Autonomia, Calderoli ci riprova: prime indiscrezioni sulla legge delega per i LEP
lentepubblica.it In un primo commento alla sentenza n. 10/2025, con cui la Corte costituzionale lo scorso febbraio ha dichiarato l’inammissibilità del referendum abrogativo sulla normativa Calderoli, ho accennato quanto le questioni inerenti ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) abbiano influito su quella decisione. È il momento di tornare sull’argomento, visto che in questi giorni il ministro […] The post Autonomia, Calderoli ci riprova: prime indiscrezioni sulla legge delega per i LEP appeared first on lentepubblica.it.

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In un primo commento alla sentenza n. 10/2025, con cui la Corte costituzionale lo scorso febbraio ha dichiarato l’inammissibilità del referendum abrogativo sulla normativa Calderoli, ho accennato quanto le questioni inerenti ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) abbiano influito su quella decisione.
È il momento di tornare sull’argomento, visto che in questi giorni il ministro ha annunciato che è pronto a portare in Consiglio dei ministri un nuovo disegno di legge; una delega al Governo contenente princìpi e criteri per la definizione dei LEP, con l’obiettivo di rispondere alle censure avanzate dai giudici della Consulta e riavviare il percorso dell’autonomia differenziata.
Cosa aveva detto la Corte costituzionale sulle questioni LEP
La posizione della Consulta sui LEP era già stata molto chiara nella sentenza n. 192/2024, non a caso richiamata in quella di febbraio proprio per motivare l’inammissibilità del referendum abrogativo su una legge che oramai, a detta dei giudici, risulta «incisa nella sua architettura essenziale, lasciando in vita un contenuto minimo».
Sui LEP, infatti, si dice che quella sentenza «ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale di gran parte dell’art. 3 della legge n. 86 del 2024, che disciplina l’individuazione dei LEP, censurando sia la delega legislativa per la determinazione dei LEP sulla base di “nuovi” criteri non specificati, sia i criteri vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge, ossia quelli previsti dalla precedente legge n. 197 del 2022. Per effetto di tale duplice dichiarazione di illegittimità costituzionale non c’è modo, attualmente, di individuare i LEP di cui alla suddetta legge n. 86 del 2024: i “nuovi” criteri non ci sono e quelli vigenti non hanno più efficacia».
Inoltre, è stata censurata la parte della norma che pretendeva dettare contemporaneamente criteri direttivi con riferimento a numerose e variegate materie «poiché ogni materia ha le sue peculiarità e richiede distinte valutazioni e delicati bilanciamenti, una determinazione plurisettoriale di criteri direttivi per la fissazione dei LEP, che non moduli tali criteri in relazione ai diversi settori, risulta inevitabilmente destinata alla genericità».
Per questi e altri motivi la normativa Calderoli, pur rimasta in vita, risulta assolutamente inattuabile prima di un intervento correttivo del Parlamento.
Prime indiscrezioni sul nuovo disegno di legge Calderoli
Secondo quanto trapelato, il d.d.l. approntato dal ministro Calderoli conterebbe 41 articoli volti proprio a superare le stroncature comminate dalla Corte costituzionale.
Con la delega si chiederebbe alle Camere di fissare princìpi e criteri per ogni LEP, in un elenco molto articolato anche all’interno delle singole materie.
Nove mesi di tempo per definire le prestazioni in 36 settori, raggruppati in 12 importanti materie (tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; ricerca scientifica e sostegno all’innovazione; alimentazione; ordinamento sportivo; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e navigazione; ordinamento della comunicazione; energia; beni culturali, ambiente).
Un obiettivo che appare alquanto ambizioso, considerato che prevede un’azione interna e trasversale per tutti i ministeri.
Allo scopo, si introduce la nozione di settore organico di materie, mutuata dall’art. 17 della legge 281/1970 (Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle regioni a statuto ordinario) e ripresa successivamente da altre norme emanate negli anni successivi alla nascita delle Regioni, come la legge 382/1975 e il D.P.R. 616/1977.
Nel provvedimento sarebbe ancora previsto che dai trasferimenti non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né incremento della pressione fiscale rispetto a quella risultante dalla legislazione vigente.
Pertanto, anche in questa proposta si vorrebbe attuare l’autonomia differenziata enunciando in pompa magna il proposito del pieno superamento dei divari territoriali attraverso la determinazione dei LEP, salvo poi vincolarne il finanziamento agli obiettivi programmati di finanza pubblica e al rispetto degli equilibri di bilancio.
Tradotto, senza un solo euro in più che possa davvero contribuire al superamento delle diseguaglianze già esistenti nel nostro Paese, ma proseguendo nell’assegnazione delle risorse ai territori secondo il famigerato criterio della spesa storica, ossia proprio quel meccanismo che ha creato una sperequazione mostruosa tra quanto riconosciuto alle Regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali.
La Banca d’Italia ribadisce il nodo delle risorse
Caso vuole (forse) che ancora qualche settimana fa la Banca d’Italia ha confermato forti preoccupazioni in occasione dell’Audizione in Commissione parlamentare per le questioni regionali, inerente proprio all’Indagine conoscitiva sulla determinazione e sull’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Nel documento, infatti, si legge che «se definiti in modo appropriato – e se accompagnati da finanziamenti sufficienti ad attuarli – i LEP possono assicurare parità di trattamento fra i cittadini indipendentemente dal luogo di residenza, calibrando l’erogazione dei servizi pubblici sulla base delle concrete esigenze di ciascuna comunità».
Ma anche che «Nell’esperienza italiana, la definizione dei LEP è allo stadio iniziale, e non mancano incoerenze nella fase applicativa. Soprattutto, si è manifestata una tensione difficile da ricomporre tra le risorse finanziarie necessarie per attuare concretamente i livelli essenziali e i vincoli di bilancio delle Amministrazioni pubbliche. In prospettiva, occorre in primo luogo dare priorità alla definizione dei LEP nell’ambito del “federalismo simmetrico”, come è stato più volte evidenziato in sede tecnica e poi sancito dalla Corte Costituzionale. Va ricordato che l’attuazione del federalismo regionale simmetrico è una pietra miliare del PNRR, da realizzare entro il primo trimestre del 2026».
Vedremo quali saranno i contenuti della nuova proposta Calderoli, ma non è intempestivo rammentare in via preventiva che prima di lanciarsi in ulteriori ipotesi velleitarie bisognerebbe preoccuparsi di attuare quei princìpi costituzionali che vogliono garantiti questi diritti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale; rimuovendo gli squilibri già presenti nelle aree più deboli del Paese e dando, finalmente, piena attuazione agli artt. 3 e 119 Cost.
Solo dopo aver consolidato questo piano comune si potrebbe, semmai, pensare a un progetto di differenziazione che voglia riconoscere ad alcune Regioni quelle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia previste dall’art. 116 Cost., terzo comma; che tuttavia a questo punto, è bene ribadirlo, potrà essere attuato esclusivamente dentro i confini invalicabili tracciati dalla sent. n. 192/2024 della Corte costituzionale.
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