La Commissione europea archivia il Nutri-score

Non sarà il Nutri-score lo strumento per etichettare i valori nutrizionali dei prodotti alimentari. Lo conferma la Commissione europea L'articolo La Commissione europea archivia il Nutri-score proviene da Valori.

Mar 24, 2025 - 07:01
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La Commissione europea archivia il Nutri-score

Il 1° marzo 2025 la Commissione europea ha messo quello che sembra un punto definitivo alla vicenda Nutri-Score, l’etichetta a semaforo ideata dai ricercatori dell’Università di Parigi che serve a indicare i valori nutrizionali dei prodotti alimentari. Da diversi anni sembrava che lo strumento dovesse essere esteso agli altri Stati dell’Unione ma nelle scorse settimane è cambiato tutto, con la dichiarazione che l’estensione della sua obbligatorietà non è una priorità. Come dire: ci sarà uno strumento, prima o poi, ma non sarà questo. Dato confermato anche da un’inchiesta di Radio France.

A cosa servono le etichette nutrizionali

Per chi vuole consumare prodotti sani, orientarsi tra gli scaffali del supermercato è un incubo. C’è il dramma del fresco. In teoria sembra essere salutare ma in pratica ha sempre l’incognita di dove è coltivato, con quali tecniche e con quali prodotti chimici. C’è la tragedia delle proteine animali. Carni o pesce che siano, come facciamo a sapere se gli allevamenti in cui sono stati prodotti hanno comportamenti etici o se evitano sostanze dannose per gli organismi animali e umani?

C’è il grande tema dei valori nutrizionali. Passiamo ore a vagare per le corsie del supermercato leggendo e rileggendo etichette più o meno comprensibili. A chiederci quanto sia sano un alimento e quanto invece danneggi l’organismo, diffidenti rispetto alle promesse del marketing. Anche chi è più attento all’alimentazione non sempre riesce a evitare una serie di cibi processati. Insomma, c’è grande confusione e la necessità di trovare un sistema che orienti chi consuma. Non tutti abbiamo una laurea in Scienze dell’alimentazione, ma tutti abbiamo il diritto di sapere cosa mangiamo e quali effetti ha sui nostri organismi.

La proposta francese che sembrava favorita in Europa: il Nutri-score

In Europa se ne discute dal 2003, da quando è stata adottata la proposta del Parlamento europeo di regolamento Nutrition & Health Claims, divenuta poi regolamento CE 1924/06. Il testo istituisce il concetto di profili nutrizionali. Lo scopo principale è quello di mettere in chiaro il valore nutrizionale dei singoli prodotti (presenza di zucchero, sale, grassi) e impedire che le etichette di junk food possano ingannare i consumatori presentandosi come salutari per l’aggiunta di componenti come minerali e vitamine di sintesi, fibre eccetera. La Commissione europea avrebbe dovuto adottarli entro il 19 gennaio 2009.

È passato più di un decennio, ma l’Europa non riesce ad avanzare sul tema a causa delle pressioni dell’industria alimentare. Diversi Paesi si sono organizzati autonomamente, elaborando etichette nutrizionali. A partire dalla francese Nutri-score. Probabilmente avete avuto modo di vederla sui prodotti di alcune catene di supermercati. Benché non adottata, infatti, non è vietata nel nostro Paese. Si tratta di un semaforo che stabilisce un profilo nutrizionale con cinque colori, che sfumano dal verde al rosso, e cinque lettere dalla A alla E. Nulla di più intuitivo.

Ascesa e caduta di un’etichetta nutrizionale

L’etichetta è stata elaborata da ricercatori dell’università di Parigi e dell’Inserm, equivalente del nostro Istituto superiore di sanità, e assegna i punteggi in base a un algoritmo sviluppato da Serge Hercberg, professore dell’Inra (Istituto nazionale ricerca agronomica) dell’Università di Parigi XIII. Il calcolo tiene conto dell’apporto energetico di ogni prodotto e del suo contenuto di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale e fibre. Il sistema sembra tanto efficace che nel frattempo lo fanno proprio anche Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera. La Finlandia è in fase di valutazione.

Nel 2020 la strategia Farm to Fork impegna la Commissione europea ad adottare in tutti i 27 Paesi membri un logo nutrizionale fondato su osservazioni scientifiche entro il 2022. Il principale candidato era proprio Nutri-score, già accettato e diffuso in parte dei Paesi, ma duramente contestato in altri. Il 1° marzo 2025, tuttavia, la Commissione europea sembra aver archiviato la vicenda.

