Ricongiunzione contributi esteri INPS: riscatto o totalizzazione
Se stai leggendo questo articolo, probabilmente hai trascorso una parte della tua vita lavorativa all’estero, maturando contributi previdenziali in un altro Paese, oltre a quelli versati all’INPS. Ti starai chiedendo: “Che fine fanno quei contributi? Posso unirli a quelli italiani per ottenere la pensione?“. La risposta è sì, ma il percorso non è sempre semplice […] L'articolo Ricongiunzione contributi esteri INPS: riscatto o totalizzazione proviene da Fiscomania.

Se stai leggendo questo articolo, probabilmente hai trascorso una parte della tua vita lavorativa all’estero, maturando contributi previdenziali in un altro Paese, oltre a quelli versati all’INPS. Ti starai chiedendo: “Che fine fanno quei contributi? Posso unirli a quelli italiani per ottenere la pensione?“.
La risposta è sì, ma il percorso non è sempre semplice e immediato. Come commercialista specializzato in fiscalità internazionale, mi trovo quotidianamente ad assistere clienti che, come te, hanno carriere “frammentate” tra Italia ed estero. In questo articolo, faremo luce sulle due principali strade percorribili per valorizzare i tuoi contributi esteri ai fini della pensione italiana: la totalizzazione internazionale e il riscatto dei periodi di lavoro all’estero. Capiremo insieme cosa sono, come funzionano, chi può accedervi e quali sono i pro e i contro di ciascuna opzione.
Il problema dei contributi sparsi e l’importanza della pianificazione
Avere contributi versati in sistemi previdenziali di diversi Paesi può complicare l’accesso alla pensione. Potresti trovarti nella situazione di aver maturato anni di contributi in Italia e altri anni all’estero, ma nessuno dei due periodi, preso singolarmente, è sufficiente per raggiungere i requisiti minimi per la pensione in quel determinato Paese. È qui che entrano in gioco gli strumenti di coordinamento previdenziale internazionale.
L’obiettivo è permetterti di “sommare” virtualmente questi periodi per raggiungere il diritto alla pensione. L’Unione Europea e numerose convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con Paesi extra-UE hanno creato meccanismi specifici proprio per tutelare i lavoratori mobili come te. Tuttavia, le regole cambiano a seconda del Paese in cui hai lavorato (UE/SEE/Svizzera, Paese extra-UE convenzionato, Paese extra-UE non convenzionato) e dello strumento che si sceglie o si può utilizzare: la totalizzazione o il riscatto.
Il principio di territorialità
Effettuare un’attività di lavoro dipendente all’estero porta con se dei risvolti sia fiscali che previdenziali. Sotto questo profilo vige il principio di territorialità. In particolare, questo prevede che deve applicarsi la legge nel luogo ove avviene la prestazione lavorativa. Sostanzialmente, la disciplina previdenziale è collegata al contratto di lavoro ed in particolare al luogo ove avviene la prestazione lavorativa, indipendentemente dalla provenienza del lavoratore dipendente.
Superamento del principio di territorialità
Seguendo il principio di territorialità in modo apodittico, il lavoratore residente in Italia, non avrebbe stimoli a trasferirsi all’estero per lavoro. Questo in quanto si verrebbe a trovare privo della tutela previdenziale italiana, alla quale ha contributo fino a quel momento. Tuttavia, lo sviluppo del mercato del lavoro, sia in ambito europeo che globale ha permesso il superamento, in alcuni casi, del principio di territorialità. Infatti, la stipulazione di trattati o accordi internazionali in materia di sicurezza sociale e previdenziale hanno determinato il superamento del principio di territorialità. Questo si è reso possibile con i Paesi CEE e con altri Paesi legati all’Italia da interessi economici di reciprocità.
