Adolescence, più reale del vero “Bullismo? L’abbiamo visto da vicino, ho paura delle foto ritoccate in Rete”

Viaggio tra gli under 15 dopo la visione della serie tv: “Dovrebbero guardarla i nostri genitori”

Apr 7, 2025 - 05:08
 0
Adolescence, più reale del vero “Bullismo? L’abbiamo visto da vicino, ho paura delle foto ritoccate in Rete”

Roma, 7 aprile 2025 – Una pillola rossa, l’emoji della dinamite, cuori colorati e il numero ‘100’. Guardando i social del tredicenne Jamie, né suo padre, né la polizia immaginavano che quei simboli, apparentemente innocui, potessero celare un linguaggio in codice fatto di frustrazione, odio, bullismo e teorie misogine. Ad accendere un faro sulla ‘manosfera’ e sui giovani ‘Incel’ (‘celibi involontari’) è stata la miniserie Netflix ‘Adolescence’ ideata da Jack Thorne e Stephen Graham. Lo scenario è quello del Regno Unito dove l’ideologia ‘Incel’ – sfociata nel 2021, a Plymouth, nella furia omicida che ha spinto il 22enne Jake Davison a uccidere cinque persone – attraverso la radicalizzazione online dei giovani, spesso isolati nelle loro stanze, è penetrata nelle scuole.

Teorie che in Italia viaggiano confinate nelle chat su Telegram, gruppi in cui, basta scorrere pochi messaggi per ritrovarsi immersi in un universo parallello fatto di complottismi, insulti verso il genere femminile e incitamento allo stupro, dove l’odio verso le donne, la misandria verso gli uomini aderenti agli standard imposti dalla società, e l’incapacità di stabilire relazioni con l’altro sesso fa da collante. Una subcultura che nel nostro Paese appare lontana dagli schermi dei giovanissimi. Ma sebbene la maggior parte di loro non abbia mai sentito la parola ‘Incel’ e definisca l’uso di emoji e linguaggi in codice datato e ‘cringe’, i punti di contatto tra la serie britannica e la realtà che vivono i nostri adolescenti non mancano.

“Non mi sembra impossibile che accada ciò che ho visto in ‘Adolescence’. A scuola – racconta Valerio, 12 anni – non ho mai sperimentato il bullismo, in classe non ci sono mai stati compagni emarginati o presi in giro, ma l’idea che un mio coetaneo possa compiere un gesto simile mi appare comunque verosimile: penso, ad esempio, alle sparatorie, alle stragi compiute in America da ragazzi adolescenti o poco più”.

“Vedere questa serie mi ha angosciata – gli fa eco Viola, 15 anni –. Ma penso che ‘Adolescence’ spinga i genitori a tenere d’occhio i figli, a cercare di capirli di più. Mi è capitato di assistere a episodi di bullismo in ogni scuola che ho frequentato ma nel mio ambiente c’è sempre stata una certa solidarietà di fondo tra le persone. C’è una forte sensibilità sul tema perché la maggior parte degli studenti ha sofferto di bullismo almeno una volta nella vita. Però è pieno di ragazzi che vengono esclusi perché magari sono diversi”.

“Noto molto, ed è stato un elemento che ho riscontrato nella serie, – commenta Livia, 15 anni – come esista una sorta di bullismo velato, invisibile, fatto di risentimenti, di invidia, di commenti all’apparenza belli ma, in realtà, volti a mettere in soggezione. Un sarcasmo implicito che fa sentire chi lo subisce come una nullità. Alle medie una ragazza non ha retto e ha cambiato scuola scrivendo in un messaggio le sue motivazioni. Ma penso che quando la frustrazione raggiunge il suo picco ci sia un rischio reale: alcuni possono arrivare a tentare il suicidio, altri invece provare una rabbia tale da cercare vendetta fisica”. Una preoccupazione, quest’ultima, che condivide anche Viola: “La cosa che mi fa più paura degli adolescenti isolati e bullizzati è il pensiero che possano sfogare il loro risentimento, la loro frustrazione in rabbia, in violenza, sviluppare idee pericolose”.

Le due 15enni hanno una visione comune anche dei rischi dei social. “Per stare sui social – dice Viola – bisogna essere abbastanza responsabili, perché il cyberbullismo può rovinare la vita a bambini e adolescenti. I genitori dovrebbero vigilare di più: se un ragazzo è troppo giovane, troppo immaturo, dovrebbero tenere sotto controllo quello che fa online”. “Secondo me l’età giusta per iniziare a usare i social – spiega Livia – è 14 anni: con i social vengono messe delle etichette a ogni persona che non ti permettono di essere altro. Alle medie non si è ancora abbastanza maturi per superare i commenti. E se sui social la presa in giro non è mai esplicita perché si rischia di essere segnalati, su whatsapp dove le foto di una persona possono essere ricondivise, modificate, trasformate in sticker, diventa palese. Instagram di recente ha introdotto dei limiti di utilizzo per gli under 16 ma sono tutele che proteggono dalle minacce esterne. Il problema è che la maggior parte delle volte i commenti cattivi arrivano dalla propria cerchia ristretta e ‘sicura’ di amici”.