Ucraina, cosa farà Trump

Le versioni di Trump e Putin sulla telefonata. I nodi da sciogliere sull'Ucraina e gli scenari. Conversazione con Federico Punzi, direttore di Atlantico Quotidiano, esperto di politica estera e americana

Mar 20, 2025 - 05:56
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Ucraina, cosa farà Trump

Le versioni di Trump e Putin sulla telefonata. I nodi da sciogliere sull’Ucraina e gli scenari. Conversazione con Federico Punzi, direttore di Atlantico Quotidiano, esperto di politica estera e americana

 

Punzi, visto che ha letto e studiato i comunicati della Casa Bianca e del Cremlino, ci aiuta a capire che cosa si sono detti Trump e Putin almeno secondo loro… In quali parti le versioni combaciano?

In realtà, non possiamo sapere veramente cosa si sono detti, ma quello che vogliono che si sappia che si siano detti. E questa è una differenza importante. Comprensibile che in questa fase a prevalere sia l’ottimismo della volontà, ovvero entrambe le parti sono interessate a mostrare la propria volontà di pace, nel caso di Putin molto probabilmente al di là delle concessioni che è disposto a fare per arrivarci.

In quali parti le versione combaciano?

Le due versioni collimano soprattutto nel ribadire la necessità di una “pace duratura” e nell’impegno a proseguire gli sforzi per arrivarci, oltre naturalmente all’accordo per un cessate il fuoco limitato per ora alle infrastrutture strategiche. Entrambi annunciano negoziati finalizzati a raggiungere un cessate il fuoco completo e auspicano di migliorare le relazioni bilaterali Usa-Russia.

E quali sono gli aspetti invece in cui le versioni differiscono? A Fox Trump mi pare abbia smentito che Putin ha chiesto lo stop di aiuti militari e di intelligence a Kiev. Come stanno le cose?

Se ne abbiano effettivamente parlato durante la telefonata non lo sapremo mai. Quello che sappiamo, ed è comunque significativo, perché i comunicati e le dichiarazioni sono rivolti anche al pubblico interno a Usa e Russia, è che nel resoconto del Cremlino si riferiva appunto di questa “condizione fondamentale” per arrivare ad un cessate il fuoco completo, ovvero la fine degli aiuti militari stranieri e della fornitura di intelligence a Kiev. Nel resoconto fornito alla Casa Bianca non c’è alcun accenno a tali richieste e poi nell’intervista di ieri sera a Laura Ingraham, Trump abbia esplicitamente negato che Putin abbia chiesto di cessare gli aiuti a Kiev: “No, non l’ha chiesto, non si è parlato affatto di aiuti”.

Perché queste differenze?

Può darsi che la Casa Bianca preferisca far finta di non aver sentito per far progredire i negoziati. E ci sta di spingere una narrazione positiva, ogni colloquio è per definizione “molto buono” e “produttivo”, anche quando partorisce un topolino. D’altra parte, la “condizione fondamentale” di Putin è sul tavolo ma per il momento non impedisce un primo parziale cessate il fuoco e l’avvio di negoziati nel merito. Ci sono anche altre differenze nelle due versioni. In quella russa si parla di un negoziato “bilaterale”, da cui gli ucraini sembrerebbero esclusi e in quella americana viene riportato che entrambi i leader avrebbero concordato che “l’Iran non dovrebbe mai essere in grado di distruggere Israele”.

Perché lei ha scritto che la richiesta di Putin di non far entrare l’Ucraina nella Nato è uno specchietto per le allodole?

Perché chi pensa che sia l’ipotesi di ingresso di Kiev nella Nato il principale casus belli, rimosso il quale sia facile arrivare alla pace, si illude, sbaglia. Le pretese di Putin non si esauriscono a quello. Basti pensare che la catena di eventi che ha portato a Euromaidan e all’occupazione e poi annessione della Crimea nel 2014 ha origine dal veto di Putin alla firma dell’accordo di associazione Ue-Ucraina da parte dell’allora presidente ucraino Yanukovich, un filorusso. La Nato non c’entrava nulla. Putin si oppone alla scelta occidentale degli ucraini, alla progressiva integrazione dell’Ucraina nel sistema occidentale, anche solo dal punto di vista economico, e vuole riportare il Paese sotto l’influenza russa, a prescindere dalla volontà del popolo ucraino.

È significativo davvero che i due abbiano convenuto che l’Iran non dovrebbe mai essere in grado di distruggere Israele?

Non sappiamo i termini precisi in cui è stato discusso questo tema, è significativo che la Casa Bianca abbia riportato questo passaggio nel suo resoconto, perché vuol dire che il dialogo con Mosca sta includendo diversi dossier e fronti di crisi internazionali, non solo l’Ucraina. Significativo che il Cremlino l’abbia omesso nel suo resoconto, limitandosi ad un generico riferimento alla “non proliferazione” senza citare l’Iran, uno dei suoi più stretti alleati.

Chi può davvero cantare più vittoria almeno mediaticamente, come immagine?

Credo entrambi, perché al di là delle nostre bolle mediatiche il pubblico americano ed europeo è favorevole ad una prospettiva di conclusione della guerra e il pubblico russo vede comunque la capacità di Putin di rompere l’isolamento in cui era caduta la Russia in Occidente e un trattamento “alla pari” da parte degli Usa, un riconoscimento di status.

Sbaglio o la svolta maggiore l’ha compiuta gli Stati Uniti che ora, con Trump, parlano con quello che Biden aveva chiamato “criminale di guerra”?

Certamente, finora sì. Come dicevo, l’apertura del negoziato e un percorso di normalizzazione delle relazioni bilaterali sono già un successo per Putin, ma inevitabile, perché non c’era altro modo per tentare una soluzione diplomatica se non riaprire i canali di comunicazione. Dall’esito finale si vedrà se la scommessa di Trump è stata vinta o persa. Il presidente Usa si gioca molto della sua presidenza in questo tentativo di reset con Putin. Con l’autocrate russo molti suoi predecessori si sono bruciati (Bush jr, Obama, Biden).

Cosa farà Trump ora?

Il presidente Usa è determinato a porre fine alla guerra e per indurre Kiev a sedersi al tavolo non ha esitato ad usare le maniere forti, ma la mia sensazione è che se vorrà ottenere una “pace” che non significhi regalare l’Ucraina a Mosca, esito che segnerebbe negativamente la sua presidenza, dovrà prima o poi esercitare la massima pressione anche su Putin, per costringerlo a far tacere le armi anche senza aver raggiunto i suoi obiettivi di guerra. Il presidente russo non avrà motivo per smettere di perseguirli se non incontrerà un limite invalicabile.