Secondo tale premessa, si rende evidente che, qualora non ci fossero deroghe al principio generale, il lavoratore residente in Italia, non avrebbe particolari stimoli a varcare il confine nazionale per motivi di lavoro. In quanto si verrebbe a trovare privo della tutela, a lui data in loco, dalla Legislazione sociale italiana. Quindi, i lavoratori italiani che, durante la loro vita lavorativa, hanno maturato posizioni assicurative presso Enti pubblici gestori dell’assicurazione previdenziale in Paesi stranieri possono essere agevolati. In pratica vi è la possibilità, a determinate condizioni, di conseguire il diritto ad una pensione unica utilizzando i contributi versati nei diversi Stati.
Vediamo come è possibile ottenere questo obiettivo sicuramente importante per una giusta tutela previdenziale.
Gli accordi internazionali per la sicurezza sociale
La possibilità di derogare al principio di territorialità è garantita dai:
- Regolamenti Comunitari, per quanto riguarda l’ambito degli Stati europei contraenti;
- Convenzioni bilaterali, per quanto riguarda i Paesi extracomunitari.
Questi accordi internazionali mirano, infatti, a garantire ai lavoratori migranti la stessa tutela previdenziale e pensionistica prevista dalle singole legislazioni nazionali, ovvero, la tutela riconosciuta per i soggetti che hanno sempre lavorato nello stesso Stato.
Tale risultato si realizza, soprattutto, mediante l’applicazione la cosiddetta “totalizzazione dei periodi assicurativi”, legata ai contributi pensione versati all’estero. Di norma, infatti, in ambito internazionale non esiste la possibilità del trasferimento dei contributi da uno Stato all’altro. E nemmeno la ricongiunzione delle varie posizioni assicurative (salvo pochi accordi particolari).
Gli accordi bilaterali sulla sicurezza sociale stipulati dall’Italia
Soprattutto negli ultimi anni moltissimi Stati si sono resi disponibili a disciplinare ed armonizzare sul piano giuridico e previdenziale accordi vincolanti sul piano sociale e previdenziale. Indubbiamente, l’obiettivo dichiarato di questi accordi è di venire incontro ai fenomeni migratori in ambito lavorativo.
Da un punto di vista pratico, lo strumento giuridico utilizzato dai vari Stati è quello degli accordi bilaterali (o trattati) in materia di sicurezza sociale. La Commissione Europea, incoraggia una maggiore cooperazione tra gli Stati membri per il coordinamento con gli Stati terzi in materia di sicurezza sociale, attraverso la ratifica di questo tipo di accordi.
Per questo motivo la Commissione ha pubblicato un documento sulla dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell’Unione europea: “COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell’Unione europea, doc. COM(2012) 153 final, Bruxelles, 30 marzo 2012“.
L’Italia, a partire dagli anni Settanta, ha stipulato una serie di accordi bilaterali con i Paesi di emigrazione a tutela della circolazione dei lavoratori suoi cittadini. Questi accordi sono fondati sul rispetto della non discriminazione e sulla garanzia di parità di trattamento di lavoratori e pensionati. In modo tale da coordinare le legislazioni degli Stati contraenti e di equiparare i territori nazionali perché la migrazione non comporti la perdita di diritti in materia previdenziale.
Attualmente sono in vigore accordi in materia di sicurezza sociale tra l’Italia e i seguenti Paesi:
- Argentina
- Australia
- Brasile
- Canada e Quebec
- Giappone
- Israele
- Isole del Canale e Isola di Man
- Messico (solo pagamento pensioni in Italia)
- Paesi dell’ex-Jugoslavia*
- Principato di Monaco
- Repubblica di Capo Verde
- Repubblica di Corea (solo distacco)
- Repubblica di Moldova (solo per trasferimento domande di pensione moldave)
- Repubblica di San Marino
- Santa Sede
- Tunisia
- Turchia
- Uruguay
- USA (Stati Uniti d’America)
- Venezuela
*I Paesi dell’ex-Jugoslavia sono:
- Repubblica di Bosnia ed Erzegovina
- Repubblica del Kosovo
- Repubblica di Macedonia
- Repubblica di Montenegro
- Repubblica di Serbia e Vojvodina (regione autonoma)
Applicazione degli accordi
In generale questi accordi bilaterali sulla sicurezza sociale sono applicabili ai cittadini degli Stati contraenti. Tuttavia, nel caso di Argentina, Canada, San Marino, Stati Uniti, Uruguay e Venezuela gli accordi stabiliscono che non è necessario essere cittadini di uno dei due Stati contraenti. Nel caso, infatti, è sufficiente essere assoggettati alle gestioni previdenziali in entrambi i Paesi.
