Basta speculare sulla memoria dei fratellini Bibas! Uno schema utile solo alla propaganda

“Se potessi dire una cosa a tutti, parlando a nome della famiglia Bibas, direi semplicemente: taci.” Con queste parole, dure e inequivocabili, Ofri Bibas, zia dei due fratellini israeliani uccisi, ha intimato a Netanyahu di smettere di speculare sulla tragedia della sua famiglia. Nonostante le ripetute richieste dei parenti, Netanyahu ha continuato a usare la […] L'articolo Basta speculare sulla memoria dei fratellini Bibas! Uno schema utile solo alla propaganda proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 3, 2025 - 19:14
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Basta speculare sulla memoria dei fratellini Bibas! Uno schema utile solo alla propaganda

“Se potessi dire una cosa a tutti, parlando a nome della famiglia Bibas, direi semplicemente: taci.”

Con queste parole, dure e inequivocabili, Ofri Bibas, zia dei due fratellini israeliani uccisi, ha intimato a Netanyahu di smettere di speculare sulla tragedia della sua famiglia. Nonostante le ripetute richieste dei parenti, Netanyahu ha continuato a usare la morte dei Bibas per fini propagandistici, arrivando persino a rivelare dettagli che la famiglia non aveva ancora ricevuto ufficialmente dalle autorità competenti.

La questione è anche legale: la famiglia Bibas ha inviato una diffida al governo israeliano, chiedendo di smettere di strumentalizzare questa tragedia. Israele ha sostenuto che la madre e i due bambini siano stati uccisi a mani nude da Hamas, una dichiarazione drammatica ma priva di prove concrete. Hamas, invece, ha dichiarato fin dallo scorso novembre che la famiglia è stata uccisa in un bombardamento israeliano su Gaza quel mese.
Solo pochi giorni fa, infatti, il portavoce militare israeliano Daniel Hagari ha ammesso che Israele sapeva da mesi che i Bibas erano morti, ma aveva scelto di non rivelarlo. Perché? Perché il dubbio sulla loro sorte era più utile alla propaganda di guerra. Questo tipo di manipolazione dell’informazione non è un caso isolato, ma segue uno schema ben preciso.

Un anno e mezzo di menzogne

Israele ha ripetutamente diffuso informazioni false per giustificare il genocidio. Tra le più eclatanti, vi è la storia dei bambini decapitati. La notizia è stata rilanciata dai principali media internazionali e persino da Joe Biden. Tuttavia, quando sono state chieste prove, Israele ha dovuto ammettere di non averne.

Un altro esempio riguarda l’accusa di stupri di massa. Ad oggi, non è stata fornita alcuna prova. Persino le Nazioni Unite, dopo mesi di indagini, hanno dichiarato di non poter verificare tali accuse. Un caso analogo riguarda la distruzione degli ospedali di Gaza. Israele ha sostenuto di averli bombardati perché Hamas li usava come basi militari. Ma, dopo aver distrutto tutti gli ospedali e raso al suolo Al-Shifa, il più grande della regione, non è stata trovata alcuna infrastruttura militare, solo pazienti e medici uccisi.

Il governo israeliano ha usato lo stesso schema anche con la famiglia Bibas. Una narrazione scioccante, diffusa senza prove, per generare indignazione immediata e giustificare attacchi indiscriminati. Quando poi la verità emerge, il danno è già fatto.

C’è un’altra domanda fondamentale: che senso avrebbe avuto per Hamas uccidere proprio questi due bambini? Fino a oggi, Hamas ha rilasciato diversi ostaggi israeliani, tra cui soldati, tutti vivi e in buone condizioni. Questo non è casuale, ma risponde a due logiche precise. La prima è valoriale: secondo i principi dell’Islam, a cui il movimento palestinese si ispira, i prigionieri di guerra devono essere trattati con umanità, e infatti tutti gli ostaggi liberati hanno dichiarato di non essere stati torturati o maltrattati.

La seconda è strategica. Hamas è militarmente più debole di Israele e gli ostaggi rappresentano la sua principale arma di pressione nei negoziati. Per questo, li ha mantenuti in vita e rilasciati con attenzione. Sarebbe del tutto illogico che, dopo aver liberato soldati israeliani, responsabili dei massacri commessi, sani e salvi, avesse deciso di uccidere proprio due bambini.

Se si analizzano i fatti, appare evidente chi è stato a radere al suolo una regione e ad uccidere 18 mila bambini in un anno.

Il razzismo della memoria

Mentre in Israele la famiglia Bibas ha rifiutato la presenza di esponenti del governo ai funerali, in Italia la Comunità Ebraica di Roma ha organizzato una cerimonia pubblica per commemorare la loro morte. Un evento emotivamente toccante, ma segnato da un’enorme ipocrisia.

In questi mesi, 18.000 bambini palestinesi sono stati uccisi, tra cui sei neonati morti di freddo nelle tende proprio il giorno stesso di questo evento, eppure nessuna cerimonia è stata organizzata per loro. Nessuna condanna collettiva, nessuna preghiera, nessuna commemorazione. Le loro vite, semplicemente, non sono considerate degne.

A questo doppio standard ha contribuito anche Liliana Segre, presente alla cerimonia. La senatrice a vita, simbolo della memoria storica, in passato si è espressa per la tutela di tutti, pur non prendendo una posizione politica. Tuttavia, mesi fa, ha dichiarato che accusare Israele di genocidio sarebbe una “bestemmia”, un’affermazione diversa dalla valutazione della Corte Internazionale di Giustizia, che invece ha ritenuto l’accusa fondata su prove plausibili. Questa disparità di attenzione riservata alle vittime solleva un interrogativo delicato: la memoria può davvero essere così selettiva, o dovrebbe includere tutti senza distinzioni?

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