Salvare l’automotive, prove tecniche di un’Europa delle regioni

Convincere un tonto è difficilissimo. E certamente la Commissione Europea – uscente e rientrata, sotto la guida di Ursula Von der Leyen – ha fornito piena conferma di quest’assioma sul terreno accidentato delle regole sulle emissioniclimalteranti e sulle norme punitive calate sul settore dell’industria dell’auto. Con la normativa emanata nel Green Act – ispirato dai […] L'articolo Salvare l’automotive, prove tecniche di un’Europa delle regioni proviene da Economy Magazine.

Mar 8, 2025 - 21:55
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Salvare l’automotive, prove tecniche di un’Europa delle regioni

Convincere un tonto è difficilissimo. E certamente la Commissione Europea – uscente e rientrata, sotto la guida di Ursula Von der Leyen – ha fornito piena conferma di quest’assioma sul terreno accidentato delle regole sulle emissioniclimalteranti e sulle norme punitive calate sul settore dell’industria dell’auto.
Con la normativa emanata nel Green Act – ispirato dai Verdi dell’ex vicepresidente, l’oldanese Frans Timmermans, essenziale alla sopravvivenza della coalizione del primo governo della dottoressa, oggi ancora importante per il secondo ma un po’ meno! – le fabbriche automobilistiche europee avrebbero praticamente chiuso bottega. Innanzitutto quelle tedesche, che hanno subìto in pieno i rincari dei costi energetici dovuti a un’altra follia del loro sistema, quella per la quale Lady Merkel aveva legato mani e piedi la Germania al gas russo; privata del quale causa sanzioni (e privata anche, sempre dalla Merkel, della potenza di ben 23 centrali nucleari chiuse per paura dopo Fukushima) la Germania ha scoperto dolorosamente che l’energia costa un botto.
Ebbene: increduli che il loro potere politico di nazione-guida (ahinoi) dell’Unione potesse risultare così indifferente ai vertici europei, nonostante le origini della presidente; tardivi nel rendersi conto di quanto fossero finiti nella palta; i tedeschi non reagivano.Come annichiliti dalle mazzate.
Per loro fortuna, è intervenuta in soccorso una circostanza nuova, di tipo para-istituzionale, ossia l’inopinato attivismo dell’Automotive Regions Alliance (ARA), l’Alleanza tra le 36 regioni europee impegnate ad agevolare la transizione dell’industria automobilistica e dell’indotto tutelando, nel contempo, aziende, competenze e posti di lavoro. Presieduta da un italiano, l’assessore alle Attività Produttive di Regione Lombardia Guido Guidesi, ex sottosegretario di governo, leghista di gravitazione Giorgett, la Commissione, al culmine di un percorso durato 3 anni fatto di riunioni, analisi, strategie, aveva partorito un Manifesto firmato sostanzialmente da tutti i principali stakeholder del settore – diventato sostanzialmente il Documento ufficiale delle Regioni italiane – e poi sottoposto alla precedente Commissione europea per ribadire la necessità di raggiungere gli obiettivi ambientali indicati dalla Ue attraverso la ‘neutralità tecnologica’, ovvero attraverso tutte le opportunità offerte dalla scienza, dall’idrogeno ai combustibili alternativi, senza limitare le scelte all’elettrico. Linea che guarda caso sta affacciandosi adesso – miracolo! – nel ristretto e opaco cruscotto logico di Bruxelles.
Infatti, l’azione di ‘lobby istituzionale’ promossa dalla Lombardia ha coinvolto regioni italiane ed europee di diverso colore politico e ha saputo rendere inequivocabile il suo scopo, salvaguardare un comparto fondamentale nell’economia del Continente, che solo a livello lombardo vale oltre 30.000 imprese e 100.000 lavoratori, con un fatturato totale di oltre 40 miliardi di euro. Nelle scorse settimane, con diverse missioni a Bruxelles, Guidesi ha intensificato il dialogo con la Commissione Europea, fino all’epilogo – provvisorio ma speriamo non revocabile! – di questiultimi giorni con la presentazione da parte del Presidente della Commissione Europea  Ursula Von der Leyen del Regolamento Europeo per il settore Automotive.
E’ presto per cantare vittoria. Le autorità di un’Europa sostanzialmente non democratica, dove comanda una tecnostruttura elefantiaca mai eletta da nessuno, che tiene in sua balìa il Parlamento e gli stessi commissari, indotti dalle dinamiche reali a riferirsi ai rispettivi governi e non certo alla presidente… sono interlocutori caotici e inaffidabili: non garantiscono proprio nulla. Però, se oggi si può ragionevolmente sperare che almeno per il 2025 quei 15 miliardi di multe che si profilavano a carico delle case automobilistiche europee non saranno pretesi, lo si deve essenzialmente alla Commissione Guidesi. Una specie di lobby istituzionale, un collegio di definizione ed espressione delle esigenze comuni di un settore cardine per l’industria europea, ridotto a una larva per la politica dissennata e autolesionista dei tedeschi.
“Il concetto del ‘solo elettrico’ resta un assist incredibile ai cinesi – ha spiegato Guidesi in un recente intervento a Futura 2025, la fiera della sostenibilità di Brescia – Abbiamo attivato un lavoro di squadra che ha portato a riaprire il dibattito, ma non dobbiamo fermarci. La Commissione Europea ha fatto un passo avanti che però non basta a salvare l’industria dell’Automotive europea, per cui dobbiamo proseguire per trovare anche la necessaria maggioranza in Europa che ci consenta di correggere gli errori clamorosi commessi”.
Volendo estrapolare da questa vicenda, ancora in divenire, un metodo replicabile, vien da dire che questa Commissione stia collaudando l’efficienza di una nuova “Europa delle Regioni”, capace di scardinare le frontiere politiche e le carenze culturali che rendono ad oggi inconcludente o dannosa quasi tutta l’attività legislativa europea.
Sarà vera gloria? Difficile contarci, possibile sperarci.

 

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