Retribuzioni contrattuali: aggiornamento ISTAT sui salari

Le retribuzioni contrattuali a marzo segnano un aumento rispetto al mese e all’anno precedente, soprattutto nell'industria, recuperando potere d'acquisto.

Mag 2, 2025 - 12:11
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Retribuzioni contrattuali: aggiornamento ISTAT sui salari

Nel primo trimestre del 2025 gli stipendi, intesi come salari tabellari, sono cresciuti nel settore privato e, in misura minore, nel comparto pubblico. Tuttavia, quelle reali di marzo risultano ancora inferiori dell’8% circa rispetto a quelle di gennaio 2021, anche se il dato tendenziale è meno negativo.

Lo sottolinea l’ISTAT, mettendo in evidenza come l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2025 segni un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente, mentre l’incremento rispetto a marzo 2024 è stato del 4%. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2025 è invece cresciuta del 3,9% rispetto al medesimo periodo del 2024.

L’aumento è stato del 4,9% per i dipendenti attivi nell’industria, mentre per il ramo dei servizi privati la percentuale scende fino al 4,3% e fino all’1,7% per i lavoratori della PA.

Per quanto riguarda i settori, a mostrare aumenti più sostenuti sono stati il comparto alimentare (+7,8%), il settore metalmeccanico (+6,3%) e il commercio (+6,1%). Nessuna variazione, invece, per i salari dei dipendenti delle farmacie private, per il comparto telecomunicazioni, per Regioni e autonomie locali e Servizio Sanitario Nazionale.

L’ISTAT fa il punto anche sulla situazione dei 40 CCNL in vigore per la parte economica, con il coinvolgimento del 52,7% dei dipendenti.

In termini reali si osserva un ulteriore recupero rispetto alla perdita di potere d’acquisto che si è verificata nel biennio 2022-2023 che tuttavia rimane ancora ampia: per il totale economia, le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono ancora inferiori di circa l’otto per cento rispetto a quelle di gennaio 2021.

Il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, in un anno si è ridotto di sei mesi, scendendo da 29 a 23,1 mesi, ma per il totale dei dipendenti è aumentato da 10,1 a 10,9 mesi.