Riarmo Ue bocciato, perché è crollato il piano di von der Leyen da 150 miliardi

La bocciatura del piano da 150 miliardi Ue blocca l’indebitamento e difende la trasparenza, rispondendo a preoccupazioni economiche, come quelle sull’Italia e il debito pubblico

Apr 24, 2025 - 10:16
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Riarmo Ue bocciato, perché è crollato il piano di von der Leyen da 150 miliardi

Il Parlamento europeo ha bocciato in sede giuridica la proposta della Commissione Ue di creare un fondo di prestiti da 150 miliardi per il riarmo comune​. La commissione Affari giuridici (Juri) ha ritenuto non ammissibile l’uso dell’art.122 del Trattato (procedura d’urgenza) per accelerare l’iter senza voto dell’Europarlamento​. Il piano ReArm Europe presentato a marzo da Ursula von der Leyen, basato su cinque pilastri per mobilitare investimenti su larga scala nella difesa, rischia ora di arenarsi.

Evitare l’accelerazione del progetto tramite è stato un atto necessario, praticamente dovuto, non solo per preservare la legittimità delle decisioni, ma anche per evitare che una questione così delicata venga trattata come un’emergenza da risolvere con il “colpo di spugna”. Con il rischio di bypassare il dibattito democratico e limitare il confronto tra Stati membri, l’Ue avrebbe coraggiosamente infranto uno dei principi più saldi della sua esistenza: la partecipazione.

Bocciatura dell’iter accelerato

A marzo 2025 Ursula Von der Leyen aveva lanciato ReArm Europe, piano Ue quinquennale per potenziare la difesa comune. Il pacchetto prevedeva cinque assi principali e includeva un nuovo strumento chiamato Safe da 150 miliardi di prestiti Ue​. Il fondo Safe avrebbe cofinanziato spese militari nazionali in settori strategici (difesa aerea, artiglieria, droni, cyberwarfare, ecc.)​, favorendo acquisti congiunti europei. Si puntava a sbloccare investimenti pubblici e privati nel settore difesa, incentivando la domanda interna e la crescita dell’industria militare europea.

Ieri, 23 aprile, la commissione Juri ha approvato all’unanimità un parere legale secondo cui l’art.122 “non è base giuridica appropriata” per lo strumento Safe​. I giuristi parlamentari sottolineano che non ci sono emergenze (crisi, catastrofi) tali da giustificare la procedura d’urgenza: non si può bypassare il Parlamento con il solo voto a maggioranza qualificata del Consiglio​.

Il parere, inoltrato alla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola, contesta inoltre l’accelerazione prevista dall’art.122 (via libera del Consiglio senza passare per l’Europarlamento)​. Sebbene non vincolante, il documento mette la Commissione di fronte alla scelta se insistere sul piano o modificare la strategia.

Conseguenze per l’Italia

La cancellazione dell’iter accelerato comporta ricadute concrete per l’Italia. Senza i 150 miliardi di prestiti Ue, Roma dovrà finanziare con risorse proprie gli aumenti di spesa militare necessari. Oggi l’Italia spende circa 33 miliardi l’anno (2% del Pil)​.

Come riporta Sky Tg24, L’Italia nel quadro di ReArm Europe avrebbe dovuto salire verso i 70 miliardi annui entro il 2028, accumulando 88-120 miliardi in più nel quadriennio 2025-28​. Questo avrebbe fatto schizzare il deficit pubblico verso il 5%​.

Analisti e think tank sottolineano però che i prestiti Safe, diluiti su 45 anni, avrebbero un “impatto trascurabile sull’indebitamento” italiano​ e avrebbero sbloccato ulteriori cofinanziamenti Ue (Edf, Edirpa) per l’industria nazionale. Nel lungo periodo il piano sarebbe potuto diventare un incentivo per l’Italia (ancora sotto il 2% Nato) a rafforzare le proprie capacità difensive senza comprimere il welfare​.

Nel dibattito interno Forza Italia e FdI spingevano per il piano​, mentre Lega e M5S lo criticavano per l’impatto sul debito​. Ora, senza via libera Ue, l’Italia dovrà decidere autonomamente le politiche di bilancio per la difesa, calibrando i propri stanziamenti nelle prossime leggi di bilancio.

E se l’accelerazione del piano da 150 miliardi di euro fosse riuscita, l’Italia, con il suo debito già fuori controllo, si sarebbe trovata davanti a una realtà economica tutt’altro che rosea. Il rischio di ulteriori indebitamenti pubblici per finanziare la difesa sarebbe stato una scelta tutto fuorché oculata, se non addirittura sconsiderata.