Come cambiare se stessi per salvare il clima

Quali sono le responsabilità dei singoli individui nella crisi del clima? E quali sono gli ostacoli che impediscono di considerare il danno globale generato da comportamenti e stili di vita abituali? Li analizza nel suo libro Francesca Pongiglione, direttrice dello European Centre for Social Ethics L'articolo Come cambiare se stessi per salvare il clima sembra essere il primo su Galileo.

Apr 26, 2025 - 16:39
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Come cambiare se stessi per salvare il clima

I problemi del clima e del riscaldamento globale del pianeta, delle sue origini e della sua possibile mitigazione sono ancora oggetto di dibattiti e discussioni, non tanto a livello scientifico quanto a livello politico. Francesca Pongiglione, direttrice dello European Centre for Social Ethics, si propone in questo libro di analizzarli spostando l’attenzione dal livello generale a quello delle possibilità individuali, cercando di capire cosa ciascuno potrebbe o dovrebbe fare per contribuire a contenere l’effetto serra che ne è la causa predominante.

Francesca Pongiglione, L’emergenza climatica. Ripensare l’individuo in un mondo che cambia, Il Mulino, Saggi 2025, Pp. 194, €20,00

Il cambiamento del clima

Considerazioni scientifiche ed etiche, problematicità individuali e sociali, giustificazioni di vario tipo sono presentate dall’autrice con ricchezza di esempi e ampia documentazione bibliografica. Tuttavia le ipotesi di cambiamento del clima non sono bene accolte da chi non vuole sentirsi responsabile di una situazione che coinvolge tanto il presente quanto il futuro, e molte sono le ragioni comunemente addotte per non modificare il proprio stile di vita.

Clima: l’aumento delle emissioni

La maggior parte dei climatologi sostiene e documenta l’origine antropogenica del riscaldamento globale attribuito all’aumento della emissione (non solo industriale) di gas serra. Queste variano moltissimo a seconda del paese di provenienza, dello stile di vita, del livello socioeconomico, del regime alimentare delle popolazioni, e spesso i paesi poveri subiscono danni generati degli stili di vita dei paesi più ricchi. Non è facile compensare questi divari e chiedere ai paesi poveri di ridurre le emissioni spesso equivale a negare loro proprio le possibilità di sviluppo. Ma il cambiamento del clima sta superando i limiti tollerabili e le previsioni sulle sue conseguenze in un futuro prossimo sono sostanzialmente condivise a livello internazionale, tanto che l’ultima conferenza tenuta a Baku nel 2024 poneva l’obiettivo di controllare il fenomeno e di mitigarne le conseguenze accelerando la transizione ecologica e abbandonando i combustibili fossili. Eppure, nonostante gli auspici, conferenze, disposizioni internazionali e protocolli sul clima non hanno ancora portato a risultati realmente risolutivi.

Le responsabilità individuali

Dal momento che il problema coinvolge tutti, si possono allora immaginare responsabilità dei singoli individui e indagare sulle ragioni per cui queste responsabilità non vengono di solito accettate. Il lavoro di Pongiglione si rivolge proprio ad analizzare gli ostacoli che impediscono di considerare il danno globale generato da comportamenti e stili di vita abituali. Gli ostacoli sono tanti, dalla mancata percezione di un rischio effettivo a una generica e incontrollata paura a fare azioni apparentemente inutili, fino a una inerzia o pigrizia che si oppone a qualsiasi cambiamento di stili di vita. Sono molto interessanti le riflessioni sulla responsabilità di chi contribuisce, nella sua vita quotidiana, alla emissione di gas serra. Se non si conoscono le conseguenze future di un proprio comportamento si può esserne colpevoli? O è colpevole proprio il fatto di non conoscere queste conseguenze? E verso chi si è colpevoli? Verso un prossimo sconosciuto, verso le generazioni future, o verso se stessi? In generale si attribuisce responsabilità morale agli individui che agiscono intenzionalmente e con cognizione di causa, e perché una azione possa essere classificata come dannosa deve effettivamente arrecare un danno tangibile a qualcuno di specifico.  Consumare bistecche a pranzo a chi arreca danno tangibile?

Danni e vantaggi

Non si tratta solo di questo: rinunciare alla propria bistecca a chi porta vantaggio? Una delle ragioni del disimpegno morale è proprio la lunga catena di azioni legittime che collegano ogni individuo alle sue “vittime”, cioè a coloro che subiscono un danno da certi comportamenti. E se da una parte non c’è nessuna legge scritta che le vieta, dall’altra ogni azione singola ha esiti talmente piccoli da risultare impercettibili. Esiste allora un dovere morale che impone di comportarsi in un certo modo, e ha senso biasimare chi non ci si attiene? Alcuni studiosi concludono che non è possibile attribuire all’individuo il dovere di ridurre le sue emissioni, altri sostengono che occorre agire sulla dimensione collettiva per raggiungere risultati significativi.

Una prospettiva di etica ambientale

Il problema è ovviamente complesso e va analizzato non tanto in una dimensione giuridica quanto in una dimensione etica. All’azione collettiva si dovrebbe affiancare una azione individuale, pur nella consapevolezza che ridurre le proprie emissioni non ha un costo zero, e che per farlo occorre spesso sacrificare altri interessi. L’autrice propone allora un modello di azione inconsequenziale, che fa ritenere alcune azioni senza conseguenze tangibili ma comunque non indifferenti sullo stabilizzarsi di beni comuni, come per esempio sulla riduzione del riscaldamento globale. L’essere umano, sostiene, è in grado di porsi degli obiettivi, di imporsi dei doveri “imperfetti” e realizzarli da sé, senza aspettare imposizioni da altri e modulando le proprie azioni nel desiderio di raggiungerli. Si può agire in una prospettiva di etica ambientale, modificando il proprio rapporto con la natura e in particolare con l’umanità, avendo a cuore il futuro del pianeta e dando significato alle proprie azioni. Si può cercare di essere quel tipo di persona che merita stima, che prova empatia per il suo contesto curando il proprio impatto ambientale e, conclude Pongiglione, coltivando, riscoprendo e promuovendo una sorta di virtù Kantiana che pone a sé stessi dei limiti da rispettare.

Tra Confucio e i nativi americani

Nell’ultimo capitolo l’autrice propone, tra i modelli etici a cui si potrebbe avvicinare la visione della ecologia profonda occidentale, il confucianesimo che definisce i rapporti tra l’Uomo, la Terra e il Cielo in una prospettiva di rispetto reciproco e profonda connessione. Un altro modello di riferimento è rappresentato dalla etica dei nativi americani, che vivono delle risorse naturali senza sfruttamento o volontà di predominio, consapevoli della relazione sacrale che lega esseri animati e inanimati. In occidente, Naes e Carson hanno suggerito revisioni radicali del rapporto uomo-ambiente in una visione non antropocentrica, non solo per superare la crisi climatica ma per sollevare non poche popolazioni dalla soglia di povertà e proporre loro uno sviluppo sostenibile. Le società negli ultimi anni sono cambiate, conclude Pongiglione, e si vedono alcuni effetti della nuova cultura ecologica che sta modificando la relazione tra gli individui e il loro ambiente, stimolando le persone a comportarsi in modo da diventare quello che vogliono essere. Non occorre arrestare la crescita economica per risolvere i problemi ambientali, ma a partire dalla vita domestica non c ‘è altro modo di cambiare la società se non cambiando sé stessi.

Credits immagine: Buddy Photo su Unsplash

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