Referendum 8-9 giugno: cosa dice il quesito su licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti
lentepubblica.it Tra qualche settimana, l’8 e il 9 giugno, i cittadini italiani verranno chiamati alle urne per esprimersi su 5 referendum, aventi a oggetto tematiche negli ambiti del lavoro e della cittadinanza: il primo quesito riguarda licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti. L’analisi di Fabio Ascenzi sul tema, sulle ragioni del sì e su quelle […] The post Referendum 8-9 giugno: cosa dice il quesito su licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti appeared first on lentepubblica.it.

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Tra qualche settimana, l’8 e il 9 giugno, i cittadini italiani verranno chiamati alle urne per esprimersi su 5 referendum, aventi a oggetto tematiche negli ambiti del lavoro e della cittadinanza: il primo quesito riguarda licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti. L’analisi di Fabio Ascenzi sul tema, sulle ragioni del sì e su quelle del no.
L’apertura dei seggi è fissata per domenica 8 giugno (dalle ore 7 alle 23) e lunedì 9 (dalle ore 7 alle 15), in concomitanza con il turno di ballottaggio delle elezioni amministrative già previste per la prossima primavera.
I referendum ai sensi dell’art. 75 Cost. sono abrogativi, pertanto con essi si chiede di cancellare le norme sottoposte alla consultazione, ripristinando quelle precedenti.
L’elettore potrà esprimere il proprio voto tracciando un segno sul SÌ o sul NO, accanto al quesito riportato sulla scheda.
Affinché la consultazione sia valida è necessaria la partecipazione di almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
In questa scheda verrà illustrato il primo quesito, inerente ai Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti; poi, in altre successive, quelli aventi ad oggetto Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese, Contratti a termine, Responsabilità solidale negli appalti e Cittadinanza italiana per stranieri.
Referendum 8-9 giugno, quesito n. 1: «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione».
Sulla scheda di colore verde chiaro si propone l’abrogazione del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che disciplina il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto dal cosiddetto Jobs Act.
Le modifiche riguarderebbero solo le aziende con oltre 15 dipendenti e in particolare gli assunti a partire dal 7 marzo 2015.
Con la vittoria dei SÌ verrebbe ripristinata la possibilità di reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa, come era previsto dall’art 18 dello Statuto dei lavoratori (così come modificato dalla riforma Fornero nel 2012), superando le attuali norme che prevedono solo un indennizzo economico tra le 6 e le 36 mensilità di stipendio.
Ad oggi, infatti, il reintegro nel posto di lavoro è riconosciuto unicamente nei casi di licenziamento discriminatorio (in rapporto al sesso, razza, credo politico, religione e tutte le altre fattispecie previste anche dalla Costituzione), di licenziamento nullo perché disposto dal datore di lavoro in violazione di norme specifiche (ad esempio, durante l’anno successivo al matrimonio, o fino all’anno del bambino, ecc.) o per il licenziamento orale.
Le ragioni del SÌ
Secondo i promotori dell’abrogazione, il Jobs Act ha determinato un’ingiusta differenziazione nella tutela dei diritti dei lavoratori. Per quanti assunti dopo marzo 2015, infatti, risulterebbe praticamente impossibile ottenere la reintegra nel posto di lavoro, pur in presenza di un licenziamento illegittimo.
Inoltre, anche la tutela risarcitoria prevista è molto inferiore rispetto alle possibilità che venivano date con il precedente articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Con l’abrogazione della legge, tutti i lavoratori avrebbero nuovamente diritto alle tutele previste dall’art. 18 che, seppur ritoccato dalla riforma Fornero, continua comunque a prevedere come regola tendenziale la reintegrazione, a differenza del d.lgs. n. 23/2015 che si limita a monetizzare con il risarcimento la maggior parte dei casi di licenziamento illegittimo.
Le ragioni del NO
In generale si afferma che tematiche molto tecniche come quella proposta dal quesito sono difficilmente affrontabili attraverso lo strumento del referendum abrogativo, dovendo semmai essere risolte per via legislativa.
Inoltre, secondo i sostenitori del NO la norma attualmente vigente, modificata rispetto a quella originaria anche per gli interventi del legislatore o della Corte costituzionale, già prevede un congruo risarcimento del danno per il licenziamento ingiustificato, tanto da consentire un indennizzo fino a 36 mensilità, superiore al precedente limite dei 24 mesi.
Infine, si asserisce che in alcuni casi il contratto a tutele crescenti sarebbe addirittura più favorevole dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, una norma residuale che riguarderebbe solo il 20% dei dipendenti e tra l’altro già limitata dalla riforma Fornero del 2012.
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