Violazione degli obblighi di valutazione di adeguatezza e mancata prestazione del servizio di consulenza avanzata.

Nota a ACF, 5 maggio 2025, n. 7986.

Mag 11, 2025 - 17:22
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Violazione degli obblighi di valutazione di adeguatezza e mancata prestazione del servizio di consulenza avanzata.

Nota a ACF, 5 maggio 2025, n. 7986.

di Emanuele Bray

Analyst Finance & Performance

La decisione dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) n.7986 del 5 maggio 2025 in disamina trae origine dalla richiesta di risarcimento danni elevata da una cliente (parte ricorrente o investitrice) nei confronti di un intermediario finanziario (parte resistente o convenuta) in relazione alla sottoscrizione di strumenti finanziari complessi (Certificates), nell’ambito di un servizio di consulenza “avanzata”.

Nello specifico, la ricorrente ha sollevato plurimi profili di doglianza, tra i quali l’eccessiva concentrazione del portafoglio su una singola tipologia di prodotto (ovvero nei certificates acquisiti nel periodo ottobre 2021-maggio 2022), la presunta alterazione della profilatura MIFID mediante compilazione del questionario sotto esplicite indicazioni del consulente preposto (e che avrebbe condotto alla fittizia attribuzione di un profilo di rischio “elevato”), oltre alla mancata erogazione del servizio di consulenza “avanzata” esplicitamente richiesto dalla cliente.

Alla luce di tali doglianze, parte ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno patrimoniale subito, quantificato in complessivi € 69.468,00, suddivisibili in € 67.968,00, per due operazioni di investimento in certificates perfezionate nel 2021 (ritenute eccedenti rispetto ai limiti prudenziali) e per € 1.500,00 a tiolo di rimborso per il mancato servizio di consulenza avanzata.

L’intermediario resistente ha eccepito l’infondatezza delle pretese risarcitorie, prospettando, in particolar modo quanto sintetizzato di seguito; anzitutto, la ricorrente, già investitrice esperta e operativa sul mercato tramite altri intermediari, aveva formalmente richiesto nel 2015 l’attivazione dei servizi di negoziazione, sottoscrivendo, in tale sede, un questionario MIFID che attestava una elevata propensione al rischio e obiettivi di investimento di medio periodo, volti al conseguimento di una crescita del capitale (accettando il rischio di perdere parte di esso), sennonché una conoscenza diffusa di strumenti finanziari complessi, tra cui i certificates. Il profilo di rischio “alto” risultante dai medesimi questionari sarebbe stato coerente con la successiva operatività, anche alla luce dei rinnovati questionari MIFID compilati nel tempo, peraltro, mai contestati.

Nella propria difesa, parte resistente evidenziava, altresì, che l’erogazione del servizio di consulenza avanzata sarebbe comprovato dalla movimentazione del portafoglio (oltre 100 operazioni in 5 anni) e dalla produzione di reportistica personalizzata fornita alla cliente.

Infine, l’intermediario, ha invocato l’applicazione dell’art. 1227 c.c., eccependo il concorso colposo della cliente (nella denegata ipotesi in cui le doglianze di parte ricorrente dovessero trovare accoglimento) per aver sottoscritto, intenzionalmente documentazione contrattuale e dichiarazioni sulla profilatura e sull’adeguatezza degli investimenti asseritamente mendaci.

Decisione dell’ACF

Il Collegio dell’ACF ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo non meritevole di accoglimento per via delle considerazioni che seguono:

  • le due operazioni contestate, relative a certificates sottoscritti ad ottobre e novembre 2021, sono state effettuate dalla cliente tramite il servizio di home banking, avvalendosi del servizio Digital Collaboration; tuttavia, non vi è prova documentale che le scelte di investimento siano state imposte dal consulente e non rappresentino il frutto di autonome scelte di investimento della ricorrente;
  • la preesistente esposizione della ricorrente ai certificates, nonché la prosecuzione di tale operatività successivamente agli investimenti in lite, dimostrano una conoscenza e una consuetudine operativa consolidata su strumenti finanziari complessi, congrua al profilo di rischio dell’investitore;
  • i dati derivanti dalla documentazione in atti (report di portafoglio, indice di diversificazione, incidenza percentuale degli strumenti sul portafoglio complessivo) attestano che il livello di concentrazione degli investimenti è rimasto costantemente al di sotto della soglia del 30%, prevista per un profilo di rischio elevato;
  • non vi sono elementi probatori o solo circostanzialmente indiziari, atti a comprovare l’intervento diretto del consulente nella compilazione del questionario Mifid sottoposto alla cliente e che ne avrebbe cagionato un fittizio profilo di rischio “alto”.

Ciò posto, il Collegio ha respinto il ricorso, non ravvisando elementi sufficienti a configurare una responsabilità dell’intermediario per inadeguatezza dell’investimento e altresì, ritenendo dimostrata la corretta prestazione del servizio di consulenza avanzata.

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