Anche Tesla di Musk si lamenta dei dazi di Trump

Musk è uno dei consiglieri più importanti di Trump, ma la politica commerciale del presidente - fondata sui dazi, e possibile innesco di una "trade war" internazionale - colpisce anche Tesla. L'azienda di Musk manda allora una lettera alla Casa Bianca per chiedere più moderazione. Tutti i dettagli.

Mar 14, 2025 - 12:47
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Anche Tesla di Musk si lamenta dei dazi di Trump

Musk è uno dei consiglieri più importanti di Trump, ma la politica commerciale del presidente – fondata sui dazi, e possibile innesco di una “trade war” internazionale – colpisce anche Tesla. L’azienda di Musk manda allora una lettera alla Casa Bianca per chiedere più moderazione. Tutti i dettagli

 

Elon Musk è uno dei consiglieri più importanti di Donald Trump, occupandosi di tagliare le spese delle agenzie federali degli Stati Uniti. Questo suo incarico politico, però, assieme alle sue posizioni controverse (l’appoggio all’estrema destra tedesca, per esempio), si stanno rivelando dannosi per Tesla, l’azienda di veicoli elettrici di cui è amministratore delegato: le azioni in borsa della società sono calate nettamente rispetto ai valori toccati lo scorso dicembre, tornando grossomodo ai livelli precedenti alle elezioni presidenziali.

Dietro alla perdita in borsa di Tesla, comunque (-40 per cento dall’inizio), non ha contributo solo la disaffezione di alcuni investitori per Musk ma soprattutto le difficoltà con le vendite di automobili e il più generale clima di incertezza economica.

LA LETTERA DI TESLA ALL’AMMINISTRAZIONE TRUMP

A danneggiare Tesla, infatti, non sono solo le dichiarazioni di Musk ma anche la politica commerciale di Trump: l’azienda ha infatti inviato una lettera al rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, Jamieson Greer, per dirsi preoccupata per una trade war tra l’America e i suoi partner commerciali, fatta di imposizioni reciproche di dazi.

Pur precisando di essere favorevole a un commercio equo tra gli Stati Uniti e gli altri paesi – cioè privo di grossi squilibri nella bilancia degli scambi -, Tesla afferma nella lettera che le aziende esportatrici americane sono “esposte a impatti sproporzionati quando altri paesi rispondono alle azioni commerciali degli Stati Uniti. Ad esempio, le passate azioni commerciali degli Stati Uniti hanno provocato reazioni immediate da parte dei paesi interessati, tra cui l’aumento delle tariffe sui veicoli elettrici importati in quei paesi”. Nei giorni scorsi sono entrati in vigore i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, voluti da Trump; sia il Canada che l’Unione europea hanno detto che potrebbero rispondere con delle tariffe punitive.

SENZA FIRMA

Al di là del contenuto, la particolarità della lettera è che non è firmata: probabilmente nessuno, in Tesla, vuole prendersene la responsabilità e rischiare ritorsioni da parte di Musk, considerato che si tratta di una contestazione – per quanto velata – delle politiche dell’amministrazione Trump.

L’IMPATTO DEI DAZI

Tesla, inoltre, spiega che i dazi potrebbero sia aumentare i costi di manifattura dei veicoli negli Stati Uniti, sia rendere questi meno competitivi all’estero. La società ha chiesto alla Casa Bianca di evitare che gli approvvigionamenti dei cosiddetti “minerali critici” per le batterie, come il litio e il cobalto, le cui filiere sono dominate dalla Cina, diventino ancora più costosi e complicati.

Nonostante gli sforzi per “localizzare” il più possibile la filiera, e rifornirsi quanto più possibile di materiali e componenti statunitensi, “alcune parti […] sono difficili o impossibili da reperire negli Stati Uniti”. Tesla ha quindi esortato il rappresentante Greer a “valutare ulteriormente le limitazioni della catena di approvvigionamento nazionale per garantire che i produttori statunitensi non siano indebitamente gravati da azioni commerciali che potrebbero comportare l’imposizione di tariffe proibitive sui componenti necessari”.