Aumentano del 30% le allerte alimentari per frutta e verdura straniere: i prodotti a rischio
Aumentano del 30% gli allarmi alimentari su frutta e verdura estera, segnalando rischi per la salute e la competitività degli agricoltori italiani.

Nel 2024, gli allarmi alimentari legati a frutta e verdura di origini straniere sono aumentati del 30%, segnando un preoccupante record di 165 casi contro i 115 dell’anno precedente. I dati sono stati resi noti da Coldiretti il 5 febbraio 2025 e evidenziamo un problema crescente legato alla sicurezza alimentare.
Cosa sono le allerte alimentari e perché sono in aumento
Le allerte alimentari sono notifiche ufficiali emesse dalle autorità competenti quando vengono rilevati rischi per la salute pubblica derivanti dai prodotti alimentari. Questi rischi possono:
- essere legati alla presenza di sostanze pericolose, come pesticidi, metalli pesanti o contaminanti biologici, che superano i limiti previsti dalle normative di sicurezza;
- scattare nel caso in cui un prodotto venga venduto con etichette ingannevoli, tra cui – classico esempio – le frodi alimentari messe in atto di spaccia prodotti fake Made in Italy (come il caso della finta mozzarella di bufala venduta online).
In Italia, la gestione di queste allerte è monitorata dal sistema RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) che, ogni anno, diffonde i dati sulle merci a rischio che entrano nel mercato.
Quali sono i prodotti più a rischio
I dati forniti da Coldiretti evidenziano un aumento del 30% degli allarmi alimentari relativi alla frutta e verdura proveniente dall’estero. Nel 2024, infatti, si sono verificati 165 allarmi contro i 115 dell’anno precedente, riguardanti prodotti ortofrutticoli importati in Italia, tra cui kiwi argentini, cachi spagnoli, pistacchi iraniani e turchi, funghi cinesi e mirtilli tedeschi. Questi allarmi sono stati causati dalla presenza di sostanze pericolose, come pesticidi oltre i limiti consentiti, aflatossine, batteri e metalli pesanti, che hanno spinto le autorità a bloccare i prodotti in ingresso.
La situazione è aggravata dal fatto che l’Italia, pur essendo un paese esportatore, ora importa più ortofrutta di quella che esporta.
Quali sono le minacce alla sicurezza alimentare
La sicurezza alimentare è quindi minacciata dall’aumento dei prodotti importati provenienti da paesi che non rispettano gli stessi standard di qualità e sicurezza previsti dall’Unione Europea.
In particolare, le differenze nelle normative sui fitofarmaci, che in alcuni paesi non sono così rigide come in Europa, e i bassi costi di produzione, grazie anche a pratiche di manodopera a basso costo, creano una concorrenza sleale verso i produttori italiani. Per questo motivo si tratta di prodotti doppiamente pericolosi, non solo per la salute (perché contaminati da pesticidi e altre sostanze dannose) ma perché arrivano sul mercato europeo a costi inferiori, diffondendosi e minacciando la qualità degli alimenti consumati dai cittadini.
Inoltre, mentre alcuni paesi europei, e in particolare quelli extra-UE, consentono l’uso di pesticidi più forti e in quantità maggiori rispetto all’Italia, gli agricoltori italiani sono soggetti a regolamenti molto più severi in merito. L’uso dei fitofarmaci in Italia è stato infatti ridotto drasticamente negli ultimi 30 anni, con una diminuzione del 50% rispetto al passato, per rispondere alle normative ambientali e sanitarie più stringenti.
Tuttavia, questa riduzione ha avuto un impatto diretto sulla competitività, con i produttori che si trovano a dover fronteggiare l’aumento dei costi di produzione e la difficoltà di proteggere i raccolti con una disponibilità limitata di pesticidi e sostanze fitosanitarie. Questo svantaggio rende i prodotti italiani più costosi rispetto a quelli provenienti da paesi dove l’uso di pesticidi è meno regolamentato, contribuendo al crescente squilibrio commerciale.
Per affrontare queste problematiche, Coldiretti sta continuando a insistere sull’importanza di adottare politiche che garantiscano la reciprocità nelle normative fitosanitarie, in modo che siano uguali per tutti i paesi, sia all’interno dell’Unione Europea che nei commerci con paesi extra UE. In questo modo, non solo si tutelerebbe la salute, ma si proteggerebbero anche gli agricoltori italiani, che devono fare i conti con un mercato in cui spesso si trovano a competere con prodotti che non rispettano gli stessi standard.