Le prestazioni erogate sulla base di questi accordi includono i seguenti ambiti assicurativi:
- Vecchiaia, superstiti e invalidità;
- Infortuni sul lavoro e malattie professionali;
- Assegni familiari;
- Malattia e maternità;
- Disoccupazione.
L’importo della pensione viene determinato dal singolo Paese in base al proprio sistema di calcolo dei contributi e in proporzione ai periodi assicurativi maturati ai sensi della normativa interna.
In generale, questi accordi disciplinano la sicurezza sociale secondo i seguenti principi:
- Possibilità per il cittadino straniero di lavorare in Italia, pur rimanendo sotto la competenza normativa in materia di sicurezza sociale del proprio Paese di origine. Questo in deroga al principio della territorialità dell’obbligo contributivo.
- Garanzia di trattamento equo all’interno del sistema dello Stato ospitante in riferimento a particolari prestazioni. Ovvero l’uguaglianza di trattamento è valida per i contributi pensionistici di ambito di applicazione dell’accordo. Restando ferme le restrizioni sulle prestazioni di natura assistenziale (cioè non basate sui contributi versati).
- Esportabilità delle prestazioni di sicurezza sociale, per evitare la doppia imposizione fiscale. Norma che prevede la tassabilità della pensione nel solo Paese di residenza.
- Ulteriori previsioni per un migliore coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, ispirate ai principi enunciati dalla Commissione europea.
La totalizzazione internazionale: sommare i periodi senza costi
La totalizzazione contributiva internazionale è forse lo strumento più conosciuto e utilizzato, soprattutto per chi ha lavorato all’interno dell’Unione Europea, dello Spazio Economico Europeo (SEE) o in Svizzera, oppure in Paesi extra-UE con cui l’Italia ha siglato specifiche convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale.
Questo strumento permette di sommare i periodi assicurativi maturati in Italia e negli altri Stati convenzionati al solo fine di raggiungere i requisiti (principalmente l’anzianità contributiva minima) per il diritto alla pensione. Consente al lavoratore di evitare la doppia tassazione delle prestazioni previdenziali e di garantire un trattamento più equo ai lavoratori che hanno lavorato in più paesi. L’aspetto su cui prestare attenzione è che non si sommano gli importi dei contributi versati, ma solo i periodi di assicurazione.
Calcolo della quota di pensione
Una volta raggiunto il diritto grazie alla somma dei periodi, ogni Stato coinvolto calcolerà e liquiderà la propria quota di pensione (detta “pro-rata“) in base ai contributi effettivamente versati nel proprio sistema. Riceverai quindi diverse quote di pensione dai vari Paesi in cui hai lavorato, ammesso che tu abbia maturato il diritto secondo le regole di ciascuno (spesso facilitate dalla totalizzazione stessa).
Gli accordi internazionali in ambito comunitario stabiliscono, infatti, che l’interessato ha diritto a percepire, dall’istituzione competente di ciascuno Stato membro, l’importo più elevato tra:
- Quello derivante dal calcolo effettuato sulla base della sola legislazione nazionale (pensione autonoma) e
- Quello risultante dal calcolo effettuato secondo le regole del pro-rata.
Caratteristica della procedura sta nel fatto che non vi è un trasferimento dei contributi da un Paese all’altro, dato che questi restano accreditati nei rispettivi regimi previdenziali. I singoli Stati saranno quindi debitori solo della prestazione relativa ai contributi versati nei propri sistemi previdenziali. Il vantaggio principale è che la totalizzazione, di per sé, è gratuita. Permette di valorizzare periodi contributivi esteri che altrimenti potrebbero non essere sufficienti per una pensione autonoma in quel Paese.
