Banche: i sette peccati capitali del risiko italiano

L’attuale risiko bancario sembra essere affetto, più di quelli che lo hanno preceduto nel 2020 tra Intesa e Ubi, nel 2007 tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi e tra UniCredit e Capitalia, da una serie di peccati che paiono richiamare i sette vizi capitali (ira, avarizia, invidia, superbia, gola, accidia, lussuria). Il primo peccato è... Leggi tutto

Mar 20, 2025 - 11:31
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Banche: i sette peccati capitali del risiko italiano

L’attuale risiko bancario sembra essere affetto, più di quelli che lo hanno preceduto nel 2020 tra Intesa e Ubi, nel 2007 tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi e tra UniCredit e Capitalia, da una serie di peccati che paiono richiamare i sette vizi capitali (ira, avarizia, invidia, superbia, gola, accidia, lussuria).

Il primo peccato è la presenza di partecipazioni incrociate tra le banche e i maggiori azionisti coinvolti, che rendono il tutto più intricato e meno chiaro: più che gioco dell’opa parrebbe un gioco dell’oca in cui a vincere non è il più bravo ma il più fortunato nel lancio dei dadi.

Il secondo peccato è che, in passato, la politica e il governo hanno avuto un ruolo più discreto (ma non per questo meno influente), mentre nell’attuale risiko entrambi si sono esposti con esternazioni poco consone e certamente inusuali per il mondo della finanza e dei mercati. L’interesse del Ministero delle Finanze è più che legittimo visto che è azionista del Monte dei Paschi, altrettanto evidente che la banca, prima feudo di una certa parte politica, era agonizzante e oggi è finalmente risanata e resuscitata a spese dei contribuenti italiani. Se la salvaguardia del Mps, orgoglio nazionale dal 1472, può in teoria giustificare un legittimo coinvolgimento del governo, il mercato nutre il sospetto che vi possa essere da parte dell’attuale esecutivo la difesa di interessi di altri grandi azionisti privati della banca.

Il terzo peccato è che l’attuale risiko più che una singolar tenzone tra nobili duellanti pare richiamare alla mente il Far West e in particolare la sparatoria all’O.K. Corral: alcuni rimpiangono lo stile dei banchieri del passato, non meno determinati e aggressivi degli attuali, ma certamente più discreti ed eleganti (pensiamo a Enrico Cuccia e a Vincenzo Maranghi di Mediobanca).

Il quarto peccato è che l’attuale risiko bancario pare, più che in passato, caratterizzarsi come uno scontro tra differenti personalità (alcune con sospetti disturbi narcisistici) in parte mosse più da una competizione personale che non da una visione strategica e altruistica.

Il quinto peccato è che, con la sola eccezione di UniCredit con Commerzbank, l’attuale risiko appare come una lite di cortile quando, più che farsi la guerra in casa, sarebbe fondamentale per il Paese guardare al mercato europeo perché, come ci ha ricordato Mario Draghi, o si fa l’Europa o si muore.

Il sesto peccato è che, in questa battaglia di tutti contro tutti, è preoccupante l’attenzione univoca agli share holder (azionisti), adulati e ingolositi da promesse di guadagni (dividendi) stellari, rispetto agli stakeholder (clienti, dipendenti, imprese) che poi sono il vero e insostituibile asset di qualsiasi organizzazione di successo. In questo senso, è emblematica la dichiarazione del licenziamento di 3.900 dipendenti fatta da Bettina Orlopp, attuale ceo di Commerzbank, allo scopo di risanare i conti della sua banca, per avere più appeal sugli attuali azionisti ed evitare di essere messa sotto scacco da Andrea Orcel, numero 1 del gruppo UniCredit.

Il settimo peccato è che sono ancora poche le banche e i banchieri pienamente consapevoli della rivoluzione che li colpirà a breve: nei prossimi anni il settore bancario subirà una trasformazione radicale, la seconda rivoluzione digitale sta già cambiando le regole del gioco dando ai clienti e ai professionisti un crescente protagonismo mai visto prima. In questo gioco dell’oca sopravviveranno solo le banche e i banchieri che sapranno anticipare e realizzare i progetti di tutti gli stakeholder (individui, famiglie, imprese e Paese), le altre banche scompariranno lentamente e i loro banchieri saranno condannati a una pensione (a dispetto dei santi) dorata.