Semplicità, chiarezza, empatia, gestualità. La rivoluzione di Papa Francesco, parroco del mondo

Impossibile non riconoscere al suo pontificato il desiderio di accogliere tutti. Con parole semplici e gesti irrituali. Con una fisicità dirompente. Nel giorno delle esequie di Jorge Mario Bergoglio l'analisi di Lella Mazzoli, professoressa emerita di sociologia della comunicazione all'Università di Urbino

Apr 26, 2025 - 02:40
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Semplicità, chiarezza, empatia, gestualità. La rivoluzione di Papa Francesco, parroco del mondo

La modernità o post-modernità della comunicazione potrebbe essere rappresentata nel modo di esprimersi di Papa Francesco. Trovo importante rifletterci, è un giusto esercizio e non solo per chi studia la dinamica e la strategia comunicativa. Importante osservare e capire i modi usati da un Papa che, per trasferire il suo pensiero, la sua benedizione, il suo ministero, lo ha fatto pubblicando un tweet, telefonando a sorpresa a cittadini qualunque o abbracciando una donna o un uomo non famosi. Lo abbiamo visto più volte con uno smartphone e il viso sorridente parlare con qualcuno dall’altra parte del filo, ops! dell’etere. Rivoluzionario, non solo per avere portato la tecnologia in Vaticano, soprattutto per averla usata come fosse un qualsiasi cittadino.

Come ha comunicato Papa Francesco

Nell’immaginario della tradizione ecclesiastica eravamo abituati a rappresentarci il Papa come un pastore con un bastone in mano che conduce le sue pecore all’ovile anziché con un cellulare per mettersi in connessione con gli altri e porsi però lo stesso obiettivo: condurre credenti e non credenti verso la sua Chiesa, il suo ovile. Un grande regista, dunque, che ha saputo fare suoi tutti i media e lo ha fatto con naturalezza e familiarità nonostante l’età e il ruolo. Ruolo di leader spirituale della istituzione più antica, all’interno -ma anche all’esterno- della quale è stato capace di parlare a un mondo secolarizzato, attraverso il linguaggio della tradizione ma anche dei social media.

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Con un linguaggio, peraltro, che arriva diretto con semplicità ma anche competenza, mai a caso. Sia che parlasse ai più umili o ai più potenti usava sempre il linguaggio appropriato. Obiettivo principale? Raggiungere il cuore dell’umanità: élite, popolo dei fans, credenti cattolici o di altre fedi religiose, agnostici. Strategia? Può essere. Non ha importanza. Sono questi tutti modi di costruire e abitare la comunità; in fondo è questo il senso del communicare, se lo usiamo in modo ecclesiale è  “partecipare all’altare” se nella vulgata è stare assieme e sapere mettersi in relazione con altri da sé. Difficile sostenere che non sia stato così per Papa Francesco, in tanti hanno messo in evidenza che era questa la sua cifra comunicativa, il suo stile

Quanto conta la comunicazione nell’agire di una persona che incarna tutti i credenti cattolici? Conta molto. Ora che Papa Francesco ha lasciato questo mondo la sua comunicazione è ancor di più un tema di grande discussione. Papa Francesco è diventato una figura di riferimento per milioni di persone in tutto il mondo, ha rivoluzionato il modo in cui il Vaticano parla ai cattolici e ai non cattolici. Veniamo dunque ad analizzare alcuni passaggi della  comunicazione di Jorge Mario Bergoglio attraverso alcune parole chiave.

Semplicità e chiarezza

Dovrebbero essere gli aspetti più distintivi della comunicazione, spesso disattesi ma non da Francesco che utilizza espressioni chiare. Un esempio è l’enciclica “Laudato si”, pubblicata nel 2015 nella quale Francesco affronta temi complessi come il cambiamento climatico e la giustizia ambientale e lo fa utilizzando un linguaggio comprensibile. Per riferirsi al Pianeta chiama la Terra, Casa Comune; un’espressione questa che evoca immediatamente con estrema chiarezza il tema della responsabilità ambientale. Non è scontato che un’enciclica sia così diretta e comprensibile.

Altra parola chiave: empatia. Se si pensa a questa parola riferendoci a Edith Stein, la grande filosofa tedesca allieva di Husserl che ha abiurato la religione ebraica per aderire a quella cattolica, si capisce tutto il significato del suo modo di essere. Diceva: entrare nei panni dell’altro da sé. Una volgare sintesi, la mia, ma rende l’idea della comunicazione empatica di Francesco che ci è apparsa come profonda comprensione e vicinanza alle sofferenze e alle gioie delle persone comuni. Lo si evince dai suoi discorsi, dai suoi gesti, il suo modo di mettersi nei panni degli altri. Il gesto, altra parola chiave. Non sono solo le sue parole a dire, a raccontare ma la sua gestualità, la comunicazione non verbale.

Non solo parole, dunque. Queste vengono sottolineate, rafforzate dalla gestualità, dalla postura, dalle scelte di abbigliamento e tutto assieme confezionano, – mi si passi il temine che può apparire irriverente ma non lo è-, messaggi poi percepiti come più autentici. Iconico il suo sorriso, quel toccare i bambini con carezze che talvolta paiono scappellotti gioiosi, quell’indossare paramenti non così corretti per i più integralisti. Rimarrà per tutti un’immagine indimenticabile quell’uomo stanco con quella sorta di mantello indossato nella sua prima uscita a San Pietro dopo il rientro a Santa Marta dall’Ospedale Gemelli, la rappresentazione di un qualunque uomo ammalato. Anche i laici o agnostici o addirittura atei non possono non riconoscere a queste modalità comunicative un senso di accoglienza e talvolta di commozione soprattutto quando i protagonisti che hanno ricevuto i suoi gesti sono persone con problemi gravi. Nella sua gestualità c’era non solo misericordia ma giustizia sociale per una maggiore inclusività.

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L’innovazione di Papa Francesco

Sicuramente ha avuto un rapporto piuttosto collaborativo con i media sia per la sua partecipazione agli eventi sia per le interviste che ha rilasciato talvolta in modo inaspettato, divertito e divertente a dimostrare rispetto per chi fa informazione e collaborazione e attenzione per la professione del giornalista. Una buona strategia del comunicatore. Come fece nella storica intervista rilasciata a Eugenio Scalfari nel 2013.

Usare tutti i canali per raggiungere il suo pubblico e ampliarlo il più possibile. @Pontifex, il suo account X, è straordinario non tanto per il numero di follower, ovvio che non possono essere pochi, ma per averlo aperto e per averlo usato in modo preciso, determinato e consapevole. Cosa, per esempio, che tanti politici dimenticano di fare. I social sono media importanti, un modo e un mondo globale dal quale non si è astenuto dei quali ha compreso la forza comunicativa soprattutto per la possibilità di interagire in tempo reale cosa che i media tradizionali non possono sempre garantire. Aveva compreso anche la forza dei messaggi e feedback attraverso i retweet o i like a garantire immediatezza.

In questo suo essere fortemente aperto alla innovazione tecnologica non si possono dimenticare le sue riflessioni ed esternazioni sulla intelligenza artificiale che definiva «affascinante e tremenda» allo stesso tempo e che solo un approccio etico, di rispetto delle regole può renderla a favore dell’uomo. Anche l’AI ha bisogno di essere conosciuta e usata a favore dell’umanità. Un messaggio che i comunicatori dovrebbero dare maggiormente. Mi pare che l’innovatore Francesco a modo suo e in modo fermo l’abbia fatto.