Condizioni di applicazione
Per poter beneficiare della totalizzazione contributiva, è necessario che il lavoratore abbia maturato almeno un periodo di contribuzione minimo richiesto dal paese in cui intende ottenere la prestazione pensionistica. Ogni singolo trattato o accordo disciplina la diversa durata dei periodi per i quali è possibile procedere alla totalizzazione dei periodi assicurativi. Più precisamente, è previsto:
- Un periodo minimo di 52 settimane per gli Stati nei cui confronti si applica la normativa comunitaria (Paesi UE, SEE e Svizzera). Lo stesso periodo minimo è previsto anche con: Argentina, Australia, Repubblica di Capo Verde, Croazia, Repubblica di San Marino, Stati Uniti d’America, Tunisia, Turchia, Vaticano, Venezuela;
- Un periodo minimo di 1 settimana per il Brasile, Jersey e Isole del Canale, Uruguay, Bosnia Erzegovina, Serbia-Montenegro e Macedonia;
- Infine, un periodo minimo di 53 settimane per Canada – Quebec e Principato di Monaco.
Inoltre, è necessario che esista un accordo di totalizzazione contributiva tra il paese in cui il lavoratore ha maturato i periodi di contribuzione e il paese in cui intende ottenere la prestazione pensionistica.
La totalizzazione contributiva è un’opzione molto vantaggiosa per i lavoratori che hanno lavorato in più paesi, poiché permette loro di ottenere una prestazione pensionistica più elevata rispetto a quella che potrebbero ottenere dal singolo paese in cui hanno lavorato. Tuttavia, è importante notare che i requisiti per beneficiare della procedura possono variare da paese a paese e che è sempre consigliabile verificare le condizioni specifiche con le autorità competenti di ciascun paese.
I contributi previdenziali utili
Deve essere evidenziato che i contributi previdenziali utili utili sono:
- I contributi previdenziali obbligatori (es. quelli per lavoro dipendente o autonomo);
- I contributi previdenziali volontari;
- Il contributo figurativi (servizio militare, malattia, maternità, cassa integrazione guadagni, disoccupazione, mobilità, ecc.);
- I contributi da riscatto (corso legale di laurea, attività svolta in Paesi non convenzionati con l’Italia, etc.).
Per la liquidazione della pensione a carico delle gestioni previdenziali italiane valgono le medesime regole previste per la generalità degli assicurati. È necessario raggiungere i requisiti anagrafici e contributivi previsti per la pensione di vecchiaia o per la pensione anticipata stabiliti dalla Legge. Questo oltre che gli eventuali altri requisiti per la maturazione del diritto a pensione.
La totalizzazione contributiva dei contributi pensione non opera quando il lavoratore ha maturato nello Stato estero i requisiti previsti per la pensione.
Totalizzazione semplice o multipla
Attraverso la totalizzazione dei periodi assicurativi è possibile, per il lavoratore, perfezionare il diritto alle varie prestazioni previdenziali previste nei vari Stati oggetto dell’accordo. Questa procedura consente di utilizzare periodi contributivi compiuti in un altro Stato estero (in caso di totalizzazione semplice), oppure degli altri Stati contraenti (in caso di totalizzazione multipla), per ottenere una valorizzazione complessiva.
I periodi di assicurazione, di attività subordinata, autonoma o di residenza maturati in uno Stato contraente l’accordo possono essere sommati a quelli perfezionati in un altro Stato membro. Questa sommatoria di contributi avviene nella misura necessaria per conseguire la pensione. Tuttavia, a condizione che questi periodi non siano sovrapposti e che, nell’ambito dello Stato che concede la pensione, i contributi accreditati siano superiori ad un anno.
La totalizzazione dei periodi assicurativi ad oggi è può essere utilizzata da tutti i lavoratori che operano nei Paesi della Comunità Europea, oltre alla Svizzera e alla Croazia.
