Vetro, alluminio, PET e multistrato: qual è il materiale più sostenibile? Lo studio che toglie tutti i dubbi
Quando si parla di imballaggi sostenibili, la domanda è sempre la stessa: qual è il materiale più ecologico? Vetro, alluminio, PET e multistrato poliaccoppiato sono tra i più diffusi per il confezionamento di cibi e bevande, ma le loro performance ambientali non sono tutte uguali. Uno studio dell’Università di Trento ha fatto chiarezza, analizzando le...

Quando si parla di imballaggi sostenibili, la domanda è sempre la stessa: qual è il materiale più ecologico? Vetro, alluminio, PET e multistrato poliaccoppiato sono tra i più diffusi per il confezionamento di cibi e bevande, ma le loro performance ambientali non sono tutte uguali. Uno studio dell’Università di Trento ha fatto chiarezza, analizzando le caratteristiche di questi materiali in termini di consumo energetico, emissioni di CO₂ e riciclabilità. I risultati sono chiari: il vetro si conferma il campione della sostenibilità, ma con qualche limite.
La ricerca “La riciclabilità dei materiali per contenitori: la specificità del vetro”, realizzato dal professor Vincenzo
Maria Sglavo dell’Università di Trento, commissionata da Assovetro e presentata nei giorni scorsi a Roma ha decretato proprio questo materiale come quello più performante in termini di riciclabilità e di economia circolare, mostrandone però anche i punti su cui investire per superarne i limiti.
Il vetro: il re del riciclo, ma il peso conta
Lo studio evidenzia come il vetro sia il materiale più sostenibile dal punto di vista del riciclo, con un tasso stimato dell’81,9% nel 2024 e picchi del 90% per le bottiglie scure. A differenza di plastica e alluminio, può essere riutilizzato e riciclato infinite volte senza perdere qualità, riducendo così il consumo di risorse vergini.
Dal punto di vista ambientale, la produzione di vetro vergine richiede meno energia rispetto ad altri materiali, genera minori emissioni di CO₂ (600 grammi per kg di vetro prodotto) e ha un consumo d’acqua di appena 14 litri per kg. Numeri che lo rendono imbattibile rispetto al multistrato e all’alluminio, che consumano rispettivamente 1.350 litri e 1.000 litri di acqua per kg.
Ma c’è un rovescio della medaglia: il peso del vetro. Una bottiglia da 500 ml pesa 15 volte di più di una lattina di alluminio della stessa capacità. Questo significa maggiori emissioni durante il trasporto e più risorse necessarie per la sua movimentazione. Tuttavia, l’industria sta lavorando per ridurre il peso delle bottiglie, con alcuni formati da 75 cl che oggi pesano solo 300 grammi.
L’alluminio: ottima riciclabilità, ma troppe risorse per produrlo
L’alluminio è un altro materiale altamente riciclabile, con una filiera ben strutturata. Tuttavia, il processo di riciclo presenta criticità, come la necessità di separarlo accuratamente dagli altri metalli e il rischio di ossidazione, che può ridurne la qualità. L’alluminio riciclato richiede molta meno energia rispetto a quello vergine e, proprio per questo, rappresenta una soluzione valida per il packaging.
Il suo punto debole? L’alto consumo d’acqua e il costo ambientale della produzione iniziale. Sebbene la lattina sia leggera e facilmente trasportabile, il ciclo produttivo dell’alluminio è tra i più energivori.
Il PET: buoni numeri, ma troppa plastica ancora non viene riciclata
Il PET è la plastica più usata per le bottiglie e i contenitori alimentari, ma il suo tasso di riciclo è ancora lontano dai numeri del vetro e dell’alluminio: nel 2022 era fermo al 60%. Il problema principale del PET è la dispersione ambientale: molte bottiglie finiscono nell’ambiente o negli inceneritori anziché nel sistema di riciclo.
Un altro aspetto critico riguarda la qualità del riciclato: il PET, infatti, non può essere riciclato all’infinito senza perdere caratteristiche meccaniche, motivo per cui la maggior parte della plastica riciclata non viene reimpiegata nella produzione di nuove bottiglie, ma in altri settori (tessile, edilizia, ecc.).
Multistrato poliaccoppiato: il peggiore della classe
Lo studio conferma che il multistrato (da molti conosciuto come Tetrapak che invece è un marchio che lo produce) è il materiale meno riciclabile tra i quattro esaminati. Questo tipo di imballaggio, che combina plastica, alluminio e carta, è difficile da separare e richiede impianti specializzati per il recupero. In Italia, solo due cartiere sono attrezzate per il riciclo di questa frazione, rendendo il processo complicato e costoso.
Il tasso di riciclo non supera il 40%, e solo la carta viene recuperata in modo efficace. Inoltre, il multistrato è il materiale con il maggiore consumo d’acqua (1.350 litri per kg), un dato che lo rende insostenibile nel lungo periodo.

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Alla luce di questi dati, il vetro emerge come il materiale più sostenibile per il packaging, grazie al suo elevato tasso di riciclo, alla possibilità di riutilizzo infinito e al basso impatto ambientale in fase di produzione. Tuttavia, il peso e il trasporto restano sfide da affrontare.
L’alluminio è una buona alternativa, ma richiede molta energia per la produzione iniziale. Il PET è migliorabile, ma la plastica monouso resta un problema ambientale. Infine, il multistrato è il vero punto debole del sistema di riciclo, con una gestione ancora problematica.
Il vetro è quello che più di tutti raccoglie le caratteristiche per una maggiore riciclabilità e per rispondere meglio ai requisiti di economia circolare che è ormai necessario portare dentro all’interno del comparto industriale – ha dichiarato ai nostri microfoni il Professor Vincenzo Maria Sglavo che ha diretto lo studio – Motivo? Il vetro è un materiale che non degrada e di conseguenza tutte le attività di raccolta, selezione, macinazione, lavaggio, pulizia, sanificazione e riutilizzo non subisce nessun fenomeno di degrado chimico o fisico cosa che invece succede per l’alluminio che si ossida, per i materiali plastici che in parte si degradano che il multistrato che altrettanto è fatto di plastica, alluminio e carta e si degrada, il vetro questo non lo subisce. Di conseguenza è sicuramente il materiale che può essere riciclato davvero infinite volte e può rientrare nei cicli produttivi sia a ciclo chiuso, quindi da una bottiglia riottengo una bottiglia, ma la cosa più interessante è che da una bottiglia di vetro posso ottenere una lastra, della lana di vetro, delle microsfere per la segnaletica verticale, per l’abbigliamento e quant’altro. Quindi è sicuramente il materiale che più di tutti risponde ai principi di sostenibilità
Il vetro si conferma dunque il materiale privilegiato per l’economia circolare a patto però di superare alcuni limiti puntando sull’innovazione, come ci ha tenuto a specificare Marco Ravasi, Presidente di Assovetro :
Uno dei fattori critici resta ancora il peso delle bottiglie, ma stiamo lavorando per realizzarle sempre più leggere, siamo arrivati in alcuni casi a bottiglie da vino fermo 75cl di 300 grammi.
Il futuro dell’imballaggio sostenibile? Innovazione, riduzione degli sprechi e un miglioramento della raccolta differenziata per massimizzare il recupero di materiali preziosi. Nel frattempo, una scelta consapevole può fare la differenza anche quella apparentemente minima di prediligere prodotti confezionati nel vetro.
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