Truffa telefonica via WhatsApp su offerte di lavoro e curriculum
Nuova truffa telefonica su WhatsApp legata a finti annunci di lavoro e presunto invio del curriculum: quali rischi si corrono e come difendersi.

Una delle truffe telefoniche maggiormente diffuse nelle ultime settimane riguarda il mondo del lavoro e, nello specifico, la ricezione del curriculum vitae da parte di un finto recruiter che propone un’offerta di lavoro apparentemente allettante.
Sono numerose le segnalazioni relative a chiamate e messaggi da parte di un fantomatico reclutatore che, proponendo un contatto su WhatsApp o email con la scusa di approfondire una candidatura, diffonde virus informatici mirati a rubare dati sensibili e perfino denaro.
Come sottolinea Joelle Gallesi, Managing Director di Hunters Group, si tratta di tentativi di truffa non del tutto nuovi e basati su uno schema ormai consolidato:
Un finto recruiter contatta le persone e le invita a compilare moduli online o a rispondere ad una mail per continuare l’iter di selezione. Noi, che ogni giorno lavoriamo per migliorare la vita professionale dei lavoratori e delle lavoratrici, possiamo solo invitare a prestare attenzione, ma ci rendiamo conto che, per chi è alla ricerca di un lavoro, è un problema davvero enorme che, oltre a colpire magari economicamente chi ne è vittima, mina anche il rapporto di fiducia con le numerose società che, con grande impegno, lavorano per far incontrare domanda e offerta.
Per difendersi in modo adeguato e non cadere in trappola è importante riconoscere le possibili truffe a colpo d’occhio.
Gli esperti di Hunters Group, ad esempio, mettono in guardia sui falsi annunci di lavoro su LinkedIn, attraverso profili fake con nomi di aziende reali apparentemente attendibili. Le strategie per capire che si tratta di utenti fittizi non mancano:
- cercare di scoprire se la società menzionata esiste davvero e dove opera;
- osservare il profilo per verificare se ha pochi collegamenti e pochi post, probabile segno di utente fake;
- diffidare degli annunci che promettono stipendi a sei cifre lavorando per 2 ore al giorno.
Un altro rischio deriva, infine dalle truffe BEC (Business E-mail Compromise) basate sulla creazione di falsi profili che, tramite e-mail aziendale, contattano direttamente i dipendenti inducendoli ad acquistare buoni regalo o buoni pasto.
Un segnale che rende sospette queste richieste – spiega Gallesi – è legato alle modalità di pagamento non tracciabili e a una richiesta di eccessiva riservatezza e urgenza. Può capitare, infine, che arrivino mail fasulle con lo scopo di modificare i codici IBAN delle copie di cortesia delle fatture che i fornitori mandano all’azienda a seguito di un servizio erogato. Quest’ultimo genere di truffa colpisce particolarmente professionisti e piccole aziende.