Risorse umane, il retail è a forte rischio di disingaggio

Secondo la ricerca Confimprese-Ipsos, le criticità si concentrano soprattutto tra i lavoratori con meno di 2 anni di esperienza Confimprese, la più importante associazione nel retail e nel franchising, lancia un allarme, ma nel contempo un dato molto interessante per le implicazioni socio-culturali di un possibile dibattito tra lavoro e spinta motivazionale, entrambe risorse sempre più scarse e destinate ad esaurirsi per svariate ragioni. Il 28,7% dei lavoratori risulta a rischio (in misura più o meno elevata) di disingaggio, mentre oltre la metà degli intervistati, pari al 51,2%, sta prendendo in considerazione l’idea di cambiare organizzazione o addirittura settore professionale. Una parte di questi è già attivamente impegnata nella ricerca di alternative. Le criticità si concentrano in particolare tra i lavoratori con minore esperienza nel settore e con meno di 2 anni di esperienza; e già questo suggerisce la necessità di ripensare i percorsi di inserimento e per i nuovi assunti. Queste alcuni dei principali rilievi nella ricerca condotta da Ipsos per Confimprese in collaborazione con Università Bicocca e Università di Parma su un campione statisticamente rappresentativo dei lavoratori del comparto retail. Sono state realizzate 900 interviste (265 nella Gdo, 427 nel retail non food e 208 nel settore della ristorazione commerciale). Il 54% del campione è di sesso femminile (gli uomini rappresentano formano il restante 46%). Oltre la metà, pari al 58%, ha un diploma superiore, mentre il 34% un titolo universitario. Il 77% ha un contratto a tempo indeterminato, il restante a tempo determinato. Come fidelizzare i lavoratori Spesso i dipendenti possono sentirsi poco motivati a rimanere a lungo termine a causa di salari non competitivi, mancanza di opportunità di crescita professionale, bassa autonomia o un ambiente di lavoro poco stimolante. Lo conferma anche Mario Resca, presidente Confimprese. "La situazione nel retail è critica anche nei giovani. Negli ultimi 5 anni ce ne sono 1 milione e mezzo in meno nel mondo del lavoro, anche perché nelle giovani generazioni sono cambiati i paradigmi lavorativi, i nuovi driver sono l'equilibrio tra vita privata e lavoro, partecipare alla mission dell’azienda e la retribuzione. Tra le principali cause della scarsa affezione al posto di lavoro vi sono bassa autonomia, turni irregolari, poche opportunità di crescita. Il retail deve rivedere il modello di sviluppo per motivare le risorse, in particolare la gestione dei rapporti tra capi e collaboratori, per rafforzare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei lavoratori, che cercano valori coerenti in azienda in cui identificarsi. Dobbiamo creare una solida cultura del retail, che oggi manca, e rapporti più stretti con il mondo della scuola e della formazione professionale". Inoltre, il settore retail, che è labour intensive, è noto per gli alti tassi di turnover (oltre il 60% e fino al 75% per i part-time), poiché molti lavoratori sono impiegati part-time o stagionali. Per migliorare la fidelizzazione, le aziende potrebbero investire in programmi di formazione, riconoscimenti e incentivi, oltre a creare un ambiente di lavoro positivo e inclusivo. Gli indicatori chiave dell'engagement L’analisi ha messo in evidenza connessioni significative tra alcuni aspetti del clima organizzativo e due indicatori chiave: l’engagement risulta fortemente correlato alla soddisfazione intrinseca, cioè al contenuto del lavoro svolto, e all’attaccamento affettivo verso l’organizzazione. Al contrario, la propensione a lasciare l’azienda è legata soprattutto alla qualità della relazione con i capi. Questi risultati pongono l’attenzione sulla necessità di rivedere alcuni processi organizzativi, in particolare quelli che riguardano la gestione dei rapporti tra capi e collaboratori, per rafforzare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei lavoratori in un settore sempre più strategico e competitivo. Del resto, anche i dati Istat rielaborati da Umana parlano chiaro: la difficoltà di reperimento è pari al 31,8% per gli addetti alle vendite e al 47,7% per gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, le professioni più richieste nel mese di marzo 2025. Inoltre, quasi un’azienda su tre richiede personale nei due settori, il 17% nella ristorazione e il 13% nel retail. A questo proposito Confimprese ha da poco firmato una partnership con Retail Institute Italy e con la collaborazione di Its Academy Machina Lonati per la formazione di assistant store manager da inserire nel mondo del retail, ristorazione e Gdo, dove mancano oltre 3.500 figure professionali. Il progetto partirà in novembre e prevede l’assunzione di giovani dai 18 ai 29 anni con contratto di apprendistato dal primo giorno di aula e 2 anni di formazione gratuita anche in punto vendita. Il titolo di studio è il diploma tecnico superiore riconosciuto dal Ministero dell’istruzione. L'articolo Risorse umane, il retail è a forte rischio di disingaggio è un contenuto originale di M