Esempio di posizione contributiva
Per capire meglio pensa al caso di un lavoratore che ha lavorato in Italia solo per un periodo della sua vita e poi si è trasferito in uno Stato dell’Unione Europea per un altro periodo. Ad esempio mettiamo caso che un lavoratore abbia versato in Italia 15 anni di contributi e in Francia altri 20 e al compimento dell’età richiesta voglia accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia.
Se non esistesse la totalizzazione contributiva il lavoratore non avrebbe la possibilità di accedere alla pensione. Questo perché non avrebbe raggiunto il requisito contributivo minimo di 20 anni di lavoro nella gestione previdenziale italiana. Tuttavia, attraverso la richiesta nello Stato ove attraverso la sommatoria delle annualità è possibile ottenere il trattamento pensionistico, il lavoratore può vedersi riconosciuto il trattamento pensionistico.
La domanda di pensione
La domanda di pensione deve presentata all’Istituzione competente (per l’Italia, l’INPS) dello Stato in cui il richiedente risiede. Questa è valida, a tutti gli effetti, anche per gli altri Stati in cui l’interessato ha lavorato. È compito dell’Ente del Paese di residenza segnalare agli Enti previdenziali competenti degli altri Paesi membri, in cui l’interessato ha lavorato, la richiesta presentata dal lavoratore. Inoltre, la domanda di pensione è comunque valida anche se il lavoratore non la presenta nello Stato di residenza; ciò può causare, peraltro, un allungamento dei tempi nella trattazione della pratica.
Sui moduli di domanda, da ritirare presso l’INPS se si tratta di residenti in Italia o presso l’Istituzione competente del Paese estero di residenza, occorre indicare le informazioni anagrafiche. Ma quelle relative all’attività lavorativa svolta nei diversi Stati e tutti gli altri dati necessari al calcolo della pensione.
Il riscatto dei periodi di lavoro all’estero: pagare per unificare
Il riscatto dei periodi di lavoro svolti all’estero è un’opzione profondamente diversa. Consiste nella possibilità di “convertire” i periodi di lavoro estero in contributi validi per il sistema pensionistico italiano, pagando un onere specifico all’INPS.
Presentando un’apposita domanda all’INPS e pagando l’importo richiesto (calcolato secondo specifiche regole basate sulla tua posizione e retribuzione in Italia), puoi far sì che gli anni di lavoro all’estero vengano considerati come se fossero stati lavorati e contribuiti in Italia, entrando a far parte del tuo montante contributivo italiano.
Questa opzione è generalmente prevista per i periodi di lavoro svolti in Paesi non convenzionati con l’Italia o, in alcuni casi specifici previsti dalla legge (come il riscatto della laurea conseguita all’estero o particolari normative per dipendenti pubblici), anche per periodi in Paesi convenzionati, magari come alternativa alla totalizzazione se valutata più conveniente. È fondamentale aver cessato l’attività lavorativa all’estero prima di presentare la domanda.
La richiesta di versamento per l’accredito di contributi da riscatto può essere effettuata anche per coprire parzialmente il periodo durante il quale vi è stata omissione contributiva. Quindi solo le settimane necessarie per il perfezionamento dei propri requisiti per l’accesso alla pensione, in Italia ovviamente. I contributi omessi possono essere accreditati solo dopo il pagamento di un onere di riscatto e sono utili per il diritto e per la misura di tutte le pensioni.
Il riscatto può portare, potenzialmente, a una pensione interamente calcolata secondo le regole italiane, che in alcuni casi specifici potrebbe risultare più vantaggiosa rispetto alla somma dei pro-rata derivanti dalla totalizzazione. Inoltre, unifica la gestione della pensione sotto l’INPS.
La domanda di riscatto
Il riscatto dei contributi esteri può essere richiesto dal lavoratore che al momento della domanda sia cittadino italiano, anche se durante i periodi di lavoro all’estero aveva la cittadinanza straniera. Inoltre, la richiesta può essere effettuata anche se il richiedente non risulta assicurato presso l‘INPS. Oltre ai lavoratori, può essere chiesto il riscatto dei contributi anche dai superstiti.
