Chromoterapia, la mostra senza paura (del colore)
Se il mondo attuale, tra guerre e tensioni, vi appare troppo grigio, a Villa Medici a Roma c’è quello che fa per voi. Abituati ormai ad abiti monocromatici, interni minimalisti e post di Instagram dominati da tinte smorte, sembra che la società moderna abbia sviluppato paura per il colore. Per fortuna, Villa Medici risveglia le […] L'articolo Chromoterapia, la mostra senza paura (del colore) proviene da Il Fatto Quotidiano.







Se il mondo attuale, tra guerre e tensioni, vi appare troppo grigio, a Villa Medici a Roma c’è quello che fa per voi.
Abituati ormai ad abiti monocromatici, interni minimalisti e post di Instagram dominati da tinte smorte, sembra che la società moderna abbia sviluppato paura per il colore. Per fortuna, Villa Medici risveglia le nostre retine con Chromotherapia, una mostra che trasforma la fotografia a colori in un’esperienza terapeutica.
Curata da Maurizio Cattelan e Sam Stourdzé, questa esplosione visiva è scoppiata il 28 febbraio ma perdurerà fino al 9 giugno 2025. Racconta per immagini un secolo di sperimentazioni cromatiche attraverso diciannove artisti che hanno usato il colore non solo come elemento realistico, ma per stravolgere le regole stesse dell’immagine.
La fotografia a colori è spesso stata considerata con un certo snobismo dagli amanti del bianco e nero. Troppo pubblicitaria, troppo pop, troppo “facile” rispetto alla solennità delle ombre e delle gradazioni di grigio. Eppure, fin dai primi esperimenti con l’autochrome dei fratelli Lumière nel 1907, il colore ha dimostrato di avere un potere espressivo devastante.
A testimoniarlo, troviamo qui alcuni giganti della fotografia cromatica: Miles Aldridge e la sua estetica ipersatura, che sembra uscita da un incubo patinato; Erwin Blumenfeld, che ha reso la moda arte surreale; Guy Bourdin, che trasforma ogni scatto in una provocazione; Juno Calypso, con il suo rosa superkitsch per mettere alla berlina gli stereotipi sulla femminilità.
Poi ci sono i maestri della narrativa visiva, come Arnold Odermatt, il poliziotto svizzero che documentava gli incidenti stradali: Con una precisione pittorica, trasforma i fanalini delle auto squagliati dagli incendi in estetica tragica. Come Martin Parr, che con il suo stile satirico racconta la società dei consumi trasformando in un’opera d’arte un piatto di patatine fritte.
Ci sono, ovviamente tanti animali. William Wegman, con i suoi weimaraner vestiti da intellettuali è diventato un’icona della fotografia contemporanea; Walter Chandoha, invece, è il re della fotografia felina, capace di rendere un gatto più espressivo di un attore hollywoodiano (a volte è facile).
Parlando di colore all’estremo, non si può non citare Toiletpaper, il magazine di quel burlone di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari che ha reso il grottesco una forma d’arte. Nelle loro creazioni il colore non è solo vibrante, è urlato, sbattuto in faccia allo spettatore con un’ironia dissacrante che trasforma ogni immagine in un cortocircuito visivo. L’obiettivo di Chromotherapia è chiaro, restituire al colore il suo potere di raccontare il mondo senza paura di esagerare. In un’epoca in cui tutto sembra voler essere sobrio e raffinato, questa mostra è un inno al coraggio visivo.
[Foto autorizzate dall’ufficio stampa]
L'articolo Chromoterapia, la mostra senza paura (del colore) proviene da Il Fatto Quotidiano.