Job Crafting riempire il vuoto senza perdere i confini
Rendere il lavoro più stimolante creando opportunità nel proprio contesto può essere la soluzione a situazioni insoddisfacenti. Una strategia da trasferire ai lavoratori? (da Mark Up 338 aprile 2025) Si può anche restare. La demotivazione sul lavoro non deve sempre tradursi nella ricerca di una via di fuga, nella corsa a chiudere una porta d’uscita per aprire un ipotetico portone, rischiando talvolta di ritrovarsi in un gioco di porte girevoli. Il lavoro è parte della nostra identità, e il suo significato si costruisce nel tempo. Quando il movente principale che ci spinge a lavorare, che per ciascuno è diverso, sembra perdere forza, spesso per un eccesso di routine o per cambiamenti organizzativi e tecnologici che ridefiniscono il rapporto tra abilità personali e mansioni, si attiva in noi, a livello neurologico, un impulso esplorativo che ci protegge dal rischio di sentirci senza prospettive. Esistono due strade per ridare senso al proprio lavoro. La prima è inserirlo in una narrazione di lungo periodo, integrandolo con i propri valori e temi di vita personali. La seconda è rimanere nel presente e riformulare il proprio posizionamento lavorativo, rendendo la quotidianità più gratificante. La prima via si avvicina alla Career Construction Theory di Mark Savickas, che interpreta la carriera come un viaggio non lineare di costruzione identitaria. La seconda è il Job Crafting, concetto sviluppato da Wrzesniewski & Dutton, che propone strategie concrete per rendere il lavoro più stimolante senza dover cambiare ruolo o settore. Nuova prospettiva Secondo quanto prospettato da Job Cafting, se il viaggio di carriera è un percorso di individuazione, allora deve prevedere anche pause di riflessione, in cui l’obiettivo non è fuggire ma reimparare a trovare piacere nel restare e crescere dentro i vincoli esistenti. Secondo il concetto di Capability Process, la possibilità di scelta e di azione è determinata dall’ampiezza delle opportunità economiche, sociali e culturali a disposizione. Tuttavia, la percezione dei confini in cui siamo contenuti può modificare profondamente il nostro sviluppo professionale, preparando anche a uno slancio futuro più autentico e consapevole. Il Job Crafting può essere letto come un processo basato sul concetto di “contrainte”, il vincolo che stimola la creatività. In letteratura, nel design e nella psicologia del lavoro, la limitazione non è vista come un ostacolo, ma come un confine all’interno del quale l’innovazione può essere esponenziale. In questa prospettiva, più che pensarsi come protagonisti del proprio film, il lavoratore si scopre parte di un sistema più ampio, un attore responsabile di far funzionare e rendere intensa, grazie al perfezionamento del suo talento, una scena di un’opera più grande. Il vero cambiamento non nasce dal superamento forzato dei vincoli esterni, ma dalla capacità di ridefinire il rapporto tra sé e il lavoro, trasformando convinzioni limitanti e ampliando il proprio spazio di azione. Trovare un nuovo piacere nel proprio ruolo diventa un atto di auto-manipolazione strategica, un processo in cui si esplorano nuove prospettive e si ridefinisce il senso di ciò che già esiste. Quando il legame tra persona e lavoro smette di essere spontaneo e si incontrano resistenze, la vera autonomia non sta nell’illusione di un cambiamento immediato, ma nella capacità di creare nuove possibilità dentro il proprio contesto. In questo senso, il lavoro torna a essere creativo. Tre dimensioni Il Job Crafting interviene su tre dimensioni distinte. La prima riguarda la riorganizzazione delle mansioni quotidiane, che può passare attraverso l’uso della tecnologia, l’introduzione di attività più stimolanti o un riequilibrio delle responsabilità personali nel contesto dell’organizzazione. La seconda si concentra sulle relazioni lavorative, modificando il modo in cui ci si relaziona con colleghi e clienti, lavorando sulla frequenza e sulla qualità delle interazioni. La terza dimensione riguarda la riformulazione della percezione del proprio ruolo, osservando il lavoro in un contesto narrativo più ampio e trovandone