La domanda deve essere presentata alla sede Inps territorialmente competente per residenza, compilando il mod. RE1 appositamente predisposto. Per quanto riguarda la documentazione, la prima cosa da presentare è il certificato di cittadinanza italiana. Successivamente la documentazione utile a provare l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro svolto all’estero.
Il problema più importante è quello della data certa. La documentazione deve essere redatta con data relativa allo svolgimento del rapporto di lavoro. Si può presentare anche in epoca successiva alla ma non alla domanda di costituzione del riscatto. La condizione per la validità è che non sussistano elementi dai quali si rilevi che tale documentazione è stata costituita allo specifico scopo di usufruire della facoltà di riscatto.
La valutazione del costo del riscatto
La valutazione più importante per il lavoratore è la stima del costo del riscatto. Nel caso del riscatto dei periodi di lavoro all’esterno, l’ammontare dell’onere di riscatto è determinato sulla differenza tra:
- L’importo della pensione che spetterebbe al richiedente sulla base dei contributi complessivamente accreditati, compresi quelli oggetti di riscatto,
- L’importo della pensione determinato sulla base della contribuzione effettivamente accreditata nel fondo in cui si chiede il riscatto.
Il valore dell’onere è determinato applicando l’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda di riscatto. Questo nella misura prevista per il versamento della contribuzione obbligatoria dovuta nella gestione pensionistica dove viene effettuato il riscatto. Inoltre, varia in relazione all’età e al sesso del lavoratore, alla retribuzione percepita all’atto della domanda, al numero delle settimane riscattate e all’anzianità contributiva maturata con i contributi versati regolarmente. Varia altresì se il richiedente è già titolare di pensione.
Totalizzazione vs riscatto: qual è la scelta migliore
Come avrai capito, non esiste una risposta univoca. La scelta tra totalizzazione e riscatto (quando entrambe le opzioni sono teoricamente disponibili) dipende da una valutazione attenta e personalizzata della tua situazione specifica. Ecco alcuni fattori chiave da considerare:
- Paesi coinvolti: Hai lavorato in Paesi UE/convenzionati o non convenzionati? Questo determina in primis quali strumenti sono accessibili;
- Costi: Sei disposto/a ad affrontare l’onere economico, potenzialmente significativo, del riscatto? La totalizzazione è gratuita;
- Importo della pensione: È necessario effettuare simulazioni accurate. Il riscatto potrebbe portare a una pensione unica INPS più alta? O la somma dei pro-rata della totalizzazione risulta comunque conveniente?;
- Tempi e complessità: Le procedure per entrambe le opzioni richiedono tempo e documentazione specifica. Il riscatto aggiunge la complessità della gestione del pagamento;
- Obiettivi previdenziali: Qual è la tua età? Quando prevedi di andare in pensione? Quale importo pensionistico ti aspetti? Potrebbe essere conveniente valutare il versamento a forme di previdenza complementare?
Per approfondire: Pensioni Svizzere AVS e LPP: tassazione al 5%.
Consulenza online
In questo articolo ho cercato di riepilogare le principali disposizioni che riguardano gli accordi stipulati dall’Italia in materia di sicurezza sociale. Tali accordi risultano essere particolarmente importanti per la mobilità transnazionale dei lavoratori. Tuttavia, considerata la delicatezza della materia e l’eterogeneità delle situazioni dei singoli lavoratori, riuscire ad andare in dettaglio è sicuramente molto complesso.
Per questo motivo il consiglio che possiamo darti se ti stai approcciando a questa materia è sicuramente quello di interfacciarti con gli uffici dell’INPS. Solo in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di ricevere risposte certe legate alla tua situazione personale.
Se hai lavorato all’estero e vuoi capire qual è la strategia migliore per valorizzare i tuoi contributi ai fini della pensione INPS, contattami per una consulenza personalizzata. Analizzeremo insieme la tua situazione e troveremo la soluzione più adatta alle tue esigenze.
L'articolo Ricongiunzione contributi esteri INPS: riscatto o totalizzazione proviene da Fiscomania.