Storia di una Notte: intervista al regista Paolo Costella
Seguiteci sempre su LaScimmiaPensa e sul nostro canale WhatsApp Storia Di Una Notte è in sala: Paolo Costella è regista di successi (Vicini di Casa, Terapia di Gruppo) ma anche sceneggiatore avendo scritto tanti blockbuster insieme a Paolo Genovese (Perfetti Sconosciuti, Follemente) e Gabriele Muccino (A Casa Tutti Bene). In questo film, affronta una delle cose più difficili […] L'articolo Storia di una Notte: intervista al regista Paolo Costella proviene da LaScimmiaPensa.com.

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Storia Di Una Notte è in sala: Paolo Costella è regista di successi (Vicini di Casa, Terapia di Gruppo) ma anche sceneggiatore avendo scritto tanti blockbuster insieme a Paolo Genovese (Perfetti Sconosciuti, Follemente) e Gabriele Muccino (A Casa Tutti Bene). In questo film, affronta una delle cose più difficili da raccontare al cinema: la morte di un figlio.
E lo fa con delicatezza ma anche con uno stile raggelato, molto autoriale, aiutato da due attori in stato di grazia come Anna Foglietta e Giuseppe Battiston (e dalla diciottenne Giulietta Rebeggiani), soprattutto facendo una scelta stilistica ben precisa. Storia di una Notte spariglia le carte fin dall’inizio, scegliendo Cortina -luogo cinematograficamente legato alla commedia, alla leggerezza, alla risata- come teatro di una storia cupa e dai toni freddi. Abbiamo parlato con lui di questo e altro, fino al suo esordio alla scrittura avvenuto con De Sica e Banfi…
Il film in sala dal 30 aprile ha tra i protagonisti Giuseppe Battiston e Anna Foglietta:, ed è un film molto affascinante, ma anche molto personale: c’è una scelta registica precisa che prosciuga qualsiasi altra cosa per dare campo libero ad una storia dolorosa, mai plateale, che sembra fermarsi sempre un attimo prima dell’esplosione. Come nasce l’idea del film?
Nasce proprio insieme a quello che lei ha appena notato, e mi fa piacere che lo abbia fatto: cioè nasce dall’interesse, dal piacere di trattare un tema che è quello del dolore che spesso nel cinema, che non solo viene un po’ eluso o non o viene trattato in modo più spettacolare, ma anche mai così diretto o sincero. E nasce dalla consapevolezza che dovendo fare questo tipo di operazione c’è bisogno di una grande sincerità, ecco… di pudore, nel trattare un tema che tocca poi la sensibilità di tutti, in qualche modo.
Storia di una Notte: un dramma senza sconti
Come ha lavorato con gli attori sul set? Non solo Battiston e Foglietta, ma anche la bravissima Giulietta Rebeggiani, che ha solo 18 anni, per avere questa recitazione (necessariamente) molto controllata, molto in sottrazione.
Tanto lavoro con gli attori si fa quando li scegli, perché devi sceglierli bene, certo. Però la cosa che credo poi determinante è il tono, sul quale ci siamo tutti allineati, che è stato è stato il desiderio di condividere lo stesso messaggio rispetto a quello che stavamo raccontando.
Noi ci siamo trovati prima dell’inizio delle riprese, e ci siamo chiesti “come vogliamo che il pubblico esca dalla sala, vedendo questo film?”, rispetto al tema del dolore: ci piacerebbe che uscisse con il pensiero che il dolore, possibilmente -quando uno ce la fa- sarebbe da affrontare, e che non è da superare, ma da attraversare e da portarsi dietro in modo dolce e consapevole. Avevamo tutti lo stesso pensiero rispetto a questo tema, e quindi secondo me ci siamo allineati anche a un tono in modo naturale.
Quando si parla di Paolo Costella, in generale vengono in mente gli ultimi successi, come per esempio i Vicini Di Casa, con la Lodovini e Bisio; ma Costella nasce anche come sceneggiatore, anche perché a me piace ricordare (se non sbaglio, il primissimo da sceneggiatore) quello che per me è un cult assoluto, Bellifreschi di Enrico Oldoini, ma anche lavori con Marco Ferreri ne La Carne, con Lilliana Cavani per L’Ordine del Tempo, (anche quello, un film molto importante, molto concettuale).
La chiave di lettura del suo cinema credo siano storie in equilibrio perfetto tra dramma contenuto e commedia leggera, tra gioie e dolori dell’esistenza. Quando scrive cosa ha in mente, cosa tiene come punto fermo?