Le pressioni delle lobby dell’industria alimentare

Le ragioni dell’abbandono di quella che sembrava la soluzione prescelta sono diverse. È vero, le lobby dell’industria alimentare stanno facendo pressione per tutelare i propri interessi. E i governi – soprattutto quello italiano – ne stanno facendo una battaglia ideologica e nazionalista. Però è anche vero che lo strumento ha una serie di limiti oggettivi. Le pressioni di gruppi come Ferrero, Coca-Cola, Lactalis, Mondelez, Kraft e Unilever per contrastare l’estensione di Nutri-score sono documentate. Gli alti funzionari della Commissione, in questi anni, hanno avuto ben diciassette riunioni con rappresentanti di lobby alimentari, mentre gli incontri con la società civile sono stati soltanto due.

Anche i rappresentanti dei governi non si sono risparmiati nel far sentire la propria voce. A partire da quello italiano, che sta presentando l’opposizione al Nutri-score come una battaglia a tutela dei prodotti della tradizione alimentare nazionale. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni definisce «discriminatorio» lo strumento; il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida lo ha dipinto come «pericoloso». Secondo Foodwatch, l’Italia avrebbe fatto la parte del leone con l’appoggio di altri Paesi tra cui Romania, Grecia e Ungheria. Esercitando forti pressioni sulla Commissione e sulle direzioni di Agricoltura e Salute e organizzando diversi incontri sul tema tra Meloni e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Se l’etichetta Nutri-score salva la Coca-Cola e boccia l’olio d’oliva

È difficilmente immaginabile che il problema delle lobby industriali sia la salvaguardia della salute dei cittadini. Allo stesso modo la difesa del Made in Italy non può finire per ostacolare strumenti che tutelino i consumatori. Ed è altrettanto vero che l’Unione europea sta prendendo tempo. C’è però da dire che le voci critiche contro il Nutri-score non rispondono unicamente a ragioni ideologiche o di business.

C’è per esempio la sonora bocciatura dell’Antitrust. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) lo ha definito fuorviante e ha stabilito che può ingannare i consumatori. La classificazione dell’etichetta è ritenuta arbitraria. Secondo l’Agcm, l’etichetta a semaforo ha una «parzialità nel giudizio che non incentiva il consumatore a effettuare un’adeguata valutazione per seguire una dieta utile a soddisfare il quotidiano apporto di nutrienti». Le valutazioni di Nutri-Score, dice in soldoni l’Autorità, sembrano valere in termini assoluti mentre le esigenze nutrizionali variano a seconda degli individui e dei loro stili di vita.

I nove criteri di valutazione – apporto energetico, grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale e fibre – di per sé non possono essere indicativi. Soprattutto perché il calcolo dei punteggi avviene su 100 grammi di prodotto e non su una porzione, creando cortocircuiti di una certa rilevanza. Per esempio alimenti come l’olio extravergine di oliva o il parmigiano sono rossi, cioè dannosi per la salute, perché hanno un elevato apporto calorico. Che però dipende ovviamente dalla quantità che se ne consuma. Mentre cibi come patatine fritte, bibite gasate zero zuccheri, pizze surgelate o bevande energetiche hanno il semaforo verde: diventano salutari perché magari non contengono zucchero ma edulcoranti o altri additivi. Una confezione di latte intero e una bottiglia di Coca-Cola Zero, così, hanno lo stesso punteggio.

Quale che sia lo strumento, il ritardo è destinato a crescere

L’Italia ha elaborato una proposta alternativa allo strumento. Si tratta del Nutrinform Battery, che valuta gli alimenti in base alla loro incidenza nella dieta. Al semaforo del Nutri-Score la proposta italiana sostituisce una batteria che segnala i valori nutrizionali di una singola porzione di prodotto parametrandoli sulla dieta complessiva.

Di certo al momento c’è che la Commissione ha specificato che l’etichetta che arriverà non sarà il copia-incolla di alcuno strumento esistente. Il che però potrebbe significare ricominciare da capo la fase di ricerca e studio per elaborarla. Un processo che potrebbe richiedere decenni. E noi continueremo a vagare per gli scaffali dei nostri supermercati, provando a capire cosa mangiare, con l’ansia di non poterci fidare di quello che leggiamo sulle confezioni.  

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