Usa, le piazze contro Trump: “Elon Musk sarà sacrificato tra i primi”
L’americanista Del Pero: il tycoon mantiene il controllo del partito, chi alza la testa la riabbassa subito

Parigi, 7 aprile 2025 - “Più che le fratture tra i repubblicani sarà la risposta dei mercati e di alcuni grandi interessi economici a poter indurre Donald Trump a fare un passo indietro sui dazi, se mai lo farà. E se dovesse scaricare qualcuno per problemi di consenso, credo che tra i primi della lista ci sarà Elon Musk”. Per Mario Del Pero, professore di storia internazionale e storia degli Stati Uniti al Centre d’Histoire di Sciences Po a Parigi, il tycoon non teme fronde nel partito, ma se Wall Street dovesse continuare ad andare a picco, potrebbe rivedere le sue politiche economiche.
Professore, l’attuale segretario al Tesoro, Scott Bessent, sembra pronto a lasciare il suo posto, perché scontento dei dazi. Una voce importante all’interno del Gop, come Ted Cruz, ha detto che alle elezioni di midterm potrebbe esserci un bagno di sangue. Trump ha tutto sotto controllo?
“Diversamente da otto anni fa il presidente ha un controllo totale del mondo repubblicano, di un partito che di fatto è diventato il movimento Maga. Non è più il partito repubblicano. Nell’amministrazione sono tutti lealisti trumpiani o figure che dipendono da Trump. Ci potrebbero essere dimissioni, come nel primo mandato, dove nell’amministrazione entrava o usciva gente ogni settimana. Ma Trump affronterebbe i cambi da una posizione di forza e non credo ci possano essere fronde interne in grado di indebolirlo. Appena qualcuno tira su la testa, come è successo in Senato, poi la abbassa subito”.
Quindi non lo spaventa nulla?
“Più che le fratture tra i repubblicani sarà la risposta dei mercati e di alcuni grandi interessi economici a pesare. Trump non ha convincimenti radicati o principi ideali inscalfibili: se vede che la situazione sta crollando, può battere in ritirata”.
Gli economisti stimano la probabilità che gli Usa entrino in recessione al 60%. Se dovesse succedere, quali sarebbero le conseguenze per Trump e il partito repubblicano?
“L’indicatore più importante per capire le intenzioni di voto è l’indice di fiducia dei consumatori. E attualmente è molto basso. Il malumore dell’opinione pubblica e di alcuni grandi interessi economici peserà moltissimo”.
Trump è stato appoggiato durante la campagna elettorale da Big Tech. Ora la Silicon Valley soffre. Quanto può durare la fedeltà di Amazon, Meta e Google?
“Una parte di Big Tech è sicuramente preoccupata, ma questi gruppi si sono legati a Trump per due ragioni: la promessa di un taglio significativo alla corporate tax, che farebbe guadagnare loro centinaia di milioni di dollari, e l’opposizione a nuovi meccanismi di regolamentazione”.
L’idea ventilata da Elon Musk al congresso della Lega di un’area a zero dazi con l’Europa appare in netto contrasto con la politica di Trump. Si è rotto qualcosa tra i due?
“Nessun presidente, dopo un mese dall’insediamento, ha avuto tassi di consenso più bassi di Trump. Il tycoon è impopolare, ma Musk, che a suo modo è un globalista, lo è ancora di più e rischia di diventare una zavorra. Il proprietario di ‘X’ potrebbe essere uno dei primi a essere sacrificato se l’impopolarità dovesse montare”.
Tra i democratici c’è malumore per una risposta a Trump che molti simpatizzanti ritengono troppo debole. Al partito manca un leader?
“Sicuramente. E manca anche una leadership congressuale. Al Senato Chuck Schumer rappresenta un tipo di opposizione vecchia, bolsa e che ha perso credibilità e forza. Ma sono abbastanza certo che i leader emergeranno nei prossimi due anni, nella campagna elettorale di midterm, e nelle primarie”.