Per me comandano le storie e gli incontri e le persone con cui lavoro, però forse quello che provo a fare in questo passaggio -anche tra cose molto diverse- è quello di portarmi dietro quello che imparo da una parte. C’è un tipo di lavoro molto diverso, cioè ho un approccio più autoriale quando lavoro con registi, come è stato con Lilliana Cavani, con Ferreri, con Laura Betti in passato… ma quel tipo di serietà e di rigore cerco di ricordarmelo anche quando faccio le cose leggere.
Ma allo stesso tempo provo a portarmi dietro anche un pensiero nei confronti di chi guarda il film più tipico, di quando si fa anche il cinema commerciale che non vuol dire fare le cose per seguire quel gusto, ma portarsi sempre vicino il pensiero che un giorno qualcuno vedrà quello che stai facendo; e ogni tanto questo pensiero se non ti condiziona però ti accompagna anche dalla scrittura.
Da Storia di una Notte a Perfetti Sconosciuti: alla ricerca del film perfetto
Dopo il Covid le situazioni in sala si è un po’ per fortuna stabilizzata: se prima c’era una massiccia partecipazione per il blockbuster, per i film più imponenti, sia italiani che stranieri, adesso la situazione sembra un po’ essere cambiata perché pur restando difficile o forse anche di più capire cosa vuole il pubblico; dall’altra però sembra che ci sia un ritorno verso i progetti che hanno realmente qualcosa di interessante da dire.
Come ad esempio il Follemente che ha scritto insieme a Paolo Genovese, o come Perfetti Sconosciuti: due successi mondiali, nel vero senso della parola. Ma cosa cerca il pubblico oggi in sala?
Secondo me cerca una ragione forte nel film che va a vedere.
Per questo è un momento in cui ci dev’essere sincerità anche tra gli addetti al lavoro, tra i quali c’è però anche confusione, perché nessuno di noi sta capendo bene un cambiamento che è radicale.
Il covid vuol dire soprattutto piattaforme; vuol dire, avere avvicinato non solo una fruizione diversa, ma anche generi, star system completamente diversi. Mi spiego: prima del covid nessuno sarebbe sognato di vedere un film coreano o spagnolo in lingua originale, è cambiato completamente il modo di fruire il cinema.
Quello che in questi momenti di passaggio può essere l’unica cosa che secondo me ognuno di uno deve seguire è cercare di dare qualità e sostanza alle cose che fa.
Vuol dire serietà negli intenti, vuol dire un cast che magari prova a essere originale, vuol dire anche nel piccolo caso di questo film che abbiamo fatto, Storia Di Una Notte, di cercare appunto di affrontare un tema che normalmente non lo si affronta, ma di farlo in modo sincero.
Ogni volta deve essere una qualità o una ragione per dire al pubblico “guarda che forse vale la pena uscire e andare in sala”.
Tornando allora, per finire, al film Storia di Una Notte: mi ha molto incuriosito, ma è stata una cosa vincente, la scelta di Anna Foglietta, che a memoria non ha mai avuto un ruolo completamente drammatico, anche se è una grandissima attrice capace di sfumature e lo ha dimostrato in questo film…
Io, come abitudine quando scrivo non penso mai agli attori, perché penso che si possa perdere un pò la creatività di quando si scrive. Quando però il film è scritto, lì inizio a pensare agli attori e poi magari ne tengo conto anche nelle revisioni.
La Foglietta e Battiston si erano incrociati proprio in Perfetti Sconosciuti dove non erano una coppia: ma devo dire che sono felice dell’idea di averli creati coppia perché sono due attori che, appunto, vengono da esperienze diverse. È vero che Anna frequenta di meno il cinema drammatico rispetto a Giuseppe – che anche ha frequentato la commedia ma in modo più grottesco. Ma secondo me sono perfetti nei loro ruoli per impersonare due persone molto diverse per estrazioni sociali, e che però sono riusciti a trovare un modo per stare insieme e per amarsi… che è la premessa del film che abbiamo raccontato.
A noi critici piace cercare un fil rouge che leghi insieme le opere degli autori: e con lei mi sembra possa essere l’osservazione del rapporto di coppia secondo declinazioni diverse e inedite. Anche La Carne di Ferreri indagava la coppia pur se una prospettiva grottesca; così come lo faceva L’Ordine delle Cose della Cavani, e poi i film di Muccino… ma anche, se vogliamo, nei film più leggeri al botteghino come La Fidanzata di Papà o Matrimonio al Sud.
È proprio così, ha centrato una cosa che credo io non abbia mai razionalizzato.
E mi sembra un punto di partenza interessante perché è di grande immedesimazione.
L’immedesimazione c’è dove ognuno può riconoscersi: da lì poi comincia il lavoro invece per rendere originale il punto di vista e le soluzioni che trovi. Quindi parti da un tema in cui tutti si riconoscono e provi ad offrire dei punti di vista che invece possono risultare originali e quindi intriganti a chi vede.
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