“Bianca Balti sapeva di essere predisposta al tumore ovarico, ma scelse di non operarsi perché avrebbe voluto un’altra gravidanza”: parla l’oncologa

La prof.ssa Domenica Lorusso, in un incontro a Milano, parla del caso della modella, che aveva rinunciato all'asportazione di tube e ovaie per il desiderio di un'altra gravidanza: "Il tumore ovarico è un killer silenzioso, ma la ricerca fa passi avanti" L'articolo “Bianca Balti sapeva di essere predisposta al tumore ovarico, ma scelse di non operarsi perché avrebbe voluto un’altra gravidanza”: parla l’oncologa proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 4, 2025 - 11:32
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“Bianca Balti sapeva di essere predisposta al tumore ovarico, ma scelse di non operarsi perché avrebbe voluto un’altra gravidanza”: parla l’oncologa

Bianca Balti sapeva di essere predisposta allo sviluppo di un tumore ovarico, ma scelse di non togliere l’ovaio e le tube perché avrebbe voluto un’altra gravidanza“. A parlare è Domenica Lorusso, professore ordinario all’Humanitas University di Rozzano e direttore dell’Unità operativa di Ginecologia oncologica medica di Humanitas San Pio X, durante un incontro a Milano dedicato ai tumori eredo-familiari. “Oggi combatte con una malattia importante, con tutte le conseguenze che questo sta comportando. E lei, molto trasparentemente, ha denunciato la sua scelta e probabilmente oggi farebbe una scelta diversa”, ha spiegato nel corso del convegno, come riferisce l’Adnkronos che riporta il suo intervento.

Il caso di Bianca Balti, così come quello di Angelina Jolie, che ha dichiarato apertamente di essere portatrice di una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 (i cosiddetti “Geni Jolie“), ha contribuito ad aumentare la consapevolezza sull’importanza della prevenzione per il tumore ovarico, un “killer silenzioso” che spesso viene diagnosticato in stadio avanzato. “Il tumore ovarico è per definizione una malattia multifattoriale“, spiega la prof.ssa Lorusso. “Circa il 15% di tutti i tumori è legato a mutazioni genetiche. In particolare, il 20% dei tumori ovarici sierosi di alto grado (i più comuni) può essere legato alle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2″. Ma, precisa l’esperta, “BRCA1 e BRCA2 non sono gli unici geni che predispongono al tumore: la lista si allunga ogni anno. […] Anzi, la lista si allunga sempre più, al punto che oggi pensiamo che uno su due tumori ovarici sierosi di alto grado possa avere in qualche modo una componente di ereditarietà“. È importante chiarire, sottolinea la prof.ssa Lorusso, che “la mutazione non trasmette il tumore, ma una maggiore predisposizione, un rischio aumentato di ammalarsi di alcuni tumori, inclusi tumori dell’ovaio, del seno, del pancreas, alcuni melanomi, il tumore della prostata nell’uomo”.

Cosa fare, dunque, se si scopre di avere una mutazione? “Mettere in atto strategie di prevenzione primaria o secondaria per intercettare la malattia”. La prevenzione primaria consiste nell’asportazione preventiva dell’organo a rischio (mastectomia o annessiectomia, cioè rimozione di tube e ovaie). La prevenzione secondaria, invece, prevede controlli periodici per individuare precocemente l’eventuale insorgenza della malattia.

“Per il tumore al seno esiste la mammografia ed eco mammaria e anche con la risonanza magnetica”, spiega Lorusso. “Ma per il tumore all’ovaio la prevenzione secondaria è meno efficace”. Nonostante le linee guida raccomandino ecografia e dosaggio del CA 125 (un marcatore tumorale) ogni 6 mesi, “anche con questa sorveglianza noi non riusciamo a trovare il tumore in uno stadio iniziale e ad aumentare la sopravvivenza”, ammette l’esperta. “Perché il tumore ovarico è un tumore molto veloce e anche facendo l’ecografia ogni 6 mesi, lo troviamo nell’80% dei casi in una forma avanzata“, al “terzo-quarto stadio, quando ha già colonizzato il peritoneo”.

I sintomi, inoltre, sono spesso aspecifici: “Mal di pancia, gonfiore addominale, difficoltà digestive, raramente perdite ematiche”, che vengono facilmente confusi con quelli di altre patologie. Ecco perché, ribadisce la prof.ssa Lorusso, “la prima ‘arma’ contro questa neoplasia è la prevenzione primaria: se so di avere questa mutazione, devo togliere le tube e le ovaie entro i 40 anni se la mia mutazione è su BRCA1 ed entro i 42 se la mia mutazione è di BRCA2″.

Ma come scoprire se si è portatori di una mutazione? “Un tempo noi offrivamo il test genetico solo alle donne in età giovane, in cui il tumore insorgeva prima dei 40 anni, oppure alle donne che avevano una familiarità di primo grado”, spiega Lorusso. “In realtà abbiamo scoperto che circa un 30% dei tumori legati alla mutazione insorge in donne senza storia di familiarità e in età avanzata. Per cui abbiamo cambiato il paradigma e oggi nel tumore ovarico il test del BRCA lo facciamo a tutte. Se lo troviamo nel tumore, lo cerchiamo nel sangue. E se è nel sangue vuol dire che è ereditario e a quel punto studiamo tutte le famiglie”.

Nonostante la difficoltà di una diagnosi precoce, la ricerca ha fatto passi da gigante nel trattamento del tumore ovarico. “Oggi abbiamo le terapie di mantenimento, farmaci che prolungano il beneficio della chemioterapia puntando a intercettare e scongiurare la recidiva. Si va molto verso la personalizzazione delle cure, che parte dal DNA”, spiega l’esperta. E per il futuro? “Stiamo studiando una nuova classe di farmaci che si chiamano anticorpi farmaco-coniugati”, conclude Lorusso. “Si lega un chemioterapico a un anticorpo e l’anticorpo riconosce un recettore espresso sulla cellula tumorale, si lega, internalizza il farmaco che viene liberato all’interno della cellula tumorale”.

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