Apr 14, 2025 - 10:48
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Risorse umane, il retail è a forte rischio di disingaggio
Secondo la ricerca Confimprese-Ipsos, le criticità si concentrano soprattutto tra i lavoratori con meno di 2 anni di esperienza

Confimprese, la più importante associazione nel retail e nel franchising, lancia un allarme, ma nel contempo un dato molto interessante per le implicazioni socio-culturali di un possibile dibattito tra lavoro e spinta motivazionale, entrambe risorse sempre più scarse e destinate ad esaurirsi per svariate ragioni. Il 28,7% dei lavoratori risulta a rischio (in misura più o meno elevata) di disingaggio, mentre oltre la metà degli intervistati, pari al 51,2%, sta prendendo in considerazione l’idea di cambiare organizzazione o addirittura settore professionale. Una parte di questi è già attivamente impegnata nella ricerca di alternative. Le criticità si concentrano in particolare tra i lavoratori con minore esperienza nel settore e con meno di 2 anni di esperienza; e già questo suggerisce la necessità di ripensare i percorsi di inserimento e per i nuovi assunti.

Queste alcuni dei principali rilievi nella ricerca condotta da Ipsos per Confimprese in collaborazione con Università Bicocca e Università di Parma su un campione statisticamente rappresentativo dei lavoratori del comparto retail. Sono state realizzate 900 interviste (265 nella Gdo, 427 nel retail non food e 208 nel settore della ristorazione commerciale). Il 54% del campione è di sesso femminile (gli uomini rappresentano formano il restante 46%). Oltre la metà, pari al 58%, ha un diploma superiore, mentre il 34% un titolo universitario. Il 77% ha un contratto a tempo indeterminato, il restante a tempo determinato.

Come fidelizzare i lavoratori

Spesso i dipendenti possono sentirsi poco motivati a rimanere a lungo termine a causa di salari non competitivi, mancanza di opportunità di crescita professionale, bassa autonomia o un ambiente di lavoro poco stimolante. Lo conferma anche Mario Resca, presidente Confimprese. "La situazione nel retail è critica anche nei giovani. Negli ultimi 5 anni ce ne sono 1 milione e mezzo in meno nel mondo del lavoro, anche perché nelle giovani generazioni sono cambiati i paradigmi lavorativi, i nuovi driver sono l'equilibrio tra vita privata e lavoro, partecipare alla mission dell’azienda e la retribuzione. Tra le principali cause della scarsa affezione al posto di lavoro vi sono bassa autonomia, turni irregolari, poche opportunità di crescita. Il retail deve rivedere il modello di sviluppo per motivare le risorse, in particolare la gestione dei rapporti tra capi e collaboratori, per rafforzare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei lavoratori, che cercano valori coerenti in azienda in cui identificarsi. Dobbiamo creare una solida cultura del retail, che oggi manca, e rapporti più stretti con il mondo della scuola e della formazione professionale".

Inoltre, il settore retail, che è labour intensive, è noto per gli alti tassi di turnover (oltre il 60% e fino al 75% per i part-time), poiché molti lavoratori sono impiegati part-time o stagionali. Per migliorare la fidelizzazione, le aziende potrebbero investire in programmi di formazione, riconoscimenti e incentivi, oltre a creare un ambiente di lavoro positivo e inclusivo.

Gli indicatori chiave dell'engagement

L’analisi ha messo in evidenza connessioni significative tra alcuni aspetti del clima organizzativo e due indicatori chiave: l’engagement risulta fortemente correlato alla soddisfazione intrinseca, cioè al contenuto del lavoro svolto, e all’attaccamento affettivo verso l’organizzazione. Al contrario, la propensione a lasciare l’azienda è legata soprattutto alla qualità della relazione con i capi. Questi risultati pongono l’attenzione sulla necessità di rivedere alcuni processi organizzativi, in particolare quelli che riguardano la gestione dei rapporti tra capi e collaboratori, per rafforzare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei lavoratori in un settore sempre più strategico e competitivo.

Del resto, anche i dati Istat rielaborati da Umana parlano chiaro: la difficoltà di reperimento è pari al 31,8% per gli addetti alle vendite e al 47,7% per gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, le professioni più richieste nel mese di marzo 2025. Inoltre, quasi un’azienda su tre richiede personale nei due settori, il 17% nella ristorazione e il 13% nel retail. A questo proposito Confimprese ha da poco firmato una partnership con Retail Institute Italy e con la collaborazione di Its Academy Machina Lonati per la formazione di assistant store manager da inserire nel mondo del retail, ristorazione e Gdo, dove mancano oltre 3.500 figure professionali. Il progetto partirà in novembre e prevede l’assunzione di giovani dai 18 ai 29 anni con contratto di apprendistato dal primo giorno di aula e 2 anni di formazione gratuita anche in punto vendita. Il titolo di studio è il diploma tecnico superiore riconosciuto dal Ministero dell’istruzione.

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