Retina.it, il ritorno della bellezza e della nobiltà del tempo

Chi ha abbastanza memoria e segue le sorti dell’elettronica in Italia ancora dagli anni ’90, può capire: ehi, stiamo parlando di una band nel suo epocale. Ma chi non capisce – perché troppo giovane, perché all’elettronica ci è arrivato dopo, perché in fondo non è un obbligo essere super esperti in un genere musicale: tutte… The post Retina.it, il ritorno della bellezza e della nobiltà del tempo appeared first on Soundwall.

Mag 12, 2025 - 11:32
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Retina.it, il ritorno della bellezza e della nobiltà del tempo

Chi ha abbastanza memoria e segue le sorti dell’elettronica in Italia ancora dagli anni ’90, può capire: ehi, stiamo parlando di una band nel suo epocale. Ma chi non capisce – perché troppo giovane, perché all’elettronica ci è arrivato dopo, perché in fondo non è un obbligo essere super esperti in un genere musicale: tutte cose lecite, ricordiamocelo – può apprezzare lo stesso. Eccome.

Per i primi basti dire: il primo LP dei Retina.it a più di un decennio di distanza da “Op_sci” o, più appropriatamene, da “Descending Into Crevasse”, ecco perché siamo qui, ecco il perché di questo articolo e di questa enfasi. Più di un decennio, accidenti. Non che nel frattempo Lino Monaco e Nicola Buono se ne siano rimasti silenti, tutt’altro, in questi dieci e passa anni hanno fatto uscire materiale di qualità (anche in collaborazione, vedi l’EP con Domenico Crisci “Diorama”, o con opere strutturate come il dittico “The Last Day Of Pompei”), ma c’è ancora vivaddio un fortissimo zoccolo duro di ascoltatori per cui l’album è l’unità di misura più attendibile e più profonda di un’opera musicale, l’unità di misura per eccellenza.

E parlando di eccellenze, i Retina.it lo sono, ed è per questo che conoscerli può essere interessante per tutti, anche per chi non li hai mai sentiti nominare. Lo sono, eccellenze, da tempi non sospetti: quando l’Italia sembrava davvero una lontanissima provincia dell’impero, loro erano fra i pochi con un curriculum vitae (meritatamente!) di eccelsa qualità e di risonanza globale, vedi il fatto di essere messi sotto contratto da quella Hefty che, all’epoca, se la regnava (l’etichetta che scoprì Prefuse 73, che lanciò i Telefon Tel Aviv), era davvero una delle label di riferimento a livello planetario per l’elettronica più sognante, eterea, immaginifica, emozionale.

È che all’epoca la musica elettronica era – ci credereste? – un pessimo affare. Non bastava diventare noti su scala internazionale ed essere fra i leader di settore per guadagnare abbastanza, cosa invece oggi molto più semplice, almeno per quanto riguarda il guadagno (…semmai, visto l’immenso “rumore di fondo” dato dalla enorme quantità di release, è diventato invece più difficile diventare noti e distinguersi, soprattutto in ambiti sperimentali: questo sì). La Hefty chiuse, i Retina.it erano troppo eterei ed astratti per finire sotto qualche altro “monumento” dell’epoca (le varie Warp, Ninja Tune, Peacefrog…), e di conseguenza piano piano l’eco attorno a loro si affievolì.

Ma se si affievolisce l’eco, non per forza si affievolisce il talento. Quello che può affievolirsi, dopo un po’, restando confinati nella nicchia, è la voglia – e le risorse – per lanciarsi in un’impresa impegnativa come un album, che resta comunque una faccenda più faticosa e più elaborata di un EP o di singole uscite. Nel 2025 però i pianeti sono tornati ad allinearsi, grazie all’alleanza con la benemerita Stochastic Resonance, etichetta / unit creativa romana nata nel 2011 che da sempre porta avanti la bandiera della ricerca digitale nel suo senso più profondo e puro. Il risultato di questo allineamento è questo “Amabilis Insania”, che abbiamo l’enorme, enorme, enorme piacere di presentarvi qui in anteprima, qualche giorno prima della sua release ufficiale. Eccolo:

Ci sono i migliori Retina.it, qui. C’è la loro intatta capacità di trasportarti letteralmente in un’altra dimensione, “imponendoti” una deformazione spazio-temporale delle percezioni. C’è il loro grande gusto nel saper alternare momenti più chiusi, introversi, ad altri più “aperti” e celestiali. C’è la loro abilità unica di “scultori del suono”, un’abilità nata e forgiata quando esserlo, “scultori del suono”, era parecchio più difficile: perché si lavorava parecchio di analogico e non certo solo di plug in ed informatica del suono.

Insomma, a noi pare un disco veramente bello, che mostra Lino Monaco e Nicola Buono in piena forma. In un mondo migliore oggi loro dovrebbero essere delle star internazionali, un vanto di casa nostra, gente dalla notorietà anche un minimo trasversale e non solo di nicchia, non solo di settore. Lo meriterebbero per il talento, la costanza, la persistenza, l’umiltà, la dedizione, doti tra l’altro messe tutte al servizio della musica, mentre oggi fanno la differenza più se sono messe al servizio dei propri social network. Ma ok, il mondo raramente è “migliore”. Il mondo è quello che è. E se volete abbellirlo, per voi stessi e per i vostri amici, tuffatevi in questo album e diffondetelo. Per far (ri)scoprire la possibilità che la musica, se ascoltata, rallenti il mondo, ne ampli gli orizzonti emotivi, ne rallenti il battito cardiaco, facendoci capire quanto spesso fretta ed ansia siano cattive consigliere, o zie efficaci sì ma pettegole, sfinenti.

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