Città della Salute, luminari universitari in fuga: colpa della burocrazia o della voracità?
L’esercizio dell’Alpi (Attività Libero Professionale Intramuraria) è il modo in cui la sanità pubblica ha teso a garantire agli assistiti il diritto di potersi scegliere “a pagamento” il medico specialista all’interno delle strutture pubbliche. Il medico dipendente può svolgere l’Alpi nelle strutture ospedaliere (intramoenia) in aggiunta all’orario di lavoro. Con sempre maggiore facilità, i medici […] L'articolo Città della Salute, luminari universitari in fuga: colpa della burocrazia o della voracità? proviene da Il Fatto Quotidiano.

L’esercizio dell’Alpi (Attività Libero Professionale Intramuraria) è il modo in cui la sanità pubblica ha teso a garantire agli assistiti il diritto di potersi scegliere “a pagamento” il medico specialista all’interno delle strutture pubbliche. Il medico dipendente può svolgere l’Alpi nelle strutture ospedaliere (intramoenia) in aggiunta all’orario di lavoro. Con sempre maggiore facilità, i medici ospedalieri possono esercitare l’Alpi presso strutture esterne (extramoenia), purché non concorrenti con il servizio pubblico. Non è consentito l’Alpi in strutture accreditate presso il Ssr, per evitare conflitti di interesse.
Due anni fa la Procura di Torino ha aperto una inchiesta sull’operato dei vertici dell’AOU-Città della Salute – meglio conosciuta come Ospedale Molinette e collegati – perché l’Azienda non avrebbe riscosso il contributo del 5% (Legge Balduzzi) applicato sulle prestazioni rese in intramoenia, determinando un considerevole ammanco nelle entrate, tale da mettere in dubbio la veridicità dei bilanci aziendali. A indagini chiuse, 16 dirigenti e amministratori dell’AOU Città della Salute affronteranno l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio.
Dalle dichiarazioni rese nel corso degli interrogatori, in particolare dall’ultima direttrice amministrativa, sono nati altri due filoni di indagini, ancora in corso. Riguarderebbero l’utilizzo “disinvolto” delle carte di credito aziendali e l’attività di intramoenia resa quando ancora i medici interessati erano in servizio. Avrebbero, cioè, esercitato “a pagamento” durante l’orario di servizio ospedaliero per cui percepiscono lo stipendio da dipendenti.
I giornali, locali e nazionali, dell’inchiesta se ne sono occupati parecchio e ripetutamente anche oggi. La politica molto meno, tende a fare finta di nulla, maggioranza e opposizioni, tanto che né Regione né Città della Salute risultano essersi ancora costituite parte civile. Questo nonostante il danno cagionato dalle condotte illecite.
Intanto il nuovo Assessore regionale alla Sanità ha nominato a capo della Città della Salute un Commissario, in servizio dal 1° marzo. Fra i suoi primi interventi, quello di riportare all’interno della struttura ospedaliera l’esercizio dell’Alpi, forse per meglio controllare il flusso di medici, pazienti e fatture, controllo ben più difficile da effettuare per le prestazioni in strutture private. Viste le liste d’attesa chilometriche, il Commissario, come prevede la legge, ha chiesto alla dirigenza medica uno sforzo ulteriore per ridurre la forbice dei tempi di attesa fra l’attività ordinaria e quella di Alpi.
Le polemiche hanno preceduto il ritorno del nuovo Commissario nel mondo della sanità piemontese. Da lì in poi un crescendo, fino ad arrivare al clou dei giorni scorsi: l’ex Assessore alla Sanità Icardi, attuale Presidente della IV Commissione Sanità del Consiglio Regionale, ha presentato una proposta di legge specifica per liberalizzare ulteriormente l’Alpi. Nel periodo 2029-2024, durante il suo mandato di assessore, era già intervenuto a favore delle strutture private. Nell’ultima, la DGR n. 11-8042/2023, ha addirittura eliminato tutti i vincoli ad esercitare l’Alpi fuori dagli ospedali pubblici, rimuovendo il divieto di operare in strutture la cui proprietà è riconducibile a persone fisiche o giuridiche che controllano strutture convenzionate con il Ssr.
A leggere la sua proposta di legge, sembra che a Icardi interessi bloccare il Commissario della Città della Salute, facendo nel contempo uno sgambetto al suo successore all’assessorato alla Sanità regionale. Politichetta, sembrava.
Buon ultimo entra in pista il consigliere regionale Pd Daniele Valle per denunciare la “fuga dei luminari” dalle Molinette. Non basta: sottoscrive la proposta Icardi, lasciando intendere che la “fuga dei luminari” è causata dalle limitazioni poste dal Commissario. Forse non sa che le regole esistevano prima del Commissario e che le scelte dei luminari risalgono a prima del suo arrivo. Si accoda alle polemiche anche la Direttrice della Scuola di Medicina dell’Università di Torino: solidarizza con i “luminari in fuga”, colpa della “burocrazia ipertrofica dell’Azienda”.
Dati Molinette (fonte: sito istituzionale) sui compensi Alpi 2023, relativamente ai medici “universitari”: i tre al top hanno incassato per l’Alpi rispettivamente €779.690, € 552.955 e € 506.113, gli altri a scendere. Questo oltre agli stipendi (docente universitario + dirigente medico). Con un semplice calcolo si evince che, se avessero lavorato in Alpi er 37 ore in aggiunta alle 38 da contratto, cioè 75 ore la settimana, ogni loro visita sarebbe costata al paziente rispettivamente € 451, € 320, € 293. I medici ospedalieri non universitari viaggiano su livelli di gran lunga inferiori, anche quando sono dei luminari. Eppure “fuggono” in pochi, scappano solo quelli universitari. Mistero.
Parlare di sanità, di intramoenia o di extramoenia, almeno a Torino comporta considerare per forza ciò che emerge dalle indagini della Procura della Repubblica. Oltretutto molti di coloro che rischiano il rinvio a giudizio appartengono alla Torino che conta, spesso parenti o sodali di persone che ricoprono ruoli importanti nella politica, nella finanza e nella sanità piemontese. Dove erano quando i bilanci della Csst erano compilati con troppa fantasia? Non hanno visto nulla? E perché sono così reticenti a parlarne ora che qualcuno sta facendo luce su quei fatti tanto dannosi per i piemontesi?
Nulla da eccepire sui meriti personali, ma senza l’Università pubblica che li ha formati e senza le strutture ospedaliere che il pubblico ha messo loro a disposizione, i “luminari in fuga” con tutta probabilità non lo sarebbero mai diventati. C’è un limite anche alla voracità, chi vuole può sempre rinunciare al cappello e allo stipendio della sanità pubblica.
Alcuni dirigenti medici della Città della Salute nel 2023 hanno avuto compensi lordi superiori al Presidente della Corte Costituzionale, il più alto in Italia. Il disastro prodotto è nelle carte delle inchieste e nelle lunghezze della lista d’attesa. Non basta ancora?
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