Ronan, il leone marino che balla e segue il ritmo come noi: ma a che prezzo?
Al Long Marine Laboratory di Santa Cruz, in California, vive una star davvero insolita: si chiama Ronan, ha 16 anni, pesa 77 chili ed è un leone marino della California. La sua specialità? Tenere il ritmo musicale meglio degli esseri umani. Secondo uno studio pubblicato su Scientific Reports, Ronan è in grado di muovere la...

Al Long Marine Laboratory di Santa Cruz, in California, vive una star davvero insolita: si chiama Ronan, ha 16 anni, pesa 77 chili ed è un leone marino della California. La sua specialità? Tenere il ritmo musicale meglio degli esseri umani. Secondo uno studio pubblicato su Scientific Reports, Ronan è in grado di muovere la testa a tempo con una precisione sorprendente, persino superiore a quella di molti studenti universitari.
Nel 2013 ha stupito tutti ballando su canzoni pop come Boogie Wonderland degli Earth, Wind & Fire. Da allora, gli scienziati si sono chiesti se fosse solo un caso fortunato. Oggi, con test più rigorosi, Ronan ha confermato il suo talento.
Durante l’esperimento, ha dovuto seguire un metronomo a tre diverse velocità (112, 120 e 128 battiti al minuto). In ognuna, ha sincronizzato i suoi movimenti in modo regolare e preciso, senza perdere colpi. In alcuni casi è stata più coerente e affidabile dell’80% dei partecipanti umani.
Dal punto di vista scientifico, la scoperta è interessante: Ronan è la prima mammifera non vocale a dimostrare una capacità di sincronizzazione ritmica. Finora si pensava che solo chi sa imitare suoni (come gli umani e alcuni uccelli) potesse tenere il tempo. Ronan mette in crisi questa idea. Certo è che il fatto che abbia avuto bisogno di anni di addestramento suggerisce che la sua abilità non sia spontanea, bensì il frutto di un lungo processo di condizionamento.
Questa capacità ha implicazioni profonde. Potrebbe suggerire che la percezione del ritmo non sia legata solo alla musica o al linguaggio, ma a funzioni più antiche ed evolutive, come muoversi in acqua seguendo le onde o prevedere i movimenti delle prede.
Fin che punto è lecito tutto questo?
Ronan non è nata in uno studio universitario. È stata trovata nel 2009 dopo ripetuti episodi di denutrizione e spiaggiamento lungo un’autostrada. Considerata non rilasciabile, è finita in un laboratorio dove, tra un esperimento e l’altro, ha imparato a “danzare”. La sua storia è commovente, ma pone interrogativi etici. È lecito usare un animale selvatico, salvato da una condizione critica, per compiere esperimenti che, per quanto volontari, avvengono in condizioni artificiali?
Gli scienziati assicurano che Ronan partecipa spontaneamente. Se non vuole “lavorare”, si tuffa in acqua e fine della seduta. Ma si tratta pur sempre di un ambiente controllato, lontano dalla libertà che un leone marino dovrebbe conoscere nel proprio habitat. In natura, Ronan avrebbe bisogno di seguire ritmi ben diversi: le correnti, la caccia, la fuga. In laboratorio, segue un metronomo e “danza” davanti agli scienziati. È questo davvero “scienza”, o un modo più sofisticato di fare intrattenimento mascherato da ricerca?
In un’epoca in cui si riflette sempre di più sul benessere animale e sul diritto alla libertà delle specie selvatiche, esperimenti come questi andrebbero osservati con occhio critico. Non basta dire che l’animale “non è forzato”: occorre chiedersi se è giusto privarlo della sua natura per il nostro desiderio di stupirci e capire meglio noi stessi.
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