100 giorni con un cuore artificiale, è record mondiale

Trapianti senza fretta grazie a BiVACOR: l’artificiale batte il naturale, almeno per 100 giorni, cambiando per sempre le regole del gioco. L'articolo 100 giorni con un cuore artificiale, è record mondiale è tratto da Futuro Prossimo.

Mar 12, 2025 - 19:17
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100 giorni con un cuore artificiale, è record mondiale

Cento giorni. Tre mesi e una manciata di settimane senza un cuore vero nel petto, solo un complesso meccanismo, un cuore artificiale chiamato BiVACOR. Ne abbiamo parlato qui la prima volta, in termini di prospettiva, lo scorso agosto. Oggi un quarantenne australiano può raccontare l’esperienza in prima persona, e quello che si chiede la comunità scientifica ora è semplice quanto spaventoso: il futuro sarà dominato da corpi meccanici o ci aggrapperemo ancora, disperatamente, alla fragilità della carne umana?

Artificiale come nessun altro

«È un successo clinico senza precedenti», hanno dichiarato con giustificato orgoglio i medici del St Vincent’s Hospital di Sydney. E non hanno torto, perché ciò che è accaduto in Australia ha il sapore di un cambiamento. Il protagonista involontario di questa straordinaria vicenda è un uomo sulla quarantina del New South Wales, che per oltre cento giorni ha vissuto grazie a un cuore completamente artificiale. Un primato assoluto che, fino a qualche tempo fa, sarebbe apparso assurdo persino alla mente più visionaria.

Ma cos’è esattamente questo prodigio tecnologico chiamato BiVACOR? È un cuore artificiale completo, il primo al mondo in grado di sostituire totalmente quello umano grazie a una pompa rotativa a levitazione magnetica. In parole semplici: un piccolo motore hi-tech, levitato con magneti che evita frizioni meccaniche e riproduce il flusso sanguigno naturale. Fantascienza? Non più. La vita senza un cuore “vero”, fino a ieri considerata al massimo un’improbabile speranza, oggi è una realtà concreta e palpabile.

Come vivere con un cuore artificiale

Immaginate di non avere più quel battito familiare, quel ritmo regolare che vi accompagna fin dalla nascita. Ecco, il paziente australiano (un uomo sulla quarantina affetto da una grave insufficienza cardiaca) ha trascorso più di tre mesi senza quel “tum-tum” così rassicurante. Al suo posto, un costante e discreto ronzio meccanico, quasi impercettibile, una colonna sonora elettronica che è diventata la nuova musica del suo corpo.

Durante questo periodo, non è rimasto relegato in un letto di ospedale. Anzi, è tornato a casa, ha camminato per strada, ha vissuto una normalità relativa, aspettando un trapianto di cuore umano che sembrava impossibile da ottenere. Pensateci bene: per un breve, incredibile periodo, la sua vita è dipesa esclusivamente da un dispositivo fatto di metalli e circuiti. Cosa ci dice questo sulla nostra relazione con la tecnologia?

Certo, il BiVACOR non è destinato a durare quanto un cuore umano: finora, il record del nostro paziente australiano è appunto di circa 100 giorni, niente rispetto a quelli che garantisce mediamente un cuore trapiantato. Eppure, è stato sufficiente per dimostrare che, forse, la tecnologia è finalmente pronta a cambiare le carte in tavola nella lunga e disperata corsa contro la morte.

Il sogno di Daniel Timms diventa realtà

Dietro questa straordinaria innovazione c’è una storia che vale la pena raccontare. Il suo protagonista è Daniel Timms, un ingegnere australiano del Queensland, che ha progettato questo cuore meccanico dopo aver perso il padre proprio a causa di una grave insufficienza cardiaca. Timms, per anni, ha inseguito l’ambizione di creare qualcosa che non fosse solo un palliativo temporaneo, ma una vera e propria alternativa alla fragilità del cuore umano.

«Ogni anno nel mondo 23 milioni di persone soffrono di insufficienza cardiaca, ma solo 6.000 ricevono un cuore donato», ricorda Timms.

Il governo australiano ha creduto in questa visione, investendo 50 milioni di dollari nel progetto. E oggi, quei soldi sembrano aver cominciato a fruttare.

E domani? Avremo tutti un cuore artificiale?

Naturalmente, non è tutto così semplice come sembra. Se da un lato l’entusiasmo per questa straordinaria scoperta è giustificato, dall’altro bisogna essere cauti. Il cardiologo David Colquhoun, membro esterno al team che ha seguito l’esperimento, ricorda un dato cruciale:

«La durata di funzionamento di questo cuore artificiale (oltre 100 giorni) resta ancora significativamente inferiore rispetto ai cuori donati, che funzionano per più di dieci anni».

Insomma, per ora il cuore artificiale è una soluzione temporanea, una sorta di “ponte” verso il trapianto definitivo. Ma il punto è proprio questo: se oggi il BiVACOR serve per prendere tempo, in un futuro (lontano?) potrebbe diventare l’alternativa definitiva. È realistico pensare che un giorno l’uomo potrà scegliere fra un cuore naturale e uno artificiale, magari come oggi si sceglie tra un’auto diesel o elettrica?

Il futuro del cuore artificiale è appena cominciato

La vera rivoluzione, tuttavia, potrebbe essere ancora più profonda. Quando la tecnologia supererà definitivamente la durata del cuore naturale, cosa ci impedirà di preferire l’artificiale? Non avremmo più attese estenuanti per un donatore compatibile, né rischi di rigetto, e magari persino la possibilità di aggiornare l’impianto periodicamente, come se fosse il software di un telefono.

C’è però anche un altro lato della medaglia: affidarsi completamente alla tecnologia rischia di renderci più vulnerabili? La natura ci ha dotato di organi imperfetti ma testati per milioni di anni di evoluzione, mentre la nostra tecnologia, anche la più avanzata, resta fragile e dipendente da elettricità e manutenzione continua.

Personalmente, ammetto di essere diviso: da un lato entusiasta per l’innovazione e le vite che può salvare, dall’altro inquietato dall’idea di diventare così dipendenti da una tecnologia ancora giovane. Una cosa è certa: se la storia di quest’uomo australiano è davvero un assaggio del nostro futuro, dovremo presto porci molte più domande sulla nostra umanità e sul prezzo da pagare per mantenerla intatta.

E voi, siete pronti a fidarvi di un cuore artificiale?

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