono spaziare dalle certificazioni oggettive verso stakeholder e clienti fino alle azioni che diventano soluzioni alla fase di ascolto delle concrete esigenze dei dipendenti. - Infine, post Pandemia, le tecnologie digitali hanno influenzato motivazioni e comportamenti di acquisto. I brand hanno dovuto e anche per lo più imparato ad essere (o aver compreso di doverlo fare) agili, reattivi e capaci di adattarsi a questi nuovi modelli. Il tutto avviene spesso tramite un approccio phygital, dove l’offline diventa partner dell’online, quindi il fisico appare non come una zona d’ombra ininfluente ma come un efficace partner del mondo digitale. Il brand reloading al proposito può essere visto come una risposta strategica all’accelerazione del cambiamento digitale, aiutando la marca a riattivare la propria capacità di significare, di farsi ascoltare e di generare fiducia, potenziando anche tutto il settore “fisico” grazie (quindi insieme) al digitale.
A proposito, sul fronte retail, emblematico il caso del Travel Innovation Hub di Bluvacanze, dove si percepisce quanto il brand reloading sia un reale e concreto approccio in chiave comunicativa e di business, culturale e relazionale insieme, potenziato dalle tecnologie.
Questo luogo è infatti caratterizzato da una dimensione polifunzionale dove il brand attiva, sia offline sia online, forme nuove di connessione con il pubblico. Siamo di fronte a un innovativo approccio al consumo di vacanze e a un nuovo modello di relazione con i clienti, grazie anche a un’efficace integrazione tra esperienza fisica e digitale.
I nuovi trend attivati dalla tecnologia
Volendo approfondire ulteriormente l’approccio del brand reloading attivato tramite la tecnologia sul fronte della comunicazione, abbiamo rilevato anche la nascita di nuovi trend soprattutto nel mondo della moda (ma non solo)., che confermano la necessità di lavorare sull’innovazione del marchio.
Un primo emblematico è il “Social Brand”: si tratta di una marca che nasce direttamente sui social media (Instagram e TikTok). I founder, prima ancora di registrare legalmente il marchio, hanno costruito una community digitale (per lo più di nativi digitali) raccontando la propria storia sui social, creando un legame emotivo con il pubblico. Poi dall’online si sono spostati all’offline (invertendo logiche tradizionali che vedono prima la costituzione offline e poi digitale). Caso esemplare: Martina Strazzer e il brand Amabile.
Abbiamo rilevato nel settore Food altre forme di reloading “al contrario”, ovvero quando il brand nasce e si sviluppa grazie al (e nel) digitale, per poi espandersi nel fisico. Un esempio fra i vari casi analizzati, quello di Benedetta Rossi che ha trasformato il suo blog e canale YouTube “Fatto in casa da Benedetta” in un impero multicanale, con libri, TV e prodotti brandizzati che hanno letteralmente invaso l’offline…
E per mostrare l’impatto positivo attivabile da un concreto brand reloading anche grazie alle tecnologie abbiamo riservato attenzione anche all’industry dell’arte e del cinema, dove si rileva un vero e proprio cultural reloading.
Anche le istituzioni museali, infatti, stanno sempre più ricorrendo a strategie digitali (come per qualsiasi altro brand) per rinnovare la propria immagine e coinvolgere nuove generazioni con l’apporto dei social media, dalla Gallerie degli Uffizial Museo del Prado, fino alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Mentre il cinema sta iniziando ad adottare logiche da branding, trasformando le sale con un approccio in chiave di experience marketing per creare una netta distinzione dalla visione domestica di un film grazie anche a location multifunzionali e ingaggianti capaci di offrire anche nuovi servizi.
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