un significato più profondo e considerando aspetti precedentemente trascurati. In sintesi, il Job Crafting è un lavoro sull’individuo e su come le azioni legate al lavoro incidano sulla sua neuroplasticità e quindi sulla sua crescita personale. Può però essere promosso anche come strumento di benessere aziendale, ma solo se non viene usato come una tecnica per assimilare il lavoratore all’identità del brand. È un’iniziativa positiva solo se l’azienda accetta il rischio che alcuni lavoratori scoprano di non appartenere più a quel contesto. Se invece l’unico scopo è aumentare l’engagement, allora il Job Crafting diventa una strategia manipolativa travestita da sviluppo personale. Affinché sia autentico, il Job Crafting deve garantire un percorso di individuazione libero e non pilotato. Il rischio che la pressione sociale e organizzativa spinga il lavoratore a modellarsi sull


Si può anche restare. La demotivazione sul lavoro non deve sempre tradursi nella ricerca di una via di fuga, nella corsa a chiudere una porta d’uscita per aprire un ipotetico portone, rischiando talvolta di ritrovarsi in un gioco di porte girevoli. Il lavoro è parte della nostra identità, e il suo significato si costruisce nel tempo. Quando il movente principale che ci spinge a lavorare, che per ciascuno è diverso, sembra perdere forza, spesso per un eccesso di routine o per cambiamenti organizzativi e tecnologici che ridefiniscono il rapporto tra abilità personali e mansioni, si attiva in noi, a livello neurologico, un impulso esplorativo che ci protegge dal rischio di sentirci senza prospettive. Esistono due strade per ridare senso al proprio lavoro. La prima è inserirlo in una narrazione di lungo periodo, integrandolo con i propri valori e temi di vita personali. La seconda è rimanere nel presente e riformulare il proprio posizionamento lavorativo, rendendo la quotidianità più gratificante. La prima via si avvicina alla Career Construction Theory di Mark Savickas, che interpreta la carriera come un viaggio non lineare di costruzione identitaria. La seconda è il Job Crafting, concetto sviluppato da Wrzesniewski & Dutton, che propone strategie concrete per rendere il lavoro più stimolante senza dover cambiare ruolo o settore.
Nuova prospettiva
Secondo quanto prospettato da Job Cafting, se il viaggio di carriera è un percorso di individuazione, allora deve prevedere anche pause di riflessione, in cui l’obiettivo non è fuggire ma reimparare a trovare piacere nel restare e crescere dentro i vincoli esistenti. Secondo il concetto di Capability Process, la possibilità di scelta e di azione è determinata dall’ampiezza delle opportunità economiche, sociali e culturali a disposizione. Tuttavia, la percezione dei confini in cui siamo contenuti può modificare profondamente il nostro sviluppo professionale, preparando anche a uno slancio futuro più autentico e consapevole. Il Job Crafting può essere letto come un processo basato sul concetto di “contrainte”, il vincolo che stimola la creatività. In letteratura, nel design e nella psicologia del lavoro, la limitazione non è vista come un ostacolo, ma come un confine all’interno del quale l’innovazione può essere esponenziale. In questa prospettiva, più che pensarsi come protagonisti del proprio film, il lavoratore si scopre parte di un sistema più ampio, un attore responsabile di far funzionare e rendere intensa, grazie al perfezionamento del suo talento, una scena di un’opera più grande. Il vero cambiamento non nasce dal superamento forzato dei vincoli esterni, ma dalla capacità di ridefinire il rapporto tra sé e il lavoro, trasformando convinzioni limitanti e ampliando il proprio spazio di azione. Trovare un nuovo piacere nel proprio ruolo diventa un atto di auto-manipolazione strategica, un processo in cui si esplorano nuove prospettive e si ridefinisce il senso di ciò che già esiste. Quando il legame tra persona e lavoro smette di essere spontaneo e si incontrano resistenze, la vera autonomia non sta nell’illusione di un cambiamento immediato, ma nella capacità di creare nuove possibilità dentro il proprio contesto. In questo senso, il lavoro torna a essere creativo.
Tre dimensioni
Il Job Crafting interviene su tre dimensioni distinte. La prima riguarda la riorganizzazione delle mansioni quotidiane, che può passare attraverso l’uso della tecnologia, l’introduzione di attività più stimolanti o un riequilibrio delle responsabilità personali nel contesto dell’organizzazione. La seconda si concentra sulle relazioni lavorative, modificando il modo in cui ci si relaziona con colleghi e clienti, lavorando sulla frequenza e sulla qualità delle interazioni. La terza dimensione riguarda la riformulazione della percezione del proprio ruolo, osservando il lavoro in un contesto narrativo più ampio e trovandone un significato più profondo e considerando aspetti precedentemente trascurati. In sintesi, il Job Crafting è un lavoro sull’individuo e su come le azioni legate al lavoro incidano sulla sua neuroplasticità e quindi sulla sua crescita personale. Può però essere promosso anche come strumento di benessere aziendale, ma solo se non viene usato come una tecnica per assimilare il lavoratore all’identità del brand. È un’iniziativa positiva solo se l’azienda accetta il rischio che alcuni lavoratori scoprano di non appartenere più a quel contesto. Se invece l’unico scopo è aumentare l’engagement, allora il Job Crafting diventa una strategia manipolativa travestita da sviluppo personale. Affinché sia autentico, il Job Crafting deve garantire un percorso di individuazione libero e non pilotato. Il rischio che la pressione sociale e organizzativa spinga il lavoratore a modellarsi sulle aspettative aziendali è concreto. Per evitarlo, sarebbe utile una facilitazione neutrale, gestita da figure esterne all’azienda e scelte dal lavoratore in autonomia. Solo così il Job Crafting può diventare un vero strumento di autodeterminazione, e non l’ennesima strategia di conformità imposta.
Crafting strategico tra ri-costruzione e problem solving Strategico

psicologa del lavoro
e sociologa
Il Job Crafting può essere integrato in modelli ibridi, come dimostra il Crafting Strategico sviluppato da Paola Girelli, psicologa del lavoro e sociologa, che ha formalizzato un metodo registrato che combina job crafting, problem solving strategico (Giorgio Nardone Model) e approccio psicologico costruttivista. “Il modello -spiega Girelli- sta attualmente affrontando un percorso di ricerca azione che vuole testarne l’impatto in una logica Evidence-Based, con la collaborazione dell’impresa LabCom, ricerca e azione per il benessere psicosociale, riconosciuta Spin-off Accademico dell’Università degli Studi di Firenze”. La psicologa sottolinea come il percorso di job Crafting Strategico preveda un approccio proattivo e bottom-up. “L’obiettivo -continua Girelli- è rendere osservabili anche a livello quantitativo i benefici che si stanno evidenziando a livello operativo. Rispetto al semplice Job Crafting, questa interpretazione introduce un’analisi strategica del contesto, costringendo il cliente ad abbracciare un approccio non lineare, ampliando gli strumenti per comprendere il funzionamento della realtà in cui si è inseriti. Una delle strade possibili è immaginare di mettersi in difficoltà e moltiplicare le domande sul proprio agire e sul proprio modo di approcciarsi al lavoro. Chiedo ai clienti di osservare il proprio lavoro da almeno cinque prospettive diverse, perché la percezione che abbiamo delle nostre attività influisce direttamente sulla motivazione. Modificare il modo di guardare il proprio ruolo permette di ricostruirne il senso, senza necessariamente dover ripensare all’intera carriera”.
“Su come approcciarsi al lavoro: “Chiedo ai clienti di osservare il proprio lavoro da almeno cinque prospettive, perché la percezione che abbiamo delle nostre attività influisce direttamente anche sulla motivazione. Modificare il modo di guardare il proprio ruolo permette di ricostruirne il senso, senza per forza dover ripensare all’intera carriera”.
L'articolo Job Crafting riempire il vuoto senza perdere i confini è un contenuto originale di Mark Up.