Beko, Urso annuncia: intesa azienda-sindacati e tutti i siti salvi. Ma la firma non c’è e Siena si fermerà
Quantomeno si tratta di una fuga in avanti. No un vero e proprio bluff, perché in fondo la situazione è certamente migliore rispetto al punto di partenza. Ma le firme ancora non ci sono, i sindacati mantengono un profilo bassissimo, parlando di un “testo preliminare” e in realtà una fabbrica resta appesa alla consueta ipotesi […] L'articolo Beko, Urso annuncia: intesa azienda-sindacati e tutti i siti salvi. Ma la firma non c’è e Siena si fermerà proviene da Il Fatto Quotidiano.

Quantomeno si tratta di una fuga in avanti. No un vero e proprio bluff, perché in fondo la situazione è certamente migliore rispetto al punto di partenza. Ma le firme ancora non ci sono, i sindacati mantengono un profilo bassissimo, parlando di un “testo preliminare” e in realtà una fabbrica resta appesa alla consueta ipotesi di reindustrializzazione che comporterà ammortizzatori sociali, altri esuberi e – si spera – una reale ripartenza alla fine delle ulteriori lacrime-e-sangue che verranno chieste alle lavoratrici e ai lavoratori. È questa la realtà dietro quella che il ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso, ha spacciato già come un’intesa raggiunta tra Beko e i sindacati metalmeccanici nell’ultimo incontro sulla vertenza nata dall’annuncio di 1.935 esuberi da parte dell’azienda turca con la chiusura di due fabbriche – Comunanza e Siena – e di una linea di produzione a Cassinetta di Biandronno, in provincia di Varese.
Le “fonti” del ministero, formula magica e sempre buona per anticipare quel che in realtà ancora non è definito, hanno annunciato martedì mattina il raggiungimento di una “intesa” tra azienda, sindacati e governo che prevede più di 300 milioni di euro di investimenti e il mantenimento in attività di tutti gli stabilimenti. Non ci sarà nessun licenziamento collettivo, saranno ridotti di oltre la metà di esuberi originariamente previsti e verranno gestiti con uscite volontarie incentivate. Circa un terzo riguarderà le Marche: 257 persone a Fabriano tra uffici e stabilimento produttivo, altri 80 operai a Comunanza. Inoltre, hanno spiegato sempre le stesse fonti, lo stabilimento di Siena sarà acquistato da Invitalia con il Comune e sarà avviato subito il processo di reindustrializzazione. Tutto benissimo, no?
La realtà è molto diversa. Innanzitutto: la firma ancora non c’è. Urso, insomma, si è venduto la chiusura della trattativa senza considerare la volontà dei lavoratori. Quantomeno uno sgarbo istituzionale. Fiom, Uilm, Fim e Uglm non hanno siglato l’accordo, riservandosi di farlo dopo le assemblee negli stabilimenti e un referendum tra le lavoratrici e i lavoratori sui punti concordati al ministero. Dunque non esiste al momento alcuna certezza: non c’è un nero su bianco che chiude definitivamente la vertenza, arriverà – forse il 14 aprile – solo dopo il via libera dei diretti interessati. In secondo luogo, restano comunque un migliaio di posti di lavoro persi che verranno gestiti con incentivi all’uscita fino a 90mila euro e pre-pensionamenti. Terzo: Siena cesserà la produzione alla fine del 2025, poi inizierà la ricerca di un investitore per reindustrializzare il sito che al momento occupa 299 dipendenti. Non c’è, ovviamente, alcuna certezza che quei posti di lavoro saranno tutti salvati nel lungo periodo dall’acquirente e in ogni caso, fino alla ripartenza, sarà necessaria ulteriore cassa integrazione per